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Giovedì, 15 Luglio, 2010 - 12:10

Gli arresti di Milano e l'indifferenza della Moratti

Sul sito di Nuova società (il settimanale che esce tutti i giorni) diretto da Diego Novelli è possibile leggere l'intervista di Davide Pelanda a Basilio Rizzo dal titolo "Gli arresti di Milano e l'indifferenza della Moratti".
Per comodità riporto sia il link che l'articolo.
http://www.nuovasocieta.it/interviste/6762-gli-arresti-di-milano-e-lindifferenza-della-moratti.html

Cordiali saluti a tutte/i
Antonella Fachin
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NuovaSocietà

Diretto da Diego Novelli
Thursday, Jul 15th
 
Gli arresti di Milano e l'indifferenza della Moratti
Mercoledì 14 Luglio 2010 14:55
di Davide Pelanda
 
Mentre arrestavano le 300 persone appartenenti alle cosche della 'ndrangheta a Milano, il caso ha voluto che si tenesse una seduta fiume dell'assise comunale. Proprio mentre uscivano queste prime notizie sui giornali, abbiamo sentito dalla viva voce di Basilio Rizzo, consigliere di minoranza del gruppo "Uniti Con Dario Fo", come è stata vissuta in quelle mura la vicenda.
Rizzo, voi che eravate in una seduta del Consiglio comunale mentre venivano catturati parecchi esponenti della criminalità organizzata calabrese a Milano ed in Lombardia, che reazione c'è stata da parte della maggioranza e del sindaco?
«Debbo dire che c'è stata una sorprendente disattenzione, almeno formale, nei confronti di questo avvenimento. Nei colloqui privati, invece, si percepiva una certa preoccupazione, soprattutto nei molti rappresentanti del Popolo delle Libertà: l'autorevolezza dei magistrati protagonisti delle indagini non lasciano molti margini di dubbio sulla situazione»
E il sindaco Moratti cosa ha detto?
«Il sindaco non è assolutamente intervenuto sulla questione, non è venuto nemmeno a votare la fase definitiva del Piano di Governo del territorio. Si è solamente seduta per qualche attimo al suo posto nel primo pomeriggio, poi è andata via e non l'abbiamo più rivista»
Ma era tesa, sembrava agitata?
«Imperturbabile. Disattenta, se vogliamo dire»
Il fatto però che il prefetto qualche tempo fa avesse detto che a Milano e in Lombardia il problema mafia non esisteva, adesso come la mettiamo?
«Penso che si debba ricredere molto. Il fatto che l'inchiesta la si sta costruendo da almeno un paio d'anni, vuol dire che c'è stata una sottovalutazione da parte di chi doveva controllare su queste infiltrazioni. Già due anni fa il nostro Gruppo organizzò un dibattito in ricordo di Peppino Impastato, nel quale denunciammo le connivenze, i pericoli e le condizioni materiali attraverso le quali si poteva sviluppare il fenomeno mafioso, in particolare della 'ndrangheta. Quello scoppiato oggi è per noi è una conferma dei dubbi e sospetti che avevamo. E' chiaro gli strumenti di indagine della magistratura sono superiori ai nostri: ma chiunque sia attento a queste tematiche sapeva dell'esistenza del fenomeno»
Ma allora ha ancora senso secondo lei fare questo EXPO 2015 a Milano? A cosa serve? Qualcuno dice addirittura di spostarlo e di lasciar perdere.
«L'EXPO non è una grande risorsa per il Comune di Milano. E la 'ndrangheta nella sua brutalità ha capito perfettamente ciò che è: vale a dire una torta sostanziosa di denari pubblici da distribuire in appalti. Ha colto l'essenza!
L'EXPO era stata all'origine presentata come una imbellettata di una grande proposta politica di rappresentanza e sviluppo della città su di un tema importante. In realtà essa è stata ridotta alla sua realtà profonda: e cioè c'erano, ci sono e ci saranno tanti denari pubblici concentrati nella nostra città!
Attorno a questo banchetto che si voleva imbastire, c'erano molti che volevano sedersi, i politici in prima persona! Tant'è che la vicenda della società EXPO è stata una corsa alla conquista di poltrone di controllo e dei finanziamenti in arrivo.
L'efficace traduzione dell'inchiesta della magistratura è il tentativo, da parte della criminalità organizzata, di mettere le mani sulle possibili ricadute economiche dell'EXPO. Un fatto drammatico!
La mia obiezione all'EXPO rimanda al modo di costruire questo evento: si è dimostrato di non essere impermeabile a queste penetrazioni in quanto rionducibile ad una grande spesa di denaro pubblico e non a una impresa di valore ideale, culturale e sociale come avrebbe dovuto in origine essere».
Ricordiamo che la scelta di Milano per fare l'EXPO 2015 deriva dal Governo Prodi e dal centrosinistra.
«Prodi non poteva far nulla che sostenerla. Credo che Prodi abbia fatto una scelta obbligata e leale. Non poteva dire di no perché altrimenti si diceva che era per invidia politica. A suo tempo dissi – e credo che i fatti riconfermino le mie parole – che il fatto di pensare che le poche risorse a disposizione dello Stato e i sacrifici di tutto il Paese venissero concentrati nella zona più ricca del Paese stesso non era una cosa facile da spiegare alla popolazione. A maggior ragione non lo è oggi.
Credo che qualche riflessione bisogna farla anche su che cos'è questo Comitato dell'EXPO: è un gruppo di notabili che vivono di questo, che hanno in mano l'assegnazione dell'evento, funziona come il Comitato Olimpico, cioè vive se l'evento si fa, altrimenti non esiste più, lo si scioglie».
Ma personaggi come, ad esempio, Lucio Stanca che se n'è andato dalla poltrona di comando dell'EXPO 2015 di Milano, che cosa hanno combinato in questo periodo di permanenza?
«Hanno speso molti soldi di ordinaria amministrazione e basta. Credo che quello che è stato lasciato, e che ci farà fare brutta figura per il mondo, siano le grandi promesse che abbiamo sparso per il mondo e che non siamo in grado più di onorare. Tutti questi nodi verranno prima o poi al pettine. Facciamo iniziative palesemente clientelari! A Milano, ad esempio, abbiamo costruito la "Casa della Colombia" che non so a che cosa serva. Sì, certo, in questo momento abbiamo molti studenti – ed è una esperienza positiva – venuti per fare vari stage a spese del Comune. Ed io immagino che siano i figli delle caste di quei Paesi che ci chiedono questo in cambio dell'EXPO. Addirittura ci si vergogna di dire "abbiamo dato il voto a Milano in cambio di... " ».
Che cosa ritorna, in questa situazione odierna, della "Milano da bere" di epoca craxiana, della tangentopoli di quella stagione?
«Beh, il ritorno dei faccendieri che si sono nascosti ma che hanno continuato ad esistere! E poi una sorta di atteggiamento di impudenza e la pretesa di essere intoccabili. Così si è andati avanti nella convinzione che basta magari accusare la magistratura, denigrarla e fargli perdere per così dire prestigio per risolvere i problemi e buttarla in politica. Il tutto supportato dalla classica frase "questo è un attacco della magistratura politicizzata".
In realtà, invece, è il rifiuto di qualsiasi strumento di controllo, si vuole una politica sciolta da qualsiasi vincolo di legge, vale a dire la pretesa di poter fare tutto ciò che si vuole. E' questo il tratto caratteristico! Io dico che è avvenuta una mutazione che chiamo per così dire genetica: oramai non si pagano più le tangenti in denaro ma si pagano in consulenze, in incarichi e lavori. L'evoluzione darwiniana ha portato al fatto che tu assumi i tuoi fiduciari a spese della collettività, gli dai le consulenze e così recuperi il denaro pubblico portandolo poi alla tua corte»
Chi è che, secondo lei, ha fronteggiato e vuole fronteggiare ancora in maniera critica, oltre alla magistratura, questa situazione di malaffare e di corruzione della politica milanese? Forse il cardinal Dionigi Tettamanzi e tutta la Chiesa ambrosiana che più volte è intervenuto criticando la politica di accoglienza e di sviluppo della città di Milano? Oppure c'è rimasta solo la speranza e fiducia nella magistratura?
«Tettamanzi ha questo straordinario valore di richiamare ai valori della solidarietà, di pensare agli ultimi e non ai primi. Il suo Magistero ha sempre posto l'accento sul fatto che la politica debba rispondere a criteri di correttezza.
Credo però che la chiave di volta sia l'indignazione come fu nel 1992, una ribellione della società: vedo però che la sua crescita viene scientificamente contrastata con operazioni contro la magistratura per seminare discredito nei confronti di chi potrebbe essere l'elemento di catalizzazione dell'indignazione dei cittadini.
Se il potere è malato, "in cascata" anche una parte della società è infetta. Allora si cerca di far leva su di un fronte dei nemici dei controlli, dei nemici della magistratura, perché se intercettano me intercettano anche te... Non è che si possa sperare di fermare i magistrati, ma si fanno barriere frangiflutti per cercare di reggere lo scontro»
Per quanto riguarda la vostra presenza in consiglio comunale a Milano, come minoranza avete vinto qualche battaglia, oppure vi sentite sconfitti e siete fiduciosi solo nella magistratura?
«Io ragiono così: la politica deve sempre sperare di arrivare prima della magistratura. C'è una separazione profonda perché ci sono degli atti che la magistratura non può perseguire ma che sono, come dire, meritevoli di discredito sociale. Se io, ad esempio, assumo dei miei amici negli incarichi pubblici, forse i magistrati non riescono a dimostrare che è un reato, però sono meritevole di sanzione ideale. In tal senso noi abbiamo sempre agito. E dei risultati li abbiamo ottenuti come il fatto che la Corte dei Conti abbia condannato il sindaco per certe cose.
Per esempio Formigoni, presidente della Regione Lombardia, che controlla l'Ente Fiera di Milano, ha pensato di comprare i terreni con i soldi pubblici della Regione, nell'ordine di qualche centinaio di milioni di euro. In questa maniera finanzia e porta soldi della collettività nel suo "feudo" privato. In questo siamo riusciti a far schierare la Regione e la Provincia in mano al Popolo delle Libertà che non vogliono comperare quelle aree, ma farsele solo imprestare per l'EXPO»

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