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Il Blog di Alessandro Rizzo | www.partecipaMi.it
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Lunedì, 15 Gennaio, 2007 - 15:11

Perchè parlare di "mobilità sostenibile"

Da tempo sembra prevalere come priorità di intervento per la cittadinanza nella sua maggiore componente il tema della mobilità, di un cambiamento di una situazione ingovernabile, dopo 5 anni di gestione autoreferenziale di un commissario straordinario, l'ex sindaco Albertini, che con toni alquanto autoritari e con metodologia accentratrice ha ipotizzato una Milano città dai mille fori, non nel senso classico e romanistico del termine, ma come luoghi ospitanti nuovi parcheggi non pertinenziali in pieno centro città. Una conseguenza di questa logica deleteria per la sostenibilità del trasporto a Milano è presente nel progetto del PII di Porta Vittoria, la "cittadella dei balocchi" contornata da un'autorimessa da 2000 posti auto tutti non pertinenziali, richiamo notevole per automobili esterne, magari provenienti dalla provincia, che si riverseranno in una zona già ammorbata dalla presenza di un alto numero di autovetture.
Ma tant'è il progetto è passato e la cittadinanza dovrà assumerne le gravi e deleterie conseguenze derivanti. Occorre, pertanto, parlare di mobilità, altra mobilità, disponendo, me ne assumo anche la responsabilità e la volontà politcia, di incentivare canali e forme di partecipazione, fatte di sondaggi, consultazioni, confronti, forum, blog su cui esprimere la propria posizione, questo spazio è adatto per questa finalità, il cosidetto e-governement, e-partecipation, dove coinvolgere associazioni, movimenti, comitati cittadini, la cittadinanza, i residenti a reperire nuove ipotesi di sviluppo alternativo del traffico e del concetto di trasporto.
Da una parte direi che un esempio virtuoso a livello amministrativo, entrando nella tipologia comparatistica, a volte funziona ed è utile farlo, è reperibile a Londra, dove Mr Livingstone, che utilizza i mezzi pubblici per muoversi (quando, come dice giustamente Gad Lerner, un politico dovrebbe essere considerato in senso totale e non parziale e misurato circa i propri comportamenti quotidiani che dovrebbero essere coerenti con la propria impostazione ideale e progettuale di società), ha determinato una rivoluzione a partire dal 2000, anno in cui è stato eletto sindaco della megalopoli inglese, nel campo del trasporto e della mobilità, disincentivando con varie forme l'utilizzo dell'auto privata. Come?
E' facile ipotizzarlo: dal car sharing all'aumento delle piste ciclabili; dalla costruzione di parcheggi di snodo in estrema periferia, magari riconvertendo aree dismesse, tipiche dell'urbanistica post fordista, presenti nei sobborghi estremi della città, alla definizione di strumenti utili a livello economico a rendere più conveniente l'utilizzo del mezzo pubblico, abbandonando previamente la propria macchina all'ingresso della città, utilizzando il bus o la metrò per arrivare in piena city, con una tariffa omogenea e unica pvalida per tutta la giornata e il servizio presente.
Livingstone ha rottamato mezzi pubblici inquinanti, sostituendoli con mezzi a idrogeno o elettrici, quindi ecocompatibili come sistema di motore, ha aumentato le corse dei mezzi, ha aumentato le fermate, ha esteso alcune tratte della metrò, ha INVESTITO sul TRASPORTO PUBBLICO, ha incrementato le corsie preferenziali per il passaggio del mezzo pubblico, ha definito pene pecuniarie e amministrative per chi violi il carattere della preferenzialità del passaggio dei bus nelle corsie destinate al loro esclusivo passaggio, ha aumentato le agevolazioni per diverse fasce di cittadine e cittadini per sconti e diminuzione della tariffa per l'utilizzo del trasporto pubblico.
Un progetto possibile e non certo futuribile: a Milano che fare? Perchè questi sogni, che sembrano utopie quasi irrealizzabili oggi come oggi, non possono diventare realtà? Discuterne è buono: la mobilità riguarda noi tutte e tutti, riguarda la nostra vita, la nostra esistenza, la nostra collettività: come si dice in gergo popolare è un tema che "ci tocca" da vicino. Ma occorre un'inversione di tendenza assoluta e radicale: parlare di pollution charge è direi insufficiente, è un palliativo senza sviluppo, un pannicello caldo per guarire una malaria. E' utile se è conseguente, non se è unico, come sembra che sia, provvedimento preso come strategia per contrastare il fenomeno dell'inquinamento e dell'ingorgo del traffico nella città. Milano scoppia: è una bomba a orologeria, e se dovesse scadere il minutaggio rischiamo di saltare tutte e tutti, ins enso allegorico e figurato, ma certamente non dai risvolti meno onerosi a livello umano e sociale.

Questa sezione che istituisco in questo blog è una minima disponibilità per confrontarsi e per apportare idee e proposte utili per garantire un posibile cambiamento nell'ambito del trasporto e della mobilità, perchè sia più sostenibile, più compatibile, perchè possa un giorno, per le future generazioni, restituire una città che sia veramente di tutti e per tutti, disponbile per la collettività, patrimonio universale.
An inconvenient truth: titola il prossimo documentario con protagonista Al Gore, sul destino alquanto oscuro e preoccupante per l'ambiente e l'ecosistema, dipinto con scenari apocalittici, ma scientificamente appurabili, quali innondazioni, aumento del livello del mare, aumento delle temperature, scongelamento dei ghiacci, nuovi surriscaldamenti, distruzione della biodiversità, desertificazione. Il mondo è in scadenza, secondo il rapporto dell'ONU, per il 2050: non abbiamo poteri per incidere nelle scelte delle autorità internazionali, ma, sicuramente, abbiamo la possibilità di generare come tante "guttae cavant lapidem" comportamenti globali finalizzati a rivoluzionare pratiche e consuetudini devastanti per ilo sistema ecologico nel suo complesso. Agire localmente e pensare globalmente: questa è la ratio! Procediamo su questo percorso, in questa sezione, attendendo vostre proposte, idee, commenti, considerazioni sul grande tema della mobilità.

Alessandro Rizzo

Lunedì, 15 Gennaio, 2007 - 14:33

Car sharing: rivoluzione graduale per la mobilità

Si parla molto di parcheggi, di modi per eliminare autovetture posteggiate per strada per liberare la città da veicoli ingombranti e ingorganti. Direi che la finalità è giusta, ma l'equazione più parcheggi meno auto presenti non sempre risulta equilibrata e centrale: molto spesso più parcheggi non pertinenziali in città è sinonimo di più auto che si spostano per raggiungere questo o quel centro commerciale, intasando maggiormente le strade della città, apportando inquinamento aereo e acustico, delineando una concentrazione di macchine dove dovrebbero essere attivi solo bus, merzzi pubblici, biciclette e, soprattutto, cittadine e cittadini passeggiatori.
Come potere diminuire la presenza di automobili in città: occorre una rivoluzione culturale, ci suggerisce giustamente l'associazione Mamme contro lo smog, autrice di un interessante decalogo delle cose da fare per un'amministrazione nel caso in cui viviamo di forte presenza di una mobilità insostenibile a livello sociale, in quanto un'autovettura costa come mezzo privato di mobilità, a livello umano, in quanto l'utilizzo dell'autovettura in senso individuale e visto come oggetto pertinenziale al possesso di una macchina è alquanto incompatibile con la possibilità di ritornare a impadronirsi del proprio terrtiorio pubblico, a livello ecologico, in quanto più autovetture significa più inquinamento e maggiore presenza di polveri sottili, deleterie per il nostro organismo. Una soluzione, adottata già in molti paesi europei ed extraeuropei, come negli Stati Uniti dove 35.000 utenti condividono oltre 1000 auto a New York, Washington, San Francisco mentre in Asia, in particolare a Singapore e in Giappone, i quasi 5.000 utenti usano numerosi veicoli tecnologicamente all’avanguardia, con sistemi di propulsione elettrici o ibridi; oppure
in Europa, dove i cittadini associati sono circa 150.000, con oltre 5.000 veicoli disponibili in più di 600 città tra Svizzera, Germania, Austria, Olanda, Francia, Gran Bretagna e Scandinavia.
Il Ministero dell'Ambiente, diretto dal Ministro Pecoraro Scanio, ha definito con le associazioni del settore e alcune municipalità, un percorso virtuoso atto a stimolare e incentivare l'istituzione di tale servizio, disponendo anche risorse economiche e finanziarie: è un passo in avanti verso il concepimento culturale di una nuova mobilità possibile e di un uso collettivo dell'automobile, non più vista come oggetto di posesso, sinonimo di mobilità deleteria e insostenibile. Un'auto viene utilizzata in un arco di tempo, su prenotazione del soggetto interessato, che si arreca al parcheggio e che può muoversi senza spendere soldi, in quanto per il carburante viene tutto predisposto in bilancio dall'amministrazione comunale. Le automobili predispongono, nella maggioranza dei casi, motori a energia rinnovabile e sostenibile: il lato positivo è quello di utilizzare l'autovettura solamente per il periodo di tempo in cui si necessita, senza costi, e, soprattutto, condividendola con altre persone, utenti del servizio: questi presupposti influiscono positivamente sull'ambiente, determinano un abbassamento del numero di macchine presenti in città, e diminuiscono in termini di tempo l'utilizzo della macchina, considerando quest'ultima come mezzo, quindi strumento da utilizzare con ragionevolezza e senso di responsabilità civile, non come possesso da forgiare in ogni angolo della metropoli, intasando e inquinando ulteriromente l'aria, dato l'uso eccessivo della macchina.
Attivare un procedimento che comprenda questo servizio è utile e interessante, un modo graduale per definire un cambiamento culturale della concezione di mobilità cittadina: non si priva totalmente la cittadinanza della possibilità di utilizzare l'automobile, ma se ne contingenta l'utilizzo sia in termini temporali, sia in termini economici.
Una nuova idea per portare Milano a essere città a misura di pedone e non di automobile.

Alessandro Rizzo

Domenica, 14 Gennaio, 2007 - 16:38

Come tanti piccoli don Chisciotte sulla Senna

E' una piaga che riguarda anche la nostra città, come tutto il mondo opulento, nell'inclemente dinamica delle contraddizioni del post fordismo.

Si è conclusa la protesta dei « figli di Don Chiosciotte » sulle rive della Senna, la rive gauche per essere precisi. L’anno precedente le banlieu, poi le proteste nelle università delle studentesse e degli studenti contro il contratto di primo impiego, quello che il governo De Villepin voleva imporre ai nuovi assunti con piena libertà per i datori di lavoro di licenziamento arbitrario: ma l’onda di sollevazione della cittadinanza francese per la difesa di diritti sociali e civili non è ancora finita. Prosegue sulle rive del grande fiume, che ha visto la rivoluzione francese contro il potere della monarchia, la resistenza partigiana contro la repubblica di Vichy, il sessantotto studentesco dell’immaginazione al potere: fino a ieri ha ospitato sulle sue sponde tante tende canadesi, occupate dai SDF, i senza dimora fissa, coloro che non hanno la possibilità di avere un appartamento, di potere godere di una casa, disporre di quattro mura e di un tetto, come dovrebbe essere per ogni persona. L’organizzazione Médecins du Monde aveva qualche mese prima disposto sul tratto che va dalla tour Eiffel alla Cattedrale di Notre Dame diverse canadesi, dove hanno “spontaneamente” albergato persone di ogni età, di qualsiasi generazione, provenienti da diversi percorsi di vita, ma uniti dalla misera condizione di coloro che non sono tutelati nel proprio diritto inalienabile di avere una casa, dove dormire, mangiare, vivere intime con i propri familiari, confrontarsi con gli amici, arredare le proprie camere. Non sono pochi gli SDF: 10000 stima il Comune di Parigi, che ha disposto nuove misure per l’assegnazione di appartamenti per fronteggiare l’emergenza. Oggi la rive gauche della Senna è sgombera dalla presenza degli igloo, dove albergavano non solo i diretti interessati, ma anche altre cittadine e altri cittadini che in solidarietà hanno deciso di protestare insieme, convinti che questo problema sia un problema di tutti, della collettività e che, come tale, deve essere affrontato e combattuto. Non sono sufficienti i 50 milioni di euro stanziati dal Comune per cercare di dare soluzioni a questo disagio inaccettabile: ma il governo sembra avere predisposto un decreto che pone nuovi fondi aggiuntivi nella finanziaria per destinare un capitolato all’emergenza abitativa. Le dichiarazioni del primo ministro francese e quelle del capo dello stato, che invitava a dare rilievo a questa piaga annosa, sembrano, però, non essere state accettate da tutti i manifestanti: se a Parigi i “figli di Don Chisciotte”, ormai dotati di un’organizzazione a rete presente su tutto il territorio francese, hanno levato le tende, nel vero senso della parola, dalle rive della Senna con sfondo la biblioteca François Mitterrand, altri focolai di protesta rimangono nel resto dell’Ile de France, e non solo. Anche se il numero delle persone accampate non sono più alti come lo era prima di Natale, certamente la questione sussiste, e interessa solamente nel dipartimento 91, alle porte di Parigi, 1700 cittadine e cittadini che vivono in baracche di fortuna, alla diaccio; mentre nel dipartimento 77 più di 1500 persone vivono al limite della decenza. La tenda non può, come sostengono alcuni urbanisti, essere considerata la soluzione stabile a questa piaga: anche se è vero che un ambiente può essere abitato perché naturalmente si predispone a questo, chiaramente il problema deve essere affrontato alla radice, intervenendo sulle cause sociali di questa indicibile esclusione.
I salari sono troppo bassi, dichiara un esponente degli sdf, per poter sopportare a Parigi gli affitti di un appartamento minimo: con 1000 euro al mese non si riesce a fare fronte alle spese quotidiane, quelle necessarie, le minime indispensabili. E non parliamo solo di tipici e canonici “clochard”, ma di famiglie intere, con bambini a seguito; disoccupati di lungo degenza, lavoratori precari, che oggi sono assunti per, poi, dopo qualche settimana, ritrovarsi senza impiego né un salario. E’ un panorama già conosciuto, un film già visto e che si continua a vedere ogni giorno, in diverse parti del mondo, soprattutto nel cosiddetto “occidente opulento”: la crisi aumenta, il divario sociale permane, la conflittualità tra poveri e ricchi persiste, si allarga il distacco tra pochi ricchi e molti poveri. La globalizzazione apporta questi “effetti collaterali”, come erroneamente li considerano i grandi teorici del libero mercato: non sono conseguenze da considerarsi come secondarie, magari insignificanti, accettabili in nome del mercato potente e imperante. Sono, queste, conseguenze intollerabili e che devono trovare ricette giuste ed efficaci volte a rimuovere gli ostacoli di natura economica, esistenti per molte persone, alla piena soddisfazione dei propri bisogni elementari, quelli utili e funzionali a sopravvivere semplicemente e in modo dignitoso. La mobilitazione si è fermata, momentaneamente, ammettono i referenti dei “figli di don Chisciotte”: si rimane positivamente stupiti della grande solidarietà avutasi in Francia, dove anche chi non era nelle condizioni di non possedere una casa, ha deciso di scendere in piazza e di soggiornare per tutte le feste natalizie nelle tende, mentre qualcuno stappava spumanti nelle proprie calde abitazioni, oppure si tuffava nell’ingorgante traffico degli acquisti prenatalizi.
 
 
Alessandro Rizzo
 
 
 

Sabato, 13 Gennaio, 2007 - 15:51

ARCIGAY INTERVIENE SUL CASO DEL CONSULENTE

ARCIGAY INTERVIENE SUL CASO DEL CONSULENTE DELLA GIUNTA DELLA REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA

www.arcigaymilano.org

“SIAMO ALLA BARBARIE: AN FA UNA INDECENTE BATTAGLIA POLITICA SULLA PELLE DEI PRIVATI CITTADINI”
Bologna, 16 dicembre 2004

“Siamo alla barbarie: Alleanza Nazionale sta assumendo comportamenti indecenti, indegni di un paese civile”. È questo il commento di Sergio Lo Giudice, presidente nazionale di Arcigay, alla notizia dell’attacco mosso dal consigliere regionale di AN Sergio Dressi nei confronti di un privato cittadino, consulente esterno delle Regione Friuli Venezia Giulia, messo alla gogna sulla stampa regionale a causa di un annuncio pubblicato su Internet, forse per uno scherzo goliardico.

“Alleanza Nazionale - ricorda Lo Giudice - sta manifestando con atti sempre più smodati un atteggiamento omofobo e razzista che ci riporta indietro di decenni. L’ex repubblichino Tremaglia aveva dato dei “culattoni” ai parlamentari Europei, Fischella aveva rincarato la dose licenziando il suo braccio destro per aver partecipato ad una festa pubblica al Gay Village di Roma. Adesso AN tocca il fondo strumentalizzando fatti assolutamente privati di un cittadino senza alcun incarico politico, del tutto privi di alcun disvalore o danno sociale, per pura propaganda politica”.

“Siamo colpiti – aggiunge il presidente nazionale di Arcigay – anche dal comportamento di qualche organo di stampa che, contrariamente alla misura dimostrata in altre occasioni, ha deciso di pubblicare il nome e la foto del ragazzo così vilmente attaccato da Dressi”

Molto dura anche la reazione del responsabile giuridico nazionale di Arcigay, il friulano Alberto Baliello: “Nelle stesse ore in cui il Ministro degli Esteri Gianfranco Fini sostiene gli interessi di Trieste, del Friuli e dell'Italia intera per ospitare l'EXPO nel capoluogo giuliano, in una delicata battaglia dove verrà "soppesata" l'immagine della nostra regione e del nostro paese, un altro esponente di Alleanza Nazionale sferra, proprio nella nostra Regione, un attacco politico indegno della cultura civile di un paese moderno.

Era dai tempi del fascismo che in Italia non si brandiva l'orientamento sessuale di una persona come arma politica. Per di più, fatto che ritengo di una gravità inaudita, si sfrutta la vita priva privata di comune cittadino come terreno di scontro politico, insensibili alle più elementari norme di civiltà politica”.

Ufficio stampa Arcigay Nazionale

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Dal comunicato stampa del consigliere comunale di Udine Enrico Pizza (DS e gay dichiarato):

. . . Dressi, che evidentemente dimostra scarsa dimestichezza con le moderne tecnologie, innanzitutto ignora che chiunque ha la possibilità di pubblicare la foto di qualcun altro su internet ma, soprattutto, disprezza il fatto che ogni cittadino ha il diritto di pubblicare un annuncio per cercare un partner, etero o omosessuale che sia. Solo un ex-fascista può usare la sua personale e retrograda visione del mondo per cercare di imporre delle regole morali a un'amministrazione che è, e deve restare, laica.
"Non avrò certo il tempo di andare a navigare nel sito gay per cercare la foto incriminata, tempo che sembra invece aver trovato il consigliere Dressi, ma, in attesa di valutare gli opportuni provvedimenti a suo sostegno - anche giudiziari -, esprimo la mia piena solidarietà al 29enne udinese la cui foto è finita persino su un quotidiano locale (Il Piccolo). Per la serie "sbatti il mostro in prima pagina"!
E' questo lo scopo che voleva raggiungere il consigliere? Violare così apertamente la privacy di una persona, senza minimamente porsi lo scrupolo di creare un danno alla sua immagine, alla sua famiglia, alla sua vita di relazione?
Il coming out (svelamento della propria omosessualità) è un percorso assolutamente personale e nessuno ha il diritto di ingaggiare scontri politici contro la Giunta strumentalizzando i concittadini della nostra regione. Chi usa il proprio ruolo politico per tali scopi manifesta semplicemente la viltà e l'arroganza del potere rivolto contro i più deboli"....

Giovedì, 11 Gennaio, 2007 - 21:00

Il piccolo Nerone ....G. Bush

Fermate George Bush, il piccolo Nerone che vuole il suo Vietnam

Esattamente un mese fa, il 10 dicembre 2006, il quotidiano conservatore britannico The Times riportava una dichiarazione del presidente degli Stati Uniti, George Bush, che avrebbe dovuto provocare una sollevazione: "Non mi ritirerò dall'Iraq neanche se restassero ad appoggiarmi solo mia moglie Laura e il mio cane Barney".
di Gennaro Carotenuto

Nessuno si sollevò, neanche i media così attenti a fare le pulci a quello che dicono dirigenti politici mondiali meno amati da chi governa il mondo. I pochi che devono essersi soffermati su questa dichiarazione devono averla trovata puerile, capricciosa, tragicamente frivola, di fronte a una catastrofe che, secondo alcuni calcoli, ha già provocato la morte di 650.000 cittadini iracheni. "Non mi ritirerò dall'Iraq neanche se restassero ad appoggiarmi solo mia moglie Laura e il mio cane Barney". Cosa si può fare se l'uomo più potente del mondo è un bambino capriccioso e frivolo con seri problemi edipici?

Il presidente degli Stati Uniti, George Bush junior, ha dunque scelto la strada dell'escalation vietnamita per l'Iraq. Di fronte all'annuncio dell'invio di più uomini -già che secondo Bush stesso l'unico errore ammesso è stato aver usato troppo poco la sterminata forza militare- gli interpreti ufficiali del pensiero di George Bush, quelli che "l'America è sempre la prima democrazia del mondo", non hanno neanche provato a difendere la scelta. Tantomeno hanno fatto autocritica, visto che quella scelta avevano difeso e appoggiato e, di fronte alle cassandre pacifiste, avevano millantato quella irachena come una passeggiata dove la gente avrebbe offerto fiori e non bombe agli occupanti. Se la sono cavata con una risposta psicologica: "Bush non vuole passare alla storia come uno sconfitto".

Benito Mussolini, alla vigilia del 10 giugno 1940, spiegò al Maresciallo Pietro Badoglio l'attacco alla Francia con raro cinismo: "ho bisogno di alcune migliaia di morti per sedermi al tavolo della pace quale belligerante". Il discorso di stanotte di Bush lo ricorda in maniera sinistra. Sa perfettamente che 20.000 soldati in più non cambieranno la natura e le sorti del conflitto. E' un cambiamento cosmetico perché non ha lo spessore morale per ammettere di aver sbagliato tutto. Ha bisogno di altri morti e poi qualcun altro al posto suo lascerà Baghdad come fu lasciata Saigon dopo avere ammazzato due milioni di vietnamiti.

Da pochi giorni gli Stati Uniti sono intervenuti direttamente in Somalia. Hanno massacrato decine di civili spacciandoli per terroristi. Quei morti sono stati necessari, propedeutici e funzionali all'annuncio dell'escalation in Iraq: “Se siamo costretti ad intervenire in uno scenario apparentemente marginale come quello del Corno d'Africa, tantomeno possiamo lasciare campo libero in Iraq”. Quello in Somalia è un intervento illegittimo, unilaterale, soprattutto imprudente, ma che serve a dimostrare, agli spettatori di Rete4 e Fox-TV, che dietro la maschera della minaccia terrorista si debba accettare tutto. L'Unione Europea ha guardato attonita all'apertura del fronte somalo. Perfino l'ascaro Tony Blair ha detto che non seguirà Bush nella nuova escalation irachena.

Tuttavia, pensare che il dramma che gli Stati Uniti stanno imponendo al mondo sia dovuto solo al piccolo Nerone George Bush, sarebbe fuorviante. John McCain, il suo più probabile successore repubblicano, è un suo fiero critico da destra: fin dall'inizio avrebbe inviato più uomini e avrebbe voluto più obbrobri. L'accusa più grave mossa dal Partito (clone) Democratico non è stata quella del crimine massimo della guerra, ma quella di aver speso male il denaro dei contribuenti e aver perso "vite americane", come ha testualmente ripetuto stanotte il capo senatore Harry Reid usando lo stesso linguaggio, la stessa cultura politica di George Bush.

Distinguere tra “vite americane” e “vite altrui” è un'espressione razzista molto in voga negli Stati Uniti d’America. Quale altro dirigente politico al mondo -come invece si fa quotidianamente negli Stati Uniti- parlerebbe della necessità di sacrificare vite altrui per salvare "vite francesi", "vite bulgare", "vite italiane"? La stessa espressione è repellente. Eppure suona così familiare nella vita politica statunitense, viene ripresa dalla stampa senza batter ciglio, come se non fosse la manifestazione più atroce di questo nuovo arianesimo messianico che è il neoconservatorismo.

Ancora dopo l'11 settembre, se pure qualcuno dubitava dell'autorità morale degli Stati Uniti per amministrare giustizia sul pianeta intero, in pochi dubitavano sul fatto che avessero la forza militare per farlo. Oggi, dall'Afghanistan alla Somalia all'Iraq, sappiamo che da Abu Grajib a Falluja al cappio al collo di Saddam Hussein, gli Stati Uniti non solo hanno perso ogni autorità morale. Non hanno possibilità alcuna di vincere militarmente, ma possono continuare a farsi e soprattutto fare molto male. Sono lo specchio del bambino capriccioso, prepotente e frivolo che li governa e che del resto hanno democraticamente eletto.

Il cantautore Quintín Cabrera, in una delle sue ballate più popolari*, canta che la cosa della quale gli statunitensi avrebbero più bisogno, per rientrare in se stessi dal loro delirio di onnipotenza, è una nuova lezione vietnamita. Bush lo sta accontentando. Ma a che prezzo, soprattutto per le “vite irachene”, “vite somale”, “vite afghane” che continueranno a essere massacrate, torturate, stuprate, bombardate per coronare il sogno di bambino di George Bush junior di “non passare alla storia come uno sconfitto”!

Giovedì, 11 Gennaio, 2007 - 09:05

nel limbo della guerra.......

NEL LIMBO DELLA GUERRA COSTRATTI A IMBRACCIARE IL FUCILE

Nell’ultimo decennio di guerre sono stati uccisi più di 2 milioni di bambini, una media di uno ogni 3 minuti. 6 milioni di bambini sono stati resi invalidi o sono stati gravemente feriti nei conflitti, mentre un milione ha perso entrambi i genitori. La guerra ha inoltre privato della casa altri 25 milioni di bambini. 10 milioni di minori hanno subito traumi psichici imputabili alla guerra.


La guerra esiste da quando esiste il mondo.
Le atrocità compiute nei secoli, in nome di interessi o ideali vari, sono così tante e inenarrabili da non permettere nessuno spazio all’ottimismo e alla speranza.
Anzi, dopo un tentativo fatto nel 1864 dalla Croce Rossa Internazionale e degli stati nazionali di regolamentare la guerra attraverso la definizione e adesione al diritto umanitario (o diritto di guerra) per proteggere i civili, i prigionieri e i feriti di guerra, negli ultimi decenni la guerra è ritornata ad essere sporca e disumana.
Le guerre civili e i combattimenti non convenzionali, non permettono la chiara identificazione dei civili. Ancora peggio, l’esclusione dei bambini dalla guerra - che è sempre avvenuta in ogni cultura tradizionale - non è più garantita: molti bambini sono anche esecutori di atrocità belliche e sono impiegati come combattenti in oltre tre quarti dei conflitti armati del mondo. Non si tratta solo di giovani adolescenti ma di bambini di 6 anni. Il reclutamento e l’utilizzo di bambini soldato sono una delle più pesanti violazioni delle norme che regolano i diritti umani nel mondo.
Molti bambini soldato sono stati arruolati così precocemente da ignorare perfino la propria età.
Come dice un ragazzo della Sierra Leone, che si pensa avesse 7 o 8 anni quando fu preso: “Combattevamo e basta. Non sapevamo quanti anni avevamo”.*
Trasformare un bambino in un combattente è spaventosamente semplice. Tutto inizia con il reclutamento che avviene per rapimento o con metodi di persuasione.
Seguono metodi di addestramento e conversione crudeli. Brutalità e abusi rendono il programma di addestramento efficace. L’obiettivo del processo è favorire la dipendenza del bambino dal gruppo armato e impedirne la fuga.
I bambini senza tetto, i bambini di strada, sono particolarmente a rischio, perché esposti a operazioni su vasta scala e destinate a suscitare minor reazione pubblica. Una volta catturati i bambini non hanno scelta: se non ubbidiscono a chi li ha rapiti il loro destino è la morte.
I bambini, in particolar modo gli orfani e chi non ha contatto con la società civile, possono arruolarsi spontaneamente in qualsiasi gruppo se credono sia il solo modo di garantirsi pasti regolari, cure mediche, indumenti.
Come racconta un bambino soldato congolese: “Avevo sentito che almeno i ribelli mangiavano. Così mi sono unito a loro”. *
                         
La povertà induce spesso anche i genitori ad arruolare i figli, quando non sono in grado di provvedere a loro. In alcuni casi, gli eserciti pagano il salario direttamente alla famiglia.
Le condizioni strutturali che si accompagnano ai conflitti armati possono costringere i bambini ad arruolarsi anche ai fini della difesa personale.
Circondati dalla violenza, si sentono più al sicuro in un gruppo combattente e con un’arma in mano. Molti bambini hanno fatto esperienza diretta o sono stati testimoni oculari delle peggiori violenze: massacri, esecuzioni sommarie, torture, violenza sessuale.
La vendetta perciò è uno stimolo abbastanza forte per unirsi alla lotta. Spesso i bambini soldato sono sopravvissuti al massacro della loro stessa famiglia.
“Mi sono arruolato nell’esercito quando avevo 14 anni, perché ero convinto che il solo modo di riavere i miei genitori o di impedire che le cose andassero avanti in quel modo fosse far parte dell’esercito e ammazzare chi era responsabile dell’uccisione dei miei genitori. Ma, vedi, la cosa più inquietante è che, una volta che mi sono arruolato e ho cominciato a combattere, mi sono ritrovato ad ammazzare genitori di altri bambini e dunque a creare una spirale di vendetta…” *
SOS Villaggi dei Bambini è impegnata in programmi per il reinserimento nella società degli ex bambini soldato.
Nel Sud del Sudan, per esempio, un paese in cui si sta consumando una grave crisi umanitaria che costituisce solo l'ultima variante di una guerra civile che si protrae quasi senza sosta dall'Indipendenza, ottenuta nel 1956.
Dal 2001 si stima che in Sudan circa 12.000 bambini soldati siano stati disarmati.
Sono bambini che prima di tutto non hanno un’identità ufficiale ed hanno imparato ad uccidere e sparare invece che leggere e scrivere.A loro non sarà mai restituita l’infanzia né potranno mai dimenticare quello che hanno vissuto.
Tuttavia il loro reinserimento sociale nonostante sia difficile e problematico ha aiutato centinaia di bambini ex soldati a ritrovare una vita normale. Agli ex bambini soldato SOS fornisce in un primo momento generi di prima necessità come pasti caldi,medicinali e vestiti.
Successivamente i bambini entrano in centri psico-sociali SOS dove sono seguiti da equipe specializzate che li riabituano alla pace, al quotidiano, alla vita in società e da loro la possibilità di fidarsi nuovamente di qualcuno.
In un ambiente protetto e sereno gli operatori e gli psicologi di SOS si prendono cura di loro, insegnano a riacquisire fiducia nelle persone e nei coetanei. Molti di questi bambini e ragazzi una volta allontanati dalle armi, si trovano soli perché le stesse famiglie, quando esistono, li hanno rinnegati e rifiutati. Il ricongiungimento con la famiglia di origine è una delle cose più difficili ed è possibile in un’ ultima fase.
Martedì, 9 Gennaio, 2007 - 14:08

Gli sprechi e il debito "pubblico"

dal sito:
www.francarame.it

Dati di un precedente studio sugli sprechi dello Stato:

I dati che seguono li ho rilevati dalla stampa: La Repubblica, L’Unità, Europeo, Panorama, L’espresso... e da vari libri, di S. Messina, G. Barbacetto, on. Raffaele Costa.
Costi di Montecitorio... detto anche Bengodi!
In un anno (1991) sono stati spesi: 23 miliardi di carta… hanno disboscato l’Amazzonia.
4 miliardi, spuntini e pranzi!
8 miliardi, posta e telefono!
Viaggi deputati: 10 miliardi!...
Riscaldamento: più di 7 miliardi!… Che a Roma, tutti lo sanno, il clima è mite... nei grandi alberghi non c'è quasi mai riscaldamento... non serve! A Montecitorio, un caldo! Tutti nudi!
Trasloco e facchinaggio: oltre 2 miliardi!...
Dentro a Montecitorio eh! Da una stanza all'altra. Cambian Partito... si portan via la scrivania.
9 miliardi: servizio pulizia, lavanderia... e disinfestazione!
Che non serve... la disinfestazione... Non serve... Son tutti lì!
600 milioni di carta igienica!...
Un milione e 643 mila lire al giorno di carta igienica! Bisogna riconoscere che i nostri parlamentari mangian tanto... ma funzionano d'intestino che è un piacere!
A Palazzo Madama la musica non era diversa.
Pomicino... il Cirino… quello del Mastella.
Raffaele Costa racconta che quando era ministro del Bilancio ha stanziato contributi vari, per miliardi… Vi citerò i più stravaganti: tra i più fortunati, i cani: 2 miliardi per l'acquisto di collari per cani... ma i di cani chi? Contributi a 65 monsignori, 30 curie vescovili e 16 ordinari diocesani, affinché possano costruire chiese, abbazie e santuari.
Contributo... - ci deve essere una storia d'amore e abbandono, dietro... - contributo alla "Casa secolare delle zitelle di Udine"!
Contributi all'associazione che cura i rapporti culturali tra Trieste e la Mongolia!
Questi non ricordo da chi siano stati elargiti… (fonte sempre Raffaele Costa) 30 miliardi per il progetto "Leopardi nel mondo"…
Il poeta o i felini?
Abbiamo a Roma due bei palazzotti dove ha sede l'Ispettorato Gestione Enti Disciolti. Pensavo a un refuso. No, proprio disciolti!
In Italia avevamo a quel tempo..., indagherò su oggi, 50.000 enti di cui 634 decretati inutili, ufficialmente disciolti ma in realtà ancora esistenti.
300 impiegati, costo annuo di soli stipendi: 12 miliardi.
Ve ne indico qualcuno di questi Enti: la G.I.L. Gioventù Italiana del
Littorio... L'Ente Tre Venezie che si occupava, ancora, dei beni degli altoatesini che nel '44 optarono per il Terzo Reich... Che son tutti morti gli altoatesini, ma l'Ente è lì!!
L'Ente Orfani di Guerra...
E per finire l'Ente per la distribuzione dei medicinali offertici dagli
americani alla fine della guerra del '45... che se mandi giù un cachet... TAK morto secco!
Negli anni successivi, con la sinistra al governo, checché dica Berlusconi, il debito pubblico è stato ridotto… oggi, pare stia scoppiando.

A questo link: http://www.francarame.it/files/ddl_rame.pdf
potete accedere al testo del disegno di legge contro gli sprechi, presentato dalla Senatrice Franca Rame.

Ricordo anche che è prevista una mobilitazione e un'iniziativa comune, riunione, per approntare le linee di intervento per una campagna collettiva, universale, che abbia conseguenze propositive e che possa creare una nuova consapevolezza della necessità di porre fine aun'irrazionale gestione del patrimonio pubblico, con venature di clientelismo. Questa non è un atteggiamento e una pratica democratica, ma ne attenta le fondamenta.

Lunedì, 8 Gennaio, 2007 - 13:07

Il volo delle lobby delle armi

finanziaria.jpg

Luciano Bertozzi
http://www.nigrizia.it/doc.asp?id=9047&IDCategoria=127

Una legge Finanziaria 2007 positiva per l’industria militare. Saranno
utilizzati anche i soldi del Tfr per finanziare la Difesa.

E’ stato costituito un apposito Fondo per le esigenze di investimento
per
la difesa, nell’ambito del ministero della difesa, con uno stanziamento
di
1.700 milioni di euro per il 2007, di 1.550 per il 2008 e di 1.200
milioni
per il 2009. Il Fondo realizzerà programmi di investimento pluriennali
per
la difesa nazionale, per un totale di 4.450 milioni nel triennio
2007-2009. Dal 2010 ulteriori stanziamenti saranno stabiliti dalle
successive leggi finanziarie.

Sempre nell’ambito del predetto Ministero è stato introdotto un Fondo
per
esigenze di mantenimento della difesa, con la dotazione di 350 milioni
di
euro nel 2007 e 450 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009, per un
totale di 1.250 milioni nel triennio 2007-2009. In particolare il Fondo
finanzierà interventi di sostituzione,ripristino, manutenzione
ordinaria e
straordinaria di mezzi, materiali infrastrutture ed equipaggiamenti,
anche
in funzione delle operazioni internazionali di pace.

E’ previsto anche il rifinanziamento di investimenti nel settore
aerospaziale, elettronico e per la produzione del caccia Eurofighter,
da
realizzare in base ad una coproduzione fra aziende italiane, inglesi,
tedesche e spagnole. Per il biennio 2007-08 lo stanziamento è pari a
520
milioni di euro e di 310 milioni per gli anni successivi.
Nel disegno di legge è contenuto anche il fondo per le missioni
militari
all’estero con una dotazione di un miliardo per ciascuno degli anni
2007,
2008 e 2009.

Inoltre, una parte del trattamento di fine rapporto (tfr) che i
lavoratori
dipendenti delle aziende private con più di 49 addetti non destineranno
alla previdenza complementare sarà dirottato ad un nuovo fondo statale
che
finanzierà anche un Fondo per le spese di funzionamento della Difesa,
per
un ammontare di 160 milioni nel 2007, di 350 milioni nel 2008 e di 200
milioni nel 2009.
Anche lo stanziamento per le navi FREMM, non è stato toccato,
nonostante
si tratti di circa 2 miliardi di euro, scaglionati fra il 2007 ed il
2022.

E’ previsto anche un fondo di 25 milioni di euro per bonificare i
poligoni
militari e le navi, per la tutela del mare e del territorio ed un altro
fondo di 15 milioni per interventi sanitari a favore dei militari
italiani
all’estero e delle popolazioni civili dove sono presenti missioni
internazionali.
A fronte a tutti questi soldi per le armi non c’è nessuno stanziamento
per
la riconversione produttiva dal militare al civile; gli stanziamenti
per
la cooperazione allo sviluppo sono elevati a circa 650 milioni per
ciascuno degli anni 2007,2008 e 2009, misura peraltro insufficiente ed
il
Fondo per lo sminamento umanitario è stato di poco ridotto rispetto
alla
misura 2006 (circa 2,2 milioni di euro annui, dimezzato rispetto allo
stanziamento di qualche anno fa).Allo stesso modo l’Esecutivo non ha
tenuto fede agli impegni presi in sede di G-8 sul Fondo globale per la
lotta all’Aids, alla TBC ed alla malaria.

L’Esecutivo Prodi ha ceduto alla lobby delle armi ed ha autorizzato un
rilevante programma di investimenti. Anche se in parte, sono
rifinanziamenti di programmi già decisi in precedenza, tutto ciò appare
ancor più grave, ove si consideri che il Governo Berlusconi era stato
costretto ad operare, suo malgrado, delle riduzioni.

Il Governo si è mostrato poco sensibile alle richieste di parte del suo
elettorato e di decine di parlamentari della Maggioranza che hanno
chiesto
un drastico taglio delle spese militari, per dirottarle verso quelle
sociali, di aumentare i fondi della cooperazione e di stanziare risorse
per la riconversione produttiva verso il settore civile. Nel corso del
travagliato iter parlamentare la finanziaria, sugli investimenti
militari,
ha subito tagli minimi, mentre ad esempio sono stati ridotti i fondi
per
la ricerca e la scuola.
Allo stesso modo l’Esecutivo non ha ancora dato attuazione al programma
elettorale dell’Unione che ha previsto la diminuzione delle spese
militari.

---

Lunedì, 8 Gennaio, 2007 - 09:00

Ticket sanitari Regione Lombardia

Documento ralativo a Finanziaria 2007 e ticket sanitariRegione Lombardia

Sabato, 6 Gennaio, 2007 - 21:48

una lettera per riformare il regolamento edilizio

E' una lettera semplice ma diretta, puntuale, rigorosa nelle linee di progetto. E' la lettera del Presidente dell'associazione Officina dell'Ambiente inviata alla sindaca di Milano Letizia Moratti e che ha come intenzione quella di sollevare proposte che diano concretezza e applicazione al risparmio energetico, alla tutela delle risorse energetiche, allo sviluppo di sistemi di riscaldamento basati su fonti rinnovabili e naturali, sostenibili, al riaprmio generale di risorse, all'utilizzo di criteri di compatibilità nella costruzione ed edificazione di nuovi edifici, soprattutto diminuendo le emissioni che provengono dalle strutture, inquinanti l'atmosfera, l'aria.

Forse biusogna ascoltare per comprendere che altre vie devono e possono essere esperite per rendere questa città veramente nostra, veramente abitabile, vivibile, sostenibile, salubre, ecologica, umana.

Alessandro Rizzo
Capogruppo Lista uniti con Dario Fo per Milano
Consiglio di Zona 4 Milano

Al sig. Sindaco della città di Milano Letizia Moratti.

Egregio Sig. Sindaco

la Associazione Officina dell'Ambiente, attraverso la propria rivista on line ha dato un
contributo di idee e di proposte alla recente campagna elettorale per la città di Milano.

Noi abbiamo sostenuto con convinzione la candidatura del Suo antagonista ed ora a
risultato acquisito riteniamo importante sottoporre anche a Lei, Sig. Sindaco, alcune
delle proposte che da tanti mesi sono oggetto di approfondimenti e di contributi ospitati
nel nostro giornale, in tema di energia, nei suoi aspetti di uso razionale, efficienza e
risparmio energetico soprattutto sul lato della domanda.

Le principali proposte che portiamo alla Sua attenzione sono le seguenti:

1. Adottare un regolamento edilizio che faciliti e promuova
¨ l’efficienza energetica degli edifici e degli impianti;
¨ l’installazione di impianti basati sull’utilizzo di fonti energetiche
rinnovabili quali pannelli solari, impianti fotovoltaici, componenti
bioclimatiche,ecc.;
¨ l’utilizzo di accorgimenti costruttivi ad alta sostenibilità ambientale
riguardo a orientamento, isolamento termico ed acustico, illuminazione e
ventilazione naturale, recupero acque piovane;
2. Diffondere e favorire la certificazione energetica degli edifici.
3. Investire sul teleriscaldamento.
4. Creare centri per l’informazione e la consulenza finalizzata al
risparmio energetico.

Siamo a disposizione per qualsiasi ulteriore contributo si rendesse necessario
e seguiremo sempre con attenzione e passione tutti gli aspetti ambientali che
riguardano la nostra Città.

Buon lavoro a Lei , alla Giunta ed al Consiglio.

Milano 30 giugno 2006

Sergio Saladini - Presidente Associazione Officina dell'Ambiente
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