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Venerdì, 17 Marzo, 2006 - 16:53

La politica della casa

La politica della casa costituisce una delle più grandi carenze della Giunta di centro destra che sta concludendo il suo mandato.
Dal 1997, primo anno di governo di Albertini, ad oggi il Comune ha realizzato annualmente una media scarsa di 100 alloggi di edilizia popolare.
Non pensiamo che si debba tornare agli anni  '60, quando si costruivano interi quartieri ed una media di 5.000/6.000 alloggi all’anno.
Ma certamente la domanda di case popolari è oggi imponente, calcolata in città attorno alle 40.000 unità e la risposta del Comune si presenta pertanto del tutto inadeguata ed inconsistente.
Ne sono una riprova i primi discorsi della candidata sindaco del centro destra, Letizia Moratti, la quale sostiene esplicitamente l’inadeguatezza della politica precedente. (Questi discorsi sono sorprendenti. Letizia Moratti è di  Milano? Non fa parte da anni del Governo di destra? Si fa riprendere dalla TV in periferia, mostrandosi sorpresa dei problemi esistenti. Viene da chiedersi: dove vive?).
L’assoluto disinteresse, meglio l’esplicita volontà di non fare una politica della casa popolare è dimostrata dalle scelte di fondo della Giunta Albertini in questi anni.
Innanzitutto si è data la libertà di costruire su tutte le migliori aree edificabili – le aree dimesse (O.M., Lambrate/Innocenti, Sieroterapico, Quarto Oggiaro, Montedison/Rogoredo,…) – alla iniziativa privata senza cogliere l’occasione di affiancarvi un consistente programma pubblico.
Albertini si vanta che non esistono più in città aree dimesse; in realtà non si tratta di un merito, ma di un demerito: si è persa una grande occasione per rispondere alla domanda di case popolari.
In secondo luogo il disinteresse è dimostrato dall’insistenza sulla politica di vendita delle case del Demanio. Si vendono alloggi disponibili del Demanio (il caso più clamoroso è costituito dai 151 alloggi  di piazzale Dateo), che potrebbero rispondere immediatamente ai bisogni, con un duplice obiettivo: quello di allontanare i ceti popolari dal centro  e quello di fare cassa.
Si sostiene che col ricavato si potranno in futuro acquisire un maggior numero di alloggi, ma si tratta di tempi lunghi e le conclusioni sono del tutto incerte.
Infine, il Comune ha introitato in questi anni ingenti somme provenienti dall’ alienazione delle sua partecipazioni azionarie: possibile che nulla sia stato dedicato alla costruzione di nuove case a canone economico?
Negli scorsi mesi, quasi a legislatura conclusa, la Giunta si è accorta (anche spinta dai molti interventi dell’opposizione, particolarmente da un Consiglio Straordinario del 2003) che il problema costituiva una pesante critica pendente sul suo capo e si è decisa a muoversi.
Ne è scaturita una delibera che viene presentata come il programma dei 20.000 alloggi popolari con cui, secondo le dichiarazioni di qualche Assessore, si dovrebbe rispondere in modo definitivo al problema.
Tentiamo di separare l'ampia dose di propaganda, dalla sostanza della proposta.
Innanzitutto le costruzioni avverranno su aree standard (cioè le aree che i costruttori privati sono obbligati a concedere al Comune per il verde e per i servizi pubblici, in cambio dell’autorizzazione a costruire).  E’ stata necessaria un’apposita legge dell’Assessore Regionale Borghini per poter destinare queste aree anche per “interventi di edilizia residenziale pubblica, compresa l’edilizia convenzionata”.
Il processo è discutibile e contiene molti elementi contradditori ( le aree migliori sono andate ai privati e per le case popolari si usano solo aree di risulta; se si usano aree a standard perlomeno si dovrebbe procedere ad una compensazione individuando altre aree a standard, ciò che non è avvenuto; alcune di queste aree costituivano una possibilità di un polmone verde invece del tutto costruito).
Ma il problema di fondo è che dei famosi 20.000 alloggi solo una piccola parte saranno edificati dal Comune in edilizia residenziale pubblica, precisamente 1.201, perchè gli altri dovrebbero essere costruiti da imprese private, da cooperative ed enti non profit, su aree messe a disposizione dal Comune stesso.
Nel programma sono stati inseriti anche cinque interventi di edilizia universitaria, naturalmente in attesa di finanziamenti specifici, al momento inesistenti.
E’ facile prevedere che ci vorranno molti anni per realizzare il programma ed è molto improbabile che tutto vada in porto (anche perché molte localizzazioni sono discutibili e contrastate).
Il fatto di essere aree standard, e quindi proprie, consente al Comune di concederle ai privati in diritto di superficie per 90 anni, ad un costo molto contenuto. Questa offerta di aree a basso costo dovrebbe rendere appetibile ai privati  l’impresa di costruire sulle aree comunali individuate, una cinquantina circa, case ERP a canone moderato e convenzionato (più precisamente il 60% a canone moderato con possibilità di riscatto, un 10% a canone sociale, il restante a canone moderato o speciale).
Al momento sono stati avviati i programmi per le 8 aree per le quali il Comune avendo ottenuto parziali finanziamenti della Regione  prevede di realizzare direttamente interventi di edilizia residenziale pubblica.
Per quanto riguarda gli altri interventi che dovranno essere realizzati da privati , tra poco saranno presentati in Consiglio Comunale, per una decisione, i criteri generali per i bandi che saranno realizzati per ogni singola area.
Non è possibile fare ipotesi sui tempi degli interventi.
La legislatura sta per scadere ed anche per questo sarebbe  più corretto e più opportuno lasciare alla futura nuova Giunta ogni decisione  a riguardo; in ogni caso si tratterà di singoli bandi  per i quali è previsto l’adozione di Piani Integrati di Intervento (P.I.I.) che devono passare dal Consiglio per l’approvazione.
L’opposizione ritiene che questa nuova fase di discussione in Consiglio costituisca un’occasione per  ridiscutere alcune localizzazioni poco idonee e per confrontarsi con la popolazione sul merito degli interventi.
Naturalmente al di là delle vicende di questo programma e delle sue contraddizioni che ho richiamato, la politica della casa richiede un impegno di ben maggiore dimensione, sia per quanto riguarda le aree da mettere a disposizione, sia in quanto a risorse da investire (tra l’altro aprendo una seria collaborazione con i Comuni limitrofi, con la Provincia e la Regione, che l’idiosincrasia del Sindaco Albertini sinora ha sempre impedito).
Ma vorrei su questo lasciare la parola al programma  dell’Unione per le elezioni comunali, solo affermando che la questione della casa ne dovrà costituire una delle priorità qualificanti (sia per le nuove costruzioni, sia per i necessari interventi di risanamento e di miglioria da apportare nei quartieri popolari).

Sandro Antoniazzi
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