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.: Il Blog di Donatella Elvira Camatta
Venerdì, 27 Aprile, 2007 - 20:38

vergogna del caporalato e delle provocazioni razzi

Cassibile: riprende anche quest'anno la vergogna del caporalato e delle provocazioni razziste

Anche se in ritardo rispetto agli anni scorsi, sta iniziando nel siracusano la campagna per la raccolta delle patate da parte dei migranti stagionali.

L'anno scorso la stagione si era chiusa con l'impegno da parte delle istituzioni a prevenire il concentramento di migranti a Cassibile favorendo altri punti di raccolta a Lentini e Rosolini; invece quest'anno dopo mesi d'inutili chiacchere concertative la Prefettura di Siracusa ha fatto allestire una tendopoli alla Croce Rossa ( con una capienza massima di 120/130 posti letto e senza un ambulatorio funzionante) , grazie al contributo di 100.000 euro del ministero degli interni e 30.000 euro del ministero alla solidarietà sociale. Una scelta del genere ci sembra la peggiore possibile:

---i migranti in questa stagione arrivano a superare facilmente le 500 presenze (altri anni sono arrivati a 1.000)

---la distinzione fra migranti regolari ed irregolari favorisce la criminalizzazione di chi non ha il maledetto permesso di soggiorno, ma non può rinunziare al proprio di diritto a sopravvivere, anche in condizioni neoschiaviste di sfruttamento ed in condizioni abitative peggiori dell'anno scorso, quando Medici Senza Frontiere provvidero a costruire docce e latrine ed a fornire assistenza medica e legale

---le forze dell'ordine eseguono "brillanti" operazioni di polizia facendo retate fra i migranti alla caccia dei famigerati "irregolari" , emettendo decine di fogli d'espulsione e deportando nei Cpt, chi aveva già avuto l'espulsione

---quasi tutti i mezzi di comunicazione, soprattutto "La Sicilia", stanno contribuendo ad allarmare la popolazione cassibilese, già opportunamente aizzata dalle destre locali, sulla prossima "invasione" di migranti

---abbiamo già sentito alcune testimonianze riguardanti suppellettili bruciate e ronde di teppisti locali, che hanno lanciato bottiglie addosso ai migranti e qualcuno è stato anche bastonato;anche nel siracusano si ripete la vergogna della "caccia al nero" , come già avvenuto nei mesi scorsi a Rosarno(Rc)

---le organizzazioni sindacali, nonostante abbiano sottoscritto un protocollo d'intesa (molto impegnativo a parole) tra Prefettura, Provincia, Comune ed organizzazioni datoriali di categoria (Cia, Confagricoltura, Federcoltivatori e Coldiretti), proseguono la loro pluriennale latitanza nella difesa dei diritti dei lavoratori migranti, come se un migrante, solo perché "irregolare" (grazie alle attuali leggi razziste) non sia più detentore di diritti esigibili in quanto lavoratore.

---buona parte dei proprietari dei terreni, continuano, nonostante gli aumentati controlli , ed evitare l'assunzione ed il dovuto versamento dei contributi ai migranti, anche quelli "regolari", che avranno così notevoli difficoltà a rinnovare il permesso di soggiorno.

Giovedì 26 alle 20 a Cassibile si terrà un Consiglio di quartiere sul tema degli "extracomunitari irregolari", saremo presenti per impedire che continui la persecuzione delle vittime del caporalato e denunciare le responsabilità e le complicità di chi si arricchisce sul lavoro nero e dopo cavalca le ondate xenofobe contro i migranti.

Rete Antirazzista Siciliana

Venerdì, 27 Aprile, 2007 - 20:35

Minacce a Emergency che lascia L'Afganistan


COMUNICATO STAMPA   
Ulteriori minacce a Emergency che lascia l'Afganistan

Mercoledì 25 aprile funzionari di polizia afgani si sono presentati all'
ospedale di Emergency a Kabul intimando allo staff internazionale presente (tre
cittadini italiani, un belga e un cittadino elvetico) di «consegnare i
passaporti». La consegna è stata rifiutata.
Abbiamo chiesto e ottenuto la migliore collaborazione da parte dell'
Ambasciatore italiano a Kabul Ettore Sequi e della responsabile della Unità di
Crisi della Farnesina, Elisabetta Belloni.
Il personale di Emergency ha lasciato l'Afganistan sotto la responsabilità
dell'Ambasciata d' Italia, oggi giovedì 26 aprile.

Quest'ultimo grave episodio conferma come il governo afgano abbia perseguito
con ogni mezzo, nell'ultimo mese, l'obiettivo di espellere Emergency dall'
Afganistan: obiettivo ovviamente raggiungibile se i «servizi di sicurezza» di
un governo impiegano le loro forze, anche militarizzate, contro chi pratica la
non violenza.
Il signor Amrullah Saleh, capo dei servizi di sicurezza afgani, ha definito
Emergency una organizzazione «che sostiene i terroristi e addirittura i membri
di Al Queda in Afganistan». Per i poteri del signor Saleh, capo della polizia,
non si tratta di una diffamazione, ma di una minaccia: una chiara istigazione a
rendere la nostra associazione un obiettivo.
La detenzione, illegale e provocatoria dell'amministratore del personale dell'
ospedale di Emergency di Lashkar-gah, il signor Rahmatullah Hanefi, che ha
messo a repentaglio la propria vita per salvare quella di altri esseri umani,
rientra in questo disegno del governo afgano.

Dal 1999 Emergency ha fornito assistenza medica e chirurgica di alto livello e
gratuita a oltre 1.500.000 cittadini afgani nei Centri chirurgici di Anabah,
Kabul e Lashkar-gah e nel Centro di maternità e medicina in Panshir, nelle 25
cliniche e posti di primo soccorso e nelle 6 cliniche nelle prigioni afgane.

Gli interventi di Emergency hanno come unico scopo la risposta ai bisogni
della popolazione, in particolare della popolazione civile, in particolare di
quanti – la quasi totalità – non potrebbero ricevere nessuna assistenza che non
fosse gratuita.
Questo dice, ben al di là del rammarico, la drammaticità della situazione che
si determina con la sospensione dell'attività in Afganistan. L'impossibilità di
permanenza del personale internazionale rende questi ospedali non in grado di
offrire servizi qualitativamente adeguati alle necessità dei pazienti. Non
possiamo assumerci la responsabilità di ingannare feriti e malati con illusioni
che determinerebbero danni.

Tuttavia, vogliamo che tutti i cittadini afgani sappiano che il signor
Amrullah Saleh, che ha diffuso accuse infamanti e terroristiche contro
Emergency e il suo staff, costringendoli a lasciare il paese, e il signor Hamid
Karzai, che ha ispirato e sostenuto la sua azione, saranno le sole persone da
biasimare se molti bambini, madri e uomini afgani soffriranno e addirittura
moriranno a causa della chiusura delle strutture sanitarie di Emergency nel
paese, strutture tanto estremamente necessarie quanto, altrettanto, apprezzate.

Non possiamo tacere la nostra convinzione che il governo italiano abbia
volutamente trascurato i fatti che con ogni evidenza tendevano a questo esito.

La nostra associazione è impegnata a ricercare le condizioni di una ripresa
delle sue attività in Afganistan.

Milano, 27 aprile 2007

Paola Feo
per il gruppo Emergency di Torino
tel. 011.530091 - 3289071915

Venerdì, 20 Aprile, 2007 - 10:03

Solidarietà a Emergency

Piena solidarietà a Emergency. Il governo italiano intervenga

L'assassinio di Adjimal Nashkbandi, l'ostilità evidente del governo Karzai contro Emergency, la prigionia di Rahmatullah Hanefi, la decisione del governo afgano, in piena sintonia con i comandi Nato di non trattare più per la liberazione di ostaggi si inscrivono evidentemente in un quadro di guerra legittimato dall'Onu, ma non per questo meno cruento e inaccettabile.
Che in Afghanistan ci si stia per la guerra e non per la pace è del resto dimostrato dalla decisione italiana di inviare elicotteri Mangusta e nuove truppe, o da quella tedesca di inviare gli aerei Tornado. Nello stesso tempo si mette a repentaglio l'attività di un'organizzazione umanitaria come Emergency, la cui opera è evidente a tutti.
Oggi noi vogliamo ribadire la nostra ferma contrarietà a questa missione continuando a chiedere il ritiro delle truppe italiane come unica condizione possibile per cambiare prospettiva.
Fare finta di non sapere che la missione Isaf è nata per sostenere il governo di Karzai rappresenta una posizione indifendibile.
Pensiamo allo stesso tempo che il governo italiano debba fare di tutto per proteggere l'iniziativa di Emergency anche perché non si può utilizzare un'organizzazione quando fa comodo per poi scaricarla sotto le linee direttive dell'alleanza atlantica. E' anche una questione di dignità, umana prima che politica o nazionale.
Crediamo che il governo debba fare tutto il possibile, quello che ancora non sta facendo, per la liberazione di Rahmatullah Hanefi. Parole come quelle pronunciate dal responsabile della sicurezza del governo Karzai sono inaccettabili.
Anche noi riteniamo che non sarebbe pensabile un impegno di Emergency che non sia, come è stato dal 1999 a oggi, rivolto a offrire assistenza sanitaria a tutti coloro che ne hanno bisogno, solo in nome di questo bisogno, civili o combattenti, in totale indifferenza verso appartenenze o divise. Il governo italiano non può accettare l'intimidazione, noi non la accettiamo.

Riccardo Bellofiore, Piero Bernocchi, Sandro Bianchi, Mauro Bulgarelli, Paolo Cacciari, Salvatore Cannavò, Sergio Cararo, Luca Casarini Giulietto Chiesa, Lidia Cirillo, Danilo Corradi, Giorgio Cremaschi, Flavia D'Angeli, Tommaso Di Francesco, Nicoletta Dosio, Laura Emiliani, Marco Filippetti, Dario Fo, Jacopo Fo, Olol Jackson, Fosco Giannini, Pierpaolo Leonardi, Aurelio Macciò, Piero Maestri, Luciano Muhlbauer, Gigi Malabarba, Franca Rame, Gianni Rinaldini, Fernando Rossi, Marco Santopadre, Nando Simeone, Fabrizio Tomaselli, Franco Turigliatto, Vauro Senesi, Giovanna Vertova.

Per adesioni: scannavo@hotmail. com
Giovedì, 19 Aprile, 2007 - 09:11

NO allo sgombero rifugiati politici Pco Forlanini


BASTA CON LE PERSECUZIONI
CONTRO GLI IMMIGRATI
No allo sgombero dei rifugiati politici dalla caserma abbandonata del Parco Forlanini
 
Nel settembre scorso un gruppo di oltre 200 tra eritrei ed etiopi arriva in Italia dopo un viaggio lungo e rischioso. Giunti a Milano, l'emergenza viene subito sollevata ed il Comune si occupa dell'inserimento nei dormitori di una parte di loro, mentre per altri 160 organizza un corso di italiano della durata di 10 giorni. Viene tollerata la loro presenza nella caserma abbandonata di Viale Forlanini. Già da tempo punto di ritrovo di senza tetto e immigrati, l’area è priva di servizi - acqua, luce, gas, riscaldamento e rimozione rifiuti. Ulteriori richieste effettuate al ministro per la solidarietà e al ministro degli interni rimangono inascoltate.
 
Lo sgombero dell’area di via Forlanini è imminente a causa di un progetto di allargamento del parco. La proposta del Comune di Milano è che gli immigrati si trasferiscano nei dormitori liberatisi dopo l'emergenza freddo. Tale soluzione non ha garanzie di continuità ed è prevista solo per una minoranza di loro (75) per un periodo di sei mesi, senza nessun percorso di inserimento. La caserma di viale Forlanini rischia così di diventare un’altra via Lecco, dove l’anno scorso i rifugiati hanno accettato di alloggiare nei dormitori e poi hanno ricevuto asilo solo per tre mesi: una tipica soluzione improvvisata a un dramma che si ripete di continuo.
            Come misura immediata, chiediamo che si trovi una soluzione per TUTTI i rifugiati e sollecitiamo in particolare l’impegno concreto della Provincia di Milano, da cui è lecito aspettarsi una sensibilità particolare per un tema di diritti umani come questo.
 
Sappiamo che questo è in realtà un problema nazionale, data la mancanza di una legge quadro in proposito e sottolineiamo l’importanza di risolvere la questione generale con norme chiare, che assicurino pieni diritti ai rifugiati politici in Italia.
 
 
   

www.partitoumanista.it

Centro Umanista La Svolta

Giovedì, 19 Aprile, 2007 - 09:02

Lettera aperta agli abitanti del q.re P.Sarpi


LETTERA APERTA AGLI ABITANTI DEL QUARTIERE PAOLO SARPI
 
 

C’e un’altra Paolo Sarpi, oltre a quella descritta in questi giorni dai giornali e dalle televisioni.
         C’è una Paolo Sarpi che non pensa che qui “il clima sia irrespirabile” e che “la tensione si tagli con il coltello”. Ci sono anche uomini, donne e bambini italiani che vivono accanto a uomini, donne e bambini cinesi con curiosità reciproca e con piacere.
            Anche noi crediamo che la legalità sia un valore da rispettare e salvaguardare, sempre e da parte di tutti, italiani e non italiani.
            Anche noi riconosciamo l’esistenza di problemi (peraltro di lunga data), come quello della viabilità, dei marciapiedi stretti, della necessità di riqualificazione urbanistica del quartiere.
            Tuttavia a noi questo quartiere piace, perché è vivace, sicuro, vario e ricco di stimoli. E riteniamo che i problemi si risolvano con il dialogo e la collaborazione, non seminando e fomentando discordie, né boicottando attività commerciali.
            Chi vive qui sa che non è vero che tra italiani e cinesi regnino soltanto tensione e incomprensione: ci sono anche relazioni di buon vicinato, di scambio culturale, in molti casi di stima e di amicizia. Qualche esempio: il gruppo di bimbi italiani che studia cinese nella scuola di via Giusti, i bambini cinesi che frequentano le scuole italiane e le attività all’oratorio; gli adulti cinesi che studiano italiano e gli adulti italiani che studiano cinese; gli italiani e cinesi che spesso si vedono insieme per la strada o al bar.
            Noi crediamo che sia questa la strada da seguire: non negando i problemi, ma incrementando i momenti di incontro e di conoscenza già spontaneamente in atto, lontano sia dall’ intolleranza, sia dalla violenza.
            Non fa onore a una metropoli europea far mostra di un atteggiamento di chiusura i intransigenza.
            Polo Sarpi non deve essere considerata un problema, ma un laboratorio in cui sperimentare strategie di collaborazione, convivenza e integrazione nel rispetto sia delle leggi, sia delle specifiche identità culturali, dando vita a progetti comuni che accompagnino il nostro quartiere e la nostra città verso il futuro.
 
            Alcuni abitanti della zona
            Referenti: Cristina Fabbri e Nicoletta Russello
 
 

Mercoledì, 18 Aprile, 2007 - 07:59

Oggi Presidio ore 15.00 Pzza Duomo a Milano


                                            Il Centro delle Culture     e   

                                                                           Il   Partito Umanista

Partecipano al presidio di protesta indetto dalle associazioni cinesi che si realizzerà 
mercoledì 18 aprile alle ore 15.00 in piazza Duomo a Milano
 
SOLIDARIETÀ CON LA COMUNITÀ CINESE

DI MILANO!
Il 12 aprile forse una donna è stata aggredita da vigili solerti che volevano multarla o forse un´etnia ha reagito all´esasperazione, prima ancora di definire le responsabilità, è necessario interrogarsi sulle cause che hanno portato a questa situazione.
 
Da vari anni le serrande dei negozi cinesi sono imbrattate quotidianamente da scritte razziste, e non solo in seguito a quello che è successo lo scorso giovedì. A molte finestre del quartiere sventolano bandiere con scritte che associano l´ingrosso all´illegalità. Le istituzioni prima hanno impedito lo scarico delle merci perché i camion intralciavano il traffico poi hanno vietato l´utilizzo dei carrelli mettendo regole e orari senza preoccuparsi di tradurle e tra poco verrà chiusa la via Paolo Sarpi al traffico al solo scopo di rendere ancora più difficile il commercio. Eppure sono state date licenze, vendute case e negozi ed esatto tasse. Chi non reagirebbe a questa persecuzione?
Cosa sta succedendo a questa città che nel giro di poco tempo chiude i phone center, organizza ronde anti-rom, vuole sgomberare i rifugiati politici del parco Forlanini e chiudere moschee e scuole arabe?
Questi fatti sono solo l´ennesima dimostrazione della discriminazione che ogni giorno vivono i cittadini immigrati a Milano.
In altre zone di Milano la tensione sta crescendo giorno per giorno avvicinandosi sempre di più ad un punto di rottura ed è necessario quanto prima che: consigli di zona, Comune, Provincia e Prefettura intervengano con un piano di integrazione e mediazione culturale, coinvolgendo le comunità etniche e le associazioni che le assistono, perseguendo lo sfruttamento, le vessazioni e la xenofobia.
 
 
 
Ufficio stampa PRESSenza
Franca Banti cell. 3357792718 - e-mail franca.banti@fastwebnet.it
 
 
 

Allegato Descrizione
Volantino_Cine_ita[1].pdf
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Lunedì, 16 Aprile, 2007 - 17:34

"DICO" la Chiesa deve fare un "salto di civiltà"

GIANNINO PIANA: SU ‘DICO' E QUESTIONE OMOSESSUALE
LA CHIESA DEVE FARE UN "SALTO DI CIVILTÀ"

33839. ROMA-ADISTA. I Dico non demoliscono la famiglia tradizionale fondata sul matrimonio – che è in crisi per altri motivi – ma tentano di garantire i diritti e di far assumere maggiori responsabilità alle persone, sia eterosessuali che omosessuali, che scelgono la convivenza. È l’opinione del teologo Giannino Piana, intervistato da Adista mentre il dibattito sul disegno di legge sui diritti dei conviventi si fa sempre più serrato nella società e, soprattutto, nel mondo cattolico. Piana rifiuta di arruolarsi aprioristicamente fra i difensori del matrimonio a tutti i costi e sposta l’analisi sul piano della ragionevolezza, a partire dalla constatazione che la società, negli ultimi anni, ha subito profonde trasformazioni. E che la proposta dei Dico tenta di venire incontro e di interpretare tali trasformazioni.

Di seguito la nostra intervista a Giannino Piana.

D: Secondo lei i Dico sono realmente una minaccia per la famiglia tradizionale?

R: Non credo. I Dico rappresentano semplicemente il tentativo di garantire diritti e di far assumere doveri a soggetti che hanno scelto di vivere in "unioni civili". Il moltiplicarsi, negli ultimi decenni, di tali scelte rivela senza dubbio uno stato di crisi della famiglia tradizionale fondata sul matrimonio; crisi le cui cause vanno ricercate in ben altre direzioni. I Dico sono semmai la conseguenza di questa situazione di disagio.

D: Il vescovo di Pavia, mons. Giovanni Giudici, ritiene che la crescita delle convivenze – prima o a prescindere dal matrimonio – sia dovuta soprattutto all’aumento della precarietà che colpisce soprattutto i giovani, sempre più in difficoltà a trovare un lavoro stabile e una casa in cui vivere. Lei come si spiega l’aumento delle convivenze e come valuta questo aspetto?

R: La ragione dell’aumento delle convivenze va ricercata in un concorso di fattori diversi, che meriterebbero una grande attenzione e che vanno ricondotti alle profonde e rapide trasformazioni strutturali e culturali che hanno caratterizzato la società in cui viviamo. Quanto afferma mons. Giudici è, al riguardo, pienamente condivisibile. Aggiungerei che ad alimentare il senso dell’insicurezza e della fragilità che conduce molti a privilegiare la convivenza vi è, da un lato, la complessità sociale, che allarga enormemente l’area delle conoscenze e delle relazioni – quanto più si estende le possibilità di scelta tanto più diventa difficile scegliere – e, dall’altro, fenomeni come l’individualismo e la cultura consumista, che attentano alla continuità delle relazioni rendendole sempre più precarie.

D: Il disegno di legge del governo equipara la convivenza eterosessuale a quella omosessuale. Questo passaggio è indigesto a quella parte di cattolici che si oppone al provvedimento. Perché gran parte del mondo cattolico, sostenuto in questo dal Magistero, non incoraggia ancora le unioni stabili fra persone dello stesso sesso quando è la stessa vita quotidiana ad offrirci non pochi casi di coppie omosessuali ben più unite e leali di tante eterosessuali?

R: Il pregiudizio verso l’omosessualità è ancora molto forte, e non solo nella Chiesa. Pur essendovi stato, anche in documenti ufficiali del Magistero, il riconoscimento che esiste un’omosessualità permanente, dunque in qualche misura strutturale, cioè contrassegnata da un vero e proprio modo di essere al mondo, sussiste tuttora una grande resistenza psicologica a riconoscere che l’omosessualità possa dare luogo a scelte di coppia e soprattutto che sia possibile, all’interno di tali coppie, vivere un rapporto affettivo vero e intenso. Il criterio che viene invocato non è quello della verifica della qualità della relazione, della sua autenticità e profondità; è un criterio estrinseco che tende a penalizzare, oggettivamente e in partenza, lo stato omosessuale.

D: La senatrice della Margherita Paola Binetti, durante un programma televisivo, ha definito esplicitamente l'omosessualità una devianza. È deviata una persona omosessuale o l’omosessualità è una condizione normale al pari di quella eterosessuale?

R: In questo la senatrice Binetti non è sola. Sono ancora molti a pensare l’omosessualità come una devianza o diversamente a ritenerla una malattia di tipo psicologico o fisico, che va come tale curata e dalla quale si può guarire. La vecchia interpretazione positivista che riconduceva l’omosessualità alla matrice biologica, insistendo soprattutto sulla presenza di disfunzioni ormonali, sembra ricuperare oggi terreno, sia pure in una prospettiva diversa, facendo cioè riferimento a motivazioni di carattere genetico. Si stenta a considerare l’omosessualità come una condizione normale, perché ci si accosta ad essa con categorie pregiudiziali, come quella di "natura" (e viene allora ritenuta innaturale o "contro natura"), ma soprattutto perché si guarda in astratto al fenomeno omosessuale, quasi fosse del tutto oggettivabile, e si dimentica che in realtà non abbiamo tanto a che fare con la condizione omosessuale ma con persone omosessuali i cui vissuti sono sempre estremamente differenziati e complessi e la cui realtà più profonda rimane, in ogni caso, avvolta (come del resto per le persone eterosessuali) nel mistero.

D: In Italia sono ormai più di 25 i gruppi di credenti omosessuali che, in alcuni casi, sono seguiti da sacerdoti o addirittura da vescovi ausiliari. Che cosa ne pensa di questi fenomeni?

R: Conosco personalmente alcuni di questi gruppi e ho partecipato con una certa frequenza ai loro incontri, ricavandone sempre una grande impressione. Si tratta di persone molto serie che vivono sulla loro pelle, spesso con gravi lacerazioni interiori, la difficoltà di far coincidere identità omosessuale e fede ma soprattutto – perché qui si annidano i maggiori conflitti – identità omosessuale e appartenenza ecclesiale. L’ostinazione con cui, nonostante la rigidità delle posizioni ufficiali della Chiesa, proseguono nel loro cammino è ammirevole e commovente; denuncia, in modo particolare, la grande serietà della loro ricerca e l’autenticità della loro adesione religiosa. Fortunatamente non mancano nella Chiesa sacerdoti, e persino qualche vescovo, che non esitano ad aprire loro le porte, ad ascoltarli e a seguirli. Tuttavia la severità con cui la dottrina della Chiesa continua a condannare il comportamento omosessuale genera ferite insanabili, che spesso acuiscono il senso di colpa con pesanti conseguenze sulla stessa integrità psicologica della persona.

D: Purtroppo, salvo rare eccezioni, i gruppi di credenti omosessuali operano nella più totale clandestinità . Una clandestinità alle volte addirittura autoimposta per paura di essere discriminati o fatti oggetto di violenza in un contesto sociale sostanzialmente ancora ostile. Non ritiene che, se queste esperienze uscissero davvero allo scoperto, potrebbero svilupparsi una conoscenza ed un confronto più sereno sul tema dell'omosessualità a tutti i livelli della vita ecclesiale e sociale, andando così oltre pregiudizi e paure?

R: La risposta è già implicita nella domanda. È davvero auspicabile che si apra un confronto sereno, sia all’interno della Chiesa che nella società, tra eterosessuali ed omosessuali, perché si creerebbero in tal modo le condizioni per sdrammatizzare il problema, ma anche (e soprattutto) perché la reciproca conoscenza favorirebbe la possibilità del rispetto vicendevole e potrebbe dare la spinta a un vicendevole aiuto. Purtroppo siamo ancora lontani da questo traguardo e, nonostante i notevoli passi avanti fatti negli ultimi decenni, il cammino si presenta tuttora pieno di ostacoli non facilmente superabili in tempi brevi. La questione di fondo è culturale: si tratta di creare una mentalità nuova, di dare vita, in una parola, a un vero e proprio salto di civiltà.

Giovanni Panettiere
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Lunedì, 16 Aprile, 2007 - 17:15

Seminario Tavola della Pace 4/5 Maggio 2007

23° Seminario nazionale della Tavola della pace

                     Verso la Perugia-Assisi.

                 Per una politica di pace

            Per un pacifismo politico.
                                                                  


 Padova, 4-5 maggio 2007
Civitas, Padova Fiere
    Iscriviti subito.  Clicca su www.tavoladellapace.it
Venerdì, 13 Aprile, 2007 - 06:57

FieraMilanoCity Fà la Cosa giusta!


 Attività in Italia :
Human Development  Onlus  a Fa' la cosa giusta!
Ci sarà anche il nostro stand alla più grande fiera del consumo critico e degli stili di vita sostenibili. Ci troverete da venerdì 13 aprile a domenica 15 presso lo stand del CSV Lombardia – FieraMilanoCity - MM1 Amendola Fiera.Venite a trovarci!
Informazioni: www.humandevelopment.it   cell.3337354464  Donatella

Venerdì, 13 Aprile, 2007 - 06:50

Testimonianza Cittadino Milanese

Come cittadino Milanese ritengo increscioso il comportamento dimostrato dalla polizia.
Ho visto decine di macchine della polizia correre sul luogo, uscire dalle macchine con giubotti antiproiettili e correre verso dimostranti pacifici.
Ecessivo l'atteggiamento della polizia anziche contenere la manifestazione hanno caricato (vedere foto di tutti i quotidiani).
Indegnante l'assenza di intervento dell'assessore e del sindaco che limitatamente si è pronunciata in una conferenza stampa.
Da anni si vede un certo tipo di accanimento nei confronti della comunità Cinese che orgogliosamente e faticosamente ha pagato caro l'inserimento e l'acquisto dei locali commerciali, pagando fior di quattrini agli Italiani, che ora li vogliono cacciare.
Sono state create regole di disugualianza e  amisura solo per loro, prima gli allontanano le zone di carico e scarico e poi gli vietano il trasporto della merce sui carrelli, mentre a pochi passi di distanza, macchine mal parcheggiate dei residenti, impediscono da anni il transito a mezzi tranviari senza mai essere ne multati ne rimossi. Come nel caso di oggi, due linee tranviarie, sono state completamente divise, in direzione nord transitavano a ovest della città, mentre in direzione sud a est. Porto la piena solidarietà alla comunità Cinese.
 Sergio  
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