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Giovedì, 4 Maggio, 2006 - 21:22

Parcheggi no , Parcheggi si - servono tutti ???

Recentemente alcuni Consiglieri Comunali di diverse appartenenze politiche hanno denunciato (formalizzando un'interrogazione) che a Milano da decenni esistono circa 1000 tra posti auto e box destinati a residenti o a rotazione ad oggi mai entrati in funzione per futili inadempienze burocratiche !

E allora perchè il Comune si accanisce nel volerne costruire ancora migliaia anche in luoghi dove il buonsenso, le proteste dei cittadini e il lavoro svolto dalle Soprintendenze suggerirebbero di ripiegare su altre soluzioni (Es.: Darsena e S. Ambrogio) ???

E voi cosa ne pensate ???

Giovedì, 4 Maggio, 2006 - 21:20

Lo Zelig per Ferrante a Quarto Oggiaro

Pienone per la serata della serie "Zelig per Ferrante" con Luca Koblas al Cicolo Meazza di via Lessona.
Poca politica, grandissimo divertimento

Giovedì, 4 Maggio, 2006 - 20:21

Bobby Sands, martire laico

E' difficile definire "martire laico" Bobby Sands, l'indipendentista di Belfast che si lasciò morire 25 anni fa (il 5 maggio 1981) in carcere, dove scontava una condanna per "terrorismo" (venne rinvenuta un'arma da fuoco nell'auto in cui viaggiava), dopo 66 giorni di sciopero della fame.
E' difficile definirlo così perché in Sands era fortissimo il sentimento religioso cattolico, come si evince dagli scritti che ci ha lasciato (era giornalista e poeta).

Ma Sands è essenzialmente un martire laico perché il suo impeto non era simile al terrorismo contemporaneo italiano (quello delle Brigate Rosse, infarcito di parole d'ordine violente e velleitarie) né a quello che conosciamo oggi (infarcito, anch'esso, di ideologie di guerra). L'impeto di Sands e dei suoi amici era pacifico. Era un anelito di libertà nell'Irlanda del Nord, un anelito di riscoperta della Patria e soprattutto di giustizia.

Sands e gli altri detenuti infatti chiedevano lo status di prigionieri politici: non solo questo status veniva loro negato, ma sia all'interno del carcere sia, fuori, per mano della ora disciolta Royal Ulster Constabulary, i cattolici nazionalisti delle "Sei Contee" subivano angherie di ogni tipo, che un governo democratico-liberale considererebbe normalmente degno di Paesi autoritari o totalitari.

Il fatto eclatante è che, in seguito alla morte di Sands, si spianò la strada al successo interno e internazionale dei nazionalisti: il partito più vicino alla protesta, il Sinn Fein, gradualmente conquistò maggior consenso fino a diventare, oggi, il sesto partito del Regno Unito e il secondo in Irlanda del Nord; e in tutto il mondo (Vaticano compreso) vi furono manifestazioni di simpatia per la causa di questi ventenni ancora in grado, sul finire del XX secolo, di compiere gesti per la libertà e la democrazia.

E' chiaro che i metodi violenti non vanno mai accettati; sarebbe auspicabile che qualunque piattaforma programmatica resti sempre nell'alveo delle regole democratiche, soprattutto dove esse esistono. Ma non era esattamente così in Irlanda del Nord, se la R.U.C. oggi è disciolta dopo documentate accuse di collaborazione con le forze paramilitari protestanti e se il protestante nord-irlandese David Trimple, premio Nobel per la pace, ha ammesso che gli anni '70 sono stati "difficili" per i suoi connazionali cattolici.

Il ricordo di Bobby Sands a 25 anni dalla morte è quindi doveroso; è il ricordo di un ragazzo che, per affermare la sua dignità di uomo, di cattolico e di irlandese, ha subìto un processo sommario e condizioni carcerarie durissime: e che ha voluto portare fino al punto estremo la propria coerenza ideale.

Giovedì, 4 Maggio, 2006 - 19:35

Rispetto alla figura del politico Umanista

                            I fronti d’Azione nel processo Rivoluzionario
Vorrei soffermarmi ora su alcune considerazioni pratiche riguardanti la creazione delle condizioni necessarie a garantire l’unità, l’organizzazione e la crescita di un’adeguata forza sociale che consenta di muoversi nella direzione di un processo rivoluzionario.
La vecchia tesi frontista secondo cui le forze progressiste devono unirsi sulla base di un accordo su un numero minimo di punti oggi dà luogo alla pratica del “collage” tra dissidenze prive di radicamento sociale. Ne risulta un accumularsi di contraddizioni tra i vertici che mirano al protagonismo sui giornali ed alla promozione elettorale. Al tempo in cui un partito dotato di risorse economiche adeguate poteva egemonizzare una situazione di frammentazione, la proposta di un “fronte” elettorale era plausibile. Oggi la situazione è cambiata radicalmente ma, nonostante ciò,  la sinistra tradizionale continua ad utilizzare procedimenti di quel tipo come se nulla fosse accaduto. E’ necessario riconsiderare la funzione del partito in questo momento storico e domandarsi se sono i partiti politici le strutture capaci di mettere in moto la Rivoluzione. Perché se il sistema ha finito per metabolizzare i partiti trasformandoli nella “buccia” di un’attività politica che è in realtà controllata dai grandi capitali e dalla banca, un partito sovrastrutturale, privo di base umana, potrà anche avvicinarsi al potere formale (ma non al potere reale) senza per questo produrre la benché minima variazione di fondo. L’azione politica esige, per ora, la creazione di un partito che consegua rappresentatività elettorale a diversi livelli. Ma deve risultare chiaro sin dal principio che tale rappresentatività ha lo scopo di portare il conflitto in seno al potere stabilito. In questo contesto un membro del partito che sia stato eletto a rappresentante del popolo non è un funzionario pubblico ma un referente che mette in evidenza le contraddizioni del sistema ed organizza la lotta nella prospettiva della rivoluzione. In altre parole, il lavoro politico istituzionale o partitico è inteso qui come l’espressione di un vasto fenomeno sociale che possiede una dinamica propria. Pertanto anche nel periodo elettorale, in cui l’attività del partito raggiunge il suo picco massimo, i diversi fronti d’azione che servono occasionalmente da base al partito stesso, utilizzano la campagna elettorale per evidenziare i conflitti e per ampliare la propria struttura organizzativa. Qui appaiono differenze molto profonde con la concezione tradizionale del partito. In effetti fino a qualche decennio fa si pensava che il partito fosse l’avanguardia di lotta che organizzava i diversi fronti d’azione. Qui si propone l’idea opposta. Sono i fronti d’azione  che organizzano e sviluppano la base di un movimento sociale mentre il partito è  l’espressione istituzionale di tale movimento. Da parte sua il partito deve creare le condizioni che favoriscano l’inserimento di altre forze politiche progressiste, poiché non può pretendere che tali forze, includendosi nel suo seno, perdano la propria identità. Il partito deve andare al di là della propria identità formando con altre forze un “fronte” più ampio che riunisca tutti i fattori progressisti frammentati. Ma non si andrà oltre l’accordo di vertice se il partito non potrà contare su una base reale che dia orientamento ad un tale processo. D’altra parte, questa proposta non è reversibile, nel senso che il partito non può far parte di un fronte organizzato da altre sovrastrutture. Si creerà un fronte politico insieme ad altre forze se queste accetteranno le condizioni poste dal partito, la cui forza reale è data dall’organizzazione di base. Passiamo dunque ad esaminare i diversi fronti d’azione.
Debbono esistere differenti fronti d’azione e questi debbono svolgere la loro attività nella base amministrativa di un paese avendo come obiettivo il Comune o municipio. Nell’area scelta bisogna sviluppare fronti d’azione nell’ambito lavorativo e in quello di residenza, impegnandosi ad agire sui conflitti reali adeguatamente ordinati secondo una scala di  priorità. Questo significa che la lotta per una rivendicazione specifica non ha senso se non si trasforma in crescita organizzativa ed in un posizionamento in funzione dei successivi passi di lotta. È chiaro che ogni conflitto dovrà essere spiegato in termini tali che lo mettano direttamente in relazione  con il livello di vita, la salute e l’istruzione della popolazione (coerentemente con questo, i lavoratori della sanità e dell’istruzione dovranno prima diventare dei simpatizzanti e quindi dei quadri che si dedicheranno direttamente all’organizzazione della base sociale).
Se prendiamo in esame le organizzazioni sindacali, ci si presenterà lo stesso fenomeno osservato nei partiti del sistema; pertanto  non sembra il caso di proporsi il controllo del sindacato; bisogna proporsi piuttosto l’aggregazione dei lavoratori che, in questo modo, finiranno per togliere ai vertici tradizionali il controllo del sindacato. Si deve favorire qualunque sistema di elezione diretta, qualunque riunione plenaria o qualunque assemblea che coinvolga la dirigenza ed esiga da essa  una presa di posizione sui conflitti concreti,  obbligandola a rispondere alle richieste della base o ad essere altrimenti scavalcata. E’ chiaro che i fronti d’azione in campo sindacale devono disegnare la propria tattica avendo come obiettivo la crescita dell’organizzazione della base sociale.
Infine riveste estrema importanza la creazione di istituzioni sociali e culturali che operino nella base sociale, perché esse permettono di aggregare, nel contesto del rispetto dei diritti umani, collettività discriminate o perseguitate e di dar loro una direzione comune nonostante le reciproche differenze. Costituisce un grave errore di valutazione la tesi secondo cui ogni etnia, collettività o gruppo umano discriminato debba farsi forte in se stesso per contrastare i soprusi. Questa posizione parte dall’idea che il “mescolarsi” con elementi estranei faccia perdere identità a tali gruppi, quando  in realtà è il loro isolamento a indebolirli e a facilitare il loro sradicamento, oppure a spingerli verso posizioni estremiste che i loro persecutori utilizzano per giustificare le loro aggressioni.
La migliore garanzia di sopravvivenza per una minoranza discriminata sta nel far parte di un fronte comune con altri soggetti che diano alle sue rivendicazioni e alla sua lotta una direzione rivoluzionaria. In ultima analisi è il sistema considerato globalmente ad aver creato le condizioni per la discriminazione, condizioni che non scompariranno fino a quando questo ordine sociale non verrà trasformato.
(dal III capitolo della 7° Lettera ai miei amici – Silo 07/08/1993)
Parlando in termini spaziali, l’unità minima d’azione è il vicinato, che è il luogo in cui qualsiasi conflitto viene percepito, e questo  anche quando le radici del conflitto si trovino in luoghi molto lontani. Un centro di comunicazione diretta è un punto del vicinato nel quale si deve discutere qualunque problema economico e sociale, qualunque problema relativo alla sanità, all’istruzione e alla qualità della vita. Da un punto di vista politico, ci si deve preoccupare di dare al vicinato priorità rispetto al comune, alla provincia, alla regione autonoma o al paese. In realtà, molto prima che si formassero i paesi esistevano le persone, riunite in gruppi che, radicandosi in un luogo, hanno dato origine al vicinato. A queste persone, in seguito, sono stati sottratti autonomia e potere a misura che si sono create le sovrastrutture amministrative. Dagli abitanti, dai vicini, deriva la legittimità di un dato ordine sociale e da essi deve sorgere la rappresentatività in una democrazia reale. Il comune deve stare nelle mani delle unità di vicinato; da questo deriva che non ci si può proporre come obiettivo politico l’elezione di deputati e rappresentanti a diversi livelli, come succede nella politica verticista: tale elezione deve essere invece conseguenza del lavoro della base sociale organizzata. Il concetto di “unità di vicinato” vale sia per una popolazione diffusa sul territorio sia per una popolazione concentrata in quartieri di case unifamiliari o di palazzi. Il coordinamento delle varie unità di vicinato deve decidere la situazione di un dato comune, non può essere al contrario: tale comune non può dipendere, per le sue decisioni, da una sovrastruttura che gli invia ordini. Quando le unità di vicinato metteranno in atto un piano umanista municipale e quando un municipio o comune darà vita alla propria democrazia reale, l’“effetto dimostrativo” si farà sentire molto al di là dei limiti di quella roccaforte umanista. Non si tratta di proporre una politica gradualista che guadagni terreno a poco a poco  fino ad arrivare in tutti gli angoli di un paese ma di mostrare nella pratica che in un determinato luogo sta funzionando un nuovo sistema…
(Dal capitolo 3 della 10° Lettera ai miei amici – Silo 07/08/1993)
Giovedì, 4 Maggio, 2006 - 17:28

Decadimento importante prenderne atto

Esprimo solidarietà ai vigili per l’aggressione subita. Una violenza subita, per chiuque, ha consegunze, nel bagaglio delle proprie esperienze, negative rilevati e devastanti per il fisico e il lato psicologico.
I giudici valuteranno, sicuramente, nel modo giusto il fatto ma credo che non finisca qui, sono convinto che ci voglia una reiducazione ai valori civili a queste persone che hanno bisogno di un sostegno educativo, dal singolo individuo all'interno della famiglia.
Il degrado porta a non vedere il futuro roseo, credo che il decadimento e non chi lo subisce vivendolo, vada lottato in modo forte e concreto.

Giovedì, 4 Maggio, 2006 - 17:02

Candidatura di Luca A. Baroldi Torelli

           
 
 
 
 
 
 
 

Consiglio Comunale di Milano                                                                             
 
Elezioni Comunali 28-29 Maggio 2006
 
 
 
 
           
                                                                 
                                                                                         La SANITA’ in CITTA’
 
Gentile Signora, Gentile Signore,
 
dopo tanti anni di esercizio della professione nel Settore della Sanità, mi è stata offerta da Bruno Ferrante, Candidato Sindaco alle Elezioni Comunali di Milano, che si svolgeranno il 28-Maggio-2006, la opportunità di mettere al servizio della Comunità la mia esperienza, candidandomi per il Consiglio Comunale nella “Lista Ferrante”.
 
Ho raccolto questa stimolante sfida con grande entusiasmo che è dettato esclusivamente dal desiderio e dalla volontà di sviluppare un Progetto per la Salute per la Città di Milano.
 
La Salute, a mio parere, è un bene e un valore universale e trasversale che appartiene a tutti e che le Istituzioni di qualsiasi livello, quindi anche le Amministrazioni Comunali, hanno il diritto-dovere di tutelare, rendendosi co-attori anche nei Progetti di Ricerca Biomedica.
Milano, per di più, ha una grande tradizione sia nel campo dell’ Assistenza Sociale e Medica che in quella della Ricerca, oltre che in quella del Volontariato, che a Milano ha una forte e radicata presenza: dobbiamo valorizzare queste tradizioni e farle collaborare per assicurare ai cittadini servizi sempre più efficienti.
 
A questo scopo ho proposto di allargare le competenze  dell’ “Assessorato ai Servizi Sociali” anche alla Sanità.
 
Le allego un breve Documento nel quale illustro il Programma che il nuovo Assessorato dovrebbe perseguire.
 
Se riterrà la proposta ed il Progetto validi e meritevoli, Le chiedo di consentirmi di mettere a disposizione la mia professionalità ed il mio impegno affinché essi vengano realizzati e sviluppati.
Lo potrà fare informando amici e parenti di questo Progetto e concedendomi la Sua fiducia al Consiglio Comunale.
Sono a disposizione per qualsiasi approfondimento Lei dovesse ritenere utile
La ringrazio per la Sua attenzione

Luca A. Baroldi Torelli

                                                                                    Candidato al Consiglio Comunale
               Lista Ferrante
                                                                                                 Mail: luca.baroldi@fastwebnet.it      

Giovedì, 4 Maggio, 2006 - 15:20

Progetto Fiera

A proposito del progetto del centro-destra per la fiera, al questo momento bloccato, segnalo un sito realizzato dall'associazione di cittadini "Vivi e progetta una altra Milano", www.quartierefiera.org, dove è possibile trovare informazioni di un progetto più vivibile e molto simile a quello che mi auspico per la possibile amministrazione del centro-sinistra.

A presto...

Vota in Zona 8 Francesco Federighi, al Comune vota Ulivo e sostieni Bruno Ferrante Sindaco di Milano.

Giovedì, 4 Maggio, 2006 - 12:16

Per raggiungermi e parlare con me

Ho già parecchie possibilità per dialogare con i cittadini.
Senza qundi nulla togliere a questo blog, dò appuntamento a chiunque volesse contattarmi sui seguenti siti internet:

1) Sito istituzionale dei Liberali per l'Italia: www.liberaliperlitalia.it
2) Blog dei Liberali per l'Italia: http://blog.liberaliperlitalia.it/
3) Il Mio blog personale, intitolato alla Maggioranza Silenziosa che voglio rappresentare: http://caputi.blogspot.com/

Ci vediamo lì, quindi, e ciao a tutti

Giovedì, 4 Maggio, 2006 - 12:04

Con i liberali tutta un'altra città

Con noi, Milano torna ad avere una lista autenticamente e solo liberale.
Dopo tanto tempo Milano avrà un candidato sindaco liberale, indipendente dai poli usciti sconfitti alle elezioni e che tutto fanno fuorché pensare al bene del nostro Paese.
E' un' occasione storica per tutti i liberali italiani. E' il frutto delle idee e del nostro metodo politico che mettiamo a fattor comune con tutti i liberali della diaspora. Da oggi si aprono tutti i tavoli per incontrare la gente comune e i cittadini milanesi che vogliano rimboccarsi le maniche per fare di Milano tutta un'altra città.

Abbiamo l'orgoglio di presentare, come candidato sindaco, Gabriele Pagliuzzi, un uomo fuori dalle lobbies e dalle consorterie che ingessano da anni la nostra città e le impediscono di crescere, migliorarsi e ritrovare una sua identità.

Il nostro programma guarda alla concretezza dei bisogni dei cittadini come dei city users, senza cadere nel puro assistenzialismo e con un occhio alla progettualità a lungo termine, perché Milano cresca senza disordini né ambientali né viabilistici né sociali.

Giovedì, 4 Maggio, 2006 - 10:48

Gli immigrati e Milano

Lo scorso 9 aprile, avevo riportato la bozza di un documento Città per tutti, inizialmente proposto da Naga, Arci, Sincobas e successivamente emendato e rielaborato dalla miriade di associazioni di volontariato e dalle comunità di immigrati di Milano.

Al termine di questo percorso, il documento sarà presentato ufficialmente mercoledì 10 maggio alla Casa della Cultura al candidato sindaco Ferrante.Qui gli altri riferimenti (nota bene, causa un fraintendimento risulta ancora firmato dalla Comunità Rom di via Idro, che in realtà non è stata consultata, per cui l'adesione verrà tolta dal documento finale)

Ricevo ora un contributo di Maurizio Pagani, Vicepresidente Opera Nomadi Milano, che ha seguito l'evolversi della discussione durante l'ultimo mese, e quindi può fornire indicazioni utili:

Non so se Milano sia una città più di “destra� o di “sinistra� per censo o vocazione elettoralistica, ma di sicuro di questi tempi non è un fatto trascurabile. Sta di fatto che la più parte “di sinistra e progressista, meglio se un po’ smoderata o radicale� dell’associazionismo, quella a cui sono più affezionato, impegnata sul fronte dei diritti, casa, nuove povertà e migranti, sembra essere fin troppo prudente o razionale.
Di sicuro ha avuto un merito importante, quello cioè di invitare il candidato alla poltrona di Palazzo Marino, Bruno Ferrante, alla discussione di un documento dal titolo “una città per tutti�, con chiaro riferimento a chi ne è ordinariamente “escluso�.
Ma è stata presa da una grave amnesia: la “questione Rom�.
E non è un problema di poco conto, anche se tenuto generosamente “dentro� al documento ma sempre come tema “trasversale� ai contenuti più generali.
E come non parlarne altrimenti, vista l’enfasi che normalmente gliene viene attribuita sugli organi di stampa o nelle raccomandazioni della Comunità Europea che circolano abbondanti nella rete?
Non vorrei sembrare ingeneroso con chi ha sottoscritto il documento, non da me per i motivi che vi ho sopra citato, ma avrei trovato giusto e doveroso indicare questo tema tra le priorità che attendono chi dovrebbe guidare la città con un senso etico e programmatico profondamente diverso dai precedenti sindaci.

Avendo seguito anch'io parte del lavoro preparatorio, ed avendo aderito al documento finale (a titolo personale), fornisco una mia risposta (sempre personale e che in ogni caso non coinvolge il comitato promotore):

Capisco la tua preoccupazione, ma il documento che verrà presentato il giorno 10 è già un lungo elenco di legittime richieste, e si rischia di ottenere l'effetto "lista della spesa" aggiungendo voci ulteriori. Un lungo elenco, che sarebbe valido a Milano come a Palermo. Ma, quel che è peggio, il rischio è di ottenere dal candidato sindaco un assenso di facciata, senza che questo si tramuti in un impegno fattivo.
Ritengo quel documento importante per quanto riguarda il tema generale dei diritti, della cittadinanza, dell'uso degli spazi e delle risorse pubbliche da parte di tutti i cittadini, e che il ruolo importante delle organizzazioni dei Rom, è di appoggiare e spingere per quelle rivendicazioni, nell'interesse dei Rom stessi, nel loro doppio ruolo di persone emarginate dai processi politici e sociali e spesso di persone migranti.
Esiste, è innegabile, una specificità che distanzia le istanze della comunità Rom, autoctona o migrante, dalle richieste che possono portare gli altri nuclei. Per questo, già a novembre, avevo offerto la mia disponibilità a organizzare incontri con i candidati alle primarie cittadine. Purtroppo, tale disponibilità non ha trovato ascolto.
Occorre quindi ripartire dall'opportunità offerta da questo documento, prima che vada persa un'ulteriore occasione. Occorre anche, e io spero che le varie comunità presenti all'incontro si esprimano in questo senso, che si superi la logica "emergenziale" della questione Rom e stranieri, per illustrare il ruolo che già oggi le varie comunità e le loro associazioni hanno nella vita politica cittadina, nella gestione, nell'uso, nella valorizzazione degli spazi periferici, nel rilancio dell'occupazione e del
ruolo del decentramento.
Occorre infine, arrivare ad una sintesi tra le tante richieste, anche particolaristiche, e le richieste di spazi, di rappresentanza, di migliori possibilità economiche e sociali che arrivano da tanti cittadini, per non trovarsi tutti sconfitti ed isolati. Per farlo, ritengo che sia necessario uscire da una logica che vede la metropoli come un tutt'uno omogeneo, affrontando invece le specificità offerte dalle varie zone.

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