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.: Il Blog di Antonella Fachin
Giovedì, 26 Febbraio, 2009 - 13:18

La class action nei confronti della PA: le disposizioni approvate

Per opportuna informazione.
Cordiali saluti a tutti/e
Antonella Fachin

La class action nei confronti della PA: le disposizioni approvate dal Parlamento

Nella seduta del 25 febbraio il Senato ha approvato in via definitiva il disegno di legge 847-B, che contiene la delega al Governo per l’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico ("ddl Brunetta").
L’articolo 4 del testo approvato delega il Governo a prevedere mezzi di tutela giurisdizionale degli interessati nei confronti delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici, quando una pluralità di utenti o consumatori sia stata lesa da:
-          violazione di standard qualitativi ed economici o degli obblighi contenuti nelle Carte dei servizi;
- omesso esercizio dei poteri di vigilanza, di controllo o sanzionatori;
- violazione dei termini o mancata emanazione di atti amministrativi generali.
Riporto qui di seguito il testo dell’art. 4, comma 2, lettera l:
l) consentire a ogni interessato di agire in giudizio nei confronti delle amministrazioni, nonché dei concessionari di servizi pubblici, fatte salve le competenze degli organismi con funzioni di regolazione e controllo istituiti con legge dello Stato e preposti ai relativi settori, se dalla violazione di standard qualitativi ed economici o degli obblighi contenuti nelle Carte dei servizi, dall’omesso esercizio di poteri di vigilanza, di
controllo o sanzionatori, dalla violazione dei termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali derivi la lesione di interessi giuridicamente rilevanti per una pluralità di utenti o consumatori, nel rispetto dei seguenti criteri:
1) consentire la proposizione dell’azione anche ad associazioni o comitati a tutela degli interessi dei propri associati;
2) devolvere il giudizio alla giurisdizione esclusiva e di merito del giudice amministrativo;
3) prevedere come condizione di ammissibilità che il ricorso sia preceduto da una diffida all’amministrazione o al concessionario ad assumere, entro un termine fissato dai decreti legislativi, le iniziative utili alla soddisfazione degli interessati; in particolare, prevedere che, a seguito della diffida, si instauri un procedimento volto a responsabilizzare progressivamente il dirigente competente e, in relazione alla tipologia degli enti, l’organo di indirizzo, l’organo esecutivo o l’organo di vertice, a che le misure idonee siano assunte nel termine predetto;
4) prevedere che, all’esito del giudizio, il giudice ordini all’amministrazione o al concessionario di porre in essere le misure idonee a porre rimedio alle violazioni, alle omissioni o ai mancati adempimenti di cui all’alinea della presente lettera e, nei casi di perdurante inadempimento, disponga la nomina di un commissario, con esclusione del risarcimento del danno, per il quale resta ferma la disciplina vigente;
5) prevedere che la sentenza definitiva comporti l’obbligo di attivare le procedure relative all’accertamento di eventuali responsabilità disciplinari o dirigenziali;
6) prevedere forme di idonea pubblicità del procedimento giurisdizionale e della sua conclusione;
7) prevedere strumenti e procedure idonei ad evitare che l’azione di cui all’alinea della presente lettera nei confronti dei concessionari di servizi pubblici possa essere proposta o proseguita, nel caso in cui un’autorità indipendente o comunque un organismo con funzioni di vigilanza e controllo nel relativo settore abbia avviato sul medesimo oggetto il procedimento di propria competenza.
Caratteristiche dell'azione  
La legittimazione ad agire in giudizio spetta al singolo interessato nonché ad associazioni o comitati a tutela degli interessi dei propri associati.
Per essere ammissibile, il ricorso dovrà essere preceduto da una diffida all’amministrazione o al concessionario a provvedere alla soddisfazione degli interessati.
Il giudizio è affidato alla giurisdizione esclusiva e di merito del giudice amministrativo (il Tribunale Amministrativa Regionale “TAR”); in caso di accoglimento dell’istanza il giudice ordinerà all’amministrazione o al concessionario di rimediare alle violazioni riscontrate e, nei casi di perdurante inadempimento, potrà disporre la nomina di un commissario.
E’ espressamente escluso che il giudice possa condannare al risarcimento del danno.
Nei confronti dei concessionari di servizi pubblici l’azione non potrà essere proposta o proseguita nel caso in cui un’autorità indipendente o comunque un organismo con funzioni di vigilanza e controllo nel relativo settore abbia avviato sul medesimo oggetto il procedimento di propria competenza.

Mercoledì, 18 Febbraio, 2009 - 13:23

VERGOGNA ITALIANA! Il premier salvato dal lodo Alfano

VERGOGNA ITALIANA!

Il premier salvato dal lodo Alfano

di PIERO COLAPRICO

Da avvocato parlava con competenza di "equilibrismi" e "svicolare", ma alla fine quello che ha svicolato è stato l'altro. E come accade non di raro in ogni paese del mondo, il pesce piccolo è finito nella padella e il pesce grosso nuota forse non felice, ma di certo libero dalla rete.

David Donald Mills Mac Kenzie, avvocatone inglese, è stato condannato ieri per aver accettato una "regalia" in dollari e aver detto più d'una bugia ai magistrati italiani. Ma chi, stando alle accuse, e stando alla sentenza di primo grado emessa ieri, ne ha tratto i maggiori profitti e benefici, e cioè Silvio Berlusconi, si è dileguato negli abissi. Come non raramente gli è accaduto, negli ultimi quindici anni.

C'è una storia, è sempre la stessa storia, nessuno la narra più. Qualcuno ricorda Bettino Craxi, il suo amico ristoratore Giorgio Tradati e una sigla curiosa, All Iberian? In breve. Tradati, quando incontra suo malgrado i magistrati nel pieno di Mani Pulite, non può che confessare almeno un po' di quello che sa. è uno dei prestanome di Craxi e conferma che nel '91 (sì, sono storie di diciassette anni fa, il tempo passa senza essere raggiunto dalla verità) su un conto svizzero dell'allora segretario socialista affluiscono quindici miliardi di lire. Li manda una società con sede in un paradiso fiscale, la All Iberian. E, caso più unico che raro in Tangentopoli, su questa società poco dopo il conto craxiano rimanda indietro cinque miliardi. In quale modo fossero sbagliati i conti del dare o dell'avere, non si è mai saputo, c'è ancora chi se lo chiede.

Ma Silvio Berlusconi - qualcuno lo ricorderà - giura sulla testa dei suoi figli di non saperne niente. "Volete che con mio senso estetico potrei scegliere un nome così brutto?", ribatte ai cronisti in un corridoio del tribunale. Eppure, Craxi e Berlusconi finiscono nel processo chiamato, appunto, All Iberian: le rogatorie non consentono dubbi, quella società danarosa che dà soldi in nero ai politici fa parte del grappolo di ditte e conti bancari esteri del sistema-Berlusconi. Nel frattempo, il teste Omega, e cioè Stefania Ariosto, porta a Ilda Boccassini rivelazioni tali da consentire indagini dure, e il processo che porterà alla condanna in Cassazione di Cesare Previti, il braccio destro di Berlusconi negli affari giudiziari, e a scoprire un bel racket di giudici e avvocati per aggiustare le sentenze.
Il premier, che è e resta un combattente invidiabile, affronta però ogni tempesta. Spesso ribatte colpo su colpo. Appena può, abbandona nel mare agitato i perdenti e i perduti. Ma chissà come, tra i flutti, qualcuno dalla procura pesca quel pesciolino inglese. Che poi tanto pesciolino non è: è un signore elegante, giramondo, affabile, che ha sposato Tessa Yowell, allora ministro della Sanità governo Blair e ora (si sono separati) sottosegretario alle Olimpiadi di Londra 2012.

Il pesciolino, il 18 luglio 2004, dieci anni dopo l'addio alla toga di Antonio Di Pietro, viene convocato nella noiosa e triste procura milanese. Di fronte a lui un pm che suscita sentimenti negativi e positivi in egual misura, si chiama Fabio De Pasquale. Era stato lui a respingere la richiesta di libertà di Gabriele Cagliari, ex presidente Eni, trovato morto soffocato a San Vittore. Ma è lui che con caparbietà segue piste che altri evitano.

Mills, si sa, ha curato "situazioni" nei paradisi fiscali per il gruppo Mediaset e altri gruppi italiani. Un professionista di livello mondiale. Sbarca dall'aereo con sicumera e si siede davanti ai pm, in qualità di fondatore di una galassia di cifre e monete e sigle. Ci sta un'ora, due ore. Alla fine, dieci ore.

E, sorpresa, la sua corazza cede: "Io - dice in sostanza - durante l'inchiesta e il processo All Iberian non ho raccontato le vere titolarità dei conti". E siccome gli sono arrivati 600mila dollari, e deve spiegarli, aggiunge: "Quelle somme mi furono date da Carlo Bernasconi per conto di Silvio Berlusconi erano un regalo per gli equilibrismi che avrei dovuto fare per svicolare da alcune situazioni difficili che si erano venute a creare". Una contortamente perfetta frase da avvocato.

Bernasconi, nel frattempo, è morto. Ma sono vivi i fiscalisti inglesi ai quali Mills si è rivolto dicendo, più o meno, "sono in un guaio". Ha cercato di cambiare versione, ha mandato lettere su lettere - l'ultima nella scorsa udienza - coinvolto personaggi vari che però con All Iberian e dintorni non c'entrano nulla. I giudici, ricusati ma riaffermati, non gli hanno creduto. Ed è evidente che in quell'aula non credono nemmeno a Berlusconi: ma mentre Mills è condannato, l'altro fa la conta di quelli che lo difendono e naviga con il vento in poppa. Sempre più intoccabile grazie al lodo Alfano, irraggiungibile in virtù del tempo che prescrive sentenze e corrode tutti tranne lui, potentissimo per il combinato disposto della carica politica, dei suoi miliardi in euro, della sudditanza incondizionata di fans della strada e onorevoli del Palazzo, Berlusconi è davvero al di là delle angosce degli imputati mortali. E tale resterà.

(18 febbraio 2009http://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/politica/processo-mills/lodo-alfano-colaprico/lodo-alfano-colaprico.html
Domenica, 15 Febbraio, 2009 - 12:14

HUMOR: scene di lavoro

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“L’attribuzione, finalmente, di un significato concreto e incisivo al valore della meritocrazia, della quale è di moda oggi riempirsi la bocca, senza però che finora nel nostro Paese si sia fatto nulla di apprezzabile per promuoverla effettivamente.”
“Il superamento della divisione fra protetti e precari che contraddistingue oggi il nostro tessuto produttivo e che condanna gran parte delle nuove generazioni a una drammatica esclusione da standard elevati di sicurezza e qualità del lavoro.”
Queste due frasi sono tratte da una delle lettere che Pietro Ichino ha inviato al Ministero del Lavoro. Ne trovate una panoramica e link diretti su JobTalk.
Oggi la CGIL scende in piazza per protestare contro il governo, mentre una crisi senza precedenti strozza le aziende lasciando esanimi centinaia di migliaia di posti di lavoro. Su ogni piano del sistema si contano i morti: dai ricercatori agli operai, dagli ingegneri agli insegnanti, questa crisi non fa prigionieri.
Facciamoci due conti: cosa accade se il posto lo perde qualcuno a contratto a tempo indeterminato? Beh, come minimo scatta una liquidazione, ci sono contributi versati che contribuiscono, appunto, alla realizzazione di una pensione per una terza età che si prospetta sempre più lunga.
A volte, quando proprio si deve trovare un accordo con il lavoratore, si elargisce un anno se non due di stipendio in più pur di trovare un compromesso amichevole. Spesso, lo stesso lavoratore (ne sono stato testimone) viene poi riassorbito dall’azienda ma come precario: questo perché un contratto a progetto toglie parecchie castagne dal fuoco delle responsabilità di un datore di lavoro.
Cosa accade invece se è un precario a perdere il posto? Niente. Basta che scada il contratto e che non ci sia rinnovo (figuriamoci, non è che debba essere obbligatorio) che il nostro precario si ritrova senza lavoro, senza buona uscita, senza ammortizzatori sociali di qualsiasi genere: insomma si ritrova nella merda.
E questo non può continuare perché in un periodo in cui la disoccupazione cresce a ritmi sostenuti, presto o tardi lo stato si ritroverà a dover disinnescare la bomba del malcontento che tende già drammaticamente a perdere i canoni di civiltà. Ne sono un esempio le manganellate rifilate agli operai che occuparono l’autostrada pochi giorni fa.
Capitolo due: meritocrazia.
Qui c’è poco da dire: in Italia, di norma, il lavoro non se lo merita chi merita, ma chi conosce, chi paga, chi unge, chi lecca il culo, chi è politicamente coperto.
A questo proposito, poche sere fa ho avuto il piacere di partecipare a una cena del PD, organizzata dal comitato che durante le elezioni rispondeva alle lettere degli elettori.
Ero partito in tromba pronto a fare un comizio antipolitico contro questo partito alla sfascio, contro la Binetti, Rutelli & Co.Mi ritrovo una serena comitiva di persone di ogni età sorridente e spensierata. C’era anche un parlamentare di cui non ricordo il nome, ma era giovane. In quel momento ho capito quanto fosse stato fortunato a essere eletto nel PD ma con un governo Berlusconi: avrà al 100% la pensione che si deve ai parlamentari. Se avesse vinto il centro-sinistra, il governo sarebbe durato meno di cento giorni e addio pensione.
Insomma, sto lì seduto a mangiarmi la pizza e mi metto a parlare con una signora sulla sessantina. Lei lavora in provincia.
Mi dice: “Prima ero al comune, ma con Alemanno non sono voluta restare, così ho ottenuto il trasferimento”.
Le ho chiesto: “Scusi, ma le che lavoro fa in provincia?”
E lei: “Mah, mando qualche lettera, ricordo ai consiglieri quello che devono fare. Ma non sempre. Insomma, non c’è molto da fare, ma come sai i consiglieri hanno diritto ad avere delle persone con loro. Così ho un lavoro”.
Immaginate la mia espressione: non ho vomitato solo perché amo troppo mangiare.
Nel contempo molti miei amici perdono il posto, nonostante la laurea, nonostante il master: nonostante tutto. E in giro ci sono questi personaggi (non oso pensare quanti possano essere), che non sanno fare un cazzo, non hanno una specializzazione, ma che, per grazia ricevuta dalla politica occupano una poltrona, una scrivania e soprattutto uno stipendio. Che cazzo di paese. - Arnald

Martedì, 10 Febbraio, 2009 - 13:01

appello: ROMPIAMO IL SILENZIO

Vi invito a sottoscrivere l'appello lanciato dall'associazione Libertà e Giustizia e qui sotto riportato.
Cari saluti
Antonella Fachin
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Rompiamo il silenzio

"Il cammino della democrazia non è un cammino facile. Per questo bisogna essere continuamente vigilanti, non rassegnarsi al peggio, ma neppure abbandonarsi ad una tranquilla fiducia nelle sorti fatalmente progressive dell'umanità… La differenza tra la mia generazione e quella dei nostri padri è che loro erano democratici ottimisti. Noi siamo, dobbiamo essere, democratici sempre in allarme".
Norberto Bobbio
Rompiamo il silenzio Mai come ora è giustificato l'allarme. Assistiamo a segni inequivocabili di disfacimento sociale: perdita di senso civico, corruzione pubblica e privata, disprezzo della legalità e dell'uguaglianza, impunità per i forti e costrizione per i deboli, libertà come privilegi e non come diritti. Quando i legami sociali sono messi a rischio, non stupiscono le idee secessioniste, le pulsioni razziste e xenofobe, la volgarità, l'arroganza e la violenza nei rapporti tra gli individui e i gruppi. Preoccupa soprattutto l'accettazione passiva che penetra nella cultura. Una nuova incipiente legittimità è all'opera per avvilire quella costituzionale. Non sono difetti o deviazioni occasionali, ma segni premonitori su cui si cerca di stendere un velo di silenzio, un velo che forse un giorno sarà sollevato e mostrerà che cosa nasconde, ma sarà troppo tardi.
Non vedere è non voler vedere. Non conosciamo gli esiti, ma avvertiamo che la democrazia è in bilico.
Pochi Paesi al mondo affrontano l'attuale crisi economica e sociale in un decadimento etico e istituzionale così esteso e avanzato, con regole deboli e contestate, punti di riferimento comuni cancellati e gruppi dirigenti inadeguati. La democrazia non si è mai giovata di crisi come quella attuale. Questa può sì essere occasione di riflessione e rinnovamento, ma può anche essere facilmente il terreno di coltura della demagogia, ciò da cui il nostro Paese, particolarmente, non è immune.
La demagogia è il rovesciamento del rapporto democratico tra governanti e governati. La sua massima è: il potere scende dall'alto e il consenso si fa salire dal basso. ll primo suo segnale è la caduta di rappresentatività del Parlamento. Regole elettorali artificiose, pensate più nell'interesse dei partiti che dei cittadini, l'assenza di strumenti di scelta delle candidature (elezioni primarie) e dei candidati (preferenze) capovolgono la rappresentanza. L'investitura da parte di monarchie o oligarchie di partito si mette al posto dell'elezione. La selezione della classe politica diventa una cooptazione chiusa. L'esautoramento del Parlamento da parte del governo, dove siedono monarchi e oligarchi di partito, è una conseguenza, di cui i decreti-legge e le questioni di fiducia a ripetizione sono a loro volta conseguenza.
La separazione dei poteri è fondamento di ogni regime che teme il dispotismo, ma la demagogia le è nemica, perché per essa il potere deve scorrere senza limiti dall'alto al basso. Così, l'autonomia della funzione giudiziaria è minacciata; così il presidenzialismo all'italiana, cioè senza contrappesi e controlli, è oggetto di desiderio.
Ci sono però altre separazioni, anche più importanti, che sono travolte: tra politica, economia, cultura, e informazione; tra pubblico e privato; tra Stato e Chiesa. L'intreccio tra questi fattori della vita collettiva, da cui nascono collusioni e concentrazioni di potere, spesso invisibili e sempre inconfessabili, è la vera, grande anomalia del nostro Paese. Economia, politica, informazione, cultura, religione si alimentano reciprocamente: crescono, si compromettono e si corrompono l'una con l'altra. I grandi temi delle incompatibilità, dei conflitti d'interesse, dell'etica pubblica, della laicità riguardano queste separazioni di potere e sono tanto meno presenti nell'agenda politica quanto più se ne parla a vanvera.
Soprattutto, il risultato che ci sta dinnanzi spaventoso è un regime chiuso di oligarchie rapaci, che succhia dall'alto, impone disuguaglianza, vuole avere a che fare con clienti-consumatori ignari o imboniti, respinge chi, per difendere la propria dignità, non vuole asservirsi, mortifica le energie fresche e allontana i migliori. È materia di giustizia, ma anche di declino del nostro Paese, tutto intero.
Guardiamo la realtà, per quanto preoccupante sia. Rivendichiamo i nostri diritti di cittadini. Consideriamo ogni giorno un punto d'inizio, invece che un punto d'arrivo. Cioè: sconfiggiamo la rassegnazione e cerchiamo di dare esiti allo sdegno.
* * *
Che cosa possiamo fare dunque noi, soci e amici di Libertà e Giustizia? Possiamo far crescere le nostre forze per unirle alle intelligenze, alle culture e alle energie di coloro che rendono vivo il nostro Paese e, per amor di sé e dei propri figli, non si rassegnano al suo declino. Con questi obiettivi primari.
Innanzitutto, contrastare le proposte di stravolgimento della Costituzione, come il presidenzialismo e l'attrazione della giurisdizione nella sfera d'influenza dell'esecutivo. Nelle condizioni politiche attuali del nostro Paese, esse sarebbero non strumenti di efficienza della democrazia ma espressione e consolidamento di oligarchie demagogiche.
Difendere la legalità contro il lassismo e la corruzione, chiedendo ai partiti che aspirano a rappresentarci di non tollerare al proprio interno faccendieri e corrotti, ancorché portatori di voti. Non usare le candidature nelle elezioni come risorse improprie per risolvere problemi interni, per ripescare personaggi, per pagare conti, per cedere a ricatti. Promuovere, anche così, l'obbligatorio ricambio della classe dirigente.
Non lasciar morire il tema delle incompatibilità e dei conflitti d'interesse, un tema cruciale, che non si può ridurre ad argomento della polemica politica contingente, un tema che destra e sinistra hanno lasciato cadere. Riaffermare la linea di confine, cioè la laicità senza aggettivi, nel rapporto tra lo Stato e la Chiesa cattolica, indipendenti e sovrani "ciascuno nel proprio ordine", non appartenendo la legislazione civile, se non negli stati teocratici, all'ordine della Chiesa.
Promuovere la cultura politica, il pensiero critico, una rete di relazioni tra persone ugualmente interessate alla convivenza civile e all'attività politica, nel segno dei valori costituzionali.
Sono obiettivi ambiziosi ma non irrealistici se la voce collettiva di Libertà e Giustizia potrà pesare e farsi ascoltare. Per questo chiediamo la tua adesione.
Primi firmatari:
Gustavo Zagrebelsky
Gae Aulenti
Giovanni Bachelet
Sandra Bonsanti
Umberto Eco
Giunio Luzzatto

Claudio Magris
Simona Peverelli
Guido Rossi
Elisabetta Rubini
Salvatore Veca
Lunedì, 2 Febbraio, 2009 - 15:06

Medici Senza Frontiere: Appello contro segnalazione clandestini

Appello contro segnalazione clandestini

Un invito a tutti i medici affinché sottoscrivano l'appello 'non siamo spie', contro l'emendamento della Lega nord al Pacchetto sicurezza che elimina il principio di non segnalazione per gli operatori sanitari che assistono immigrati clandestini.

A rivolgerlo a tutti i camici bianchi della Penisola è la Fp Cgil medici, che invita a firmare l'appello lanciato da Medici Senza Frontiere, Associazione studi giuridici sull'immigrazione, Società italiana di medicina delle migrazioni e Osservatorio italiano sulla salute globale sul sito  www.divietodisegnalazione.medicisenzafrontiere.it e a partecipare alla fiaccolata della società civile in programma il 2 febbraio, davanti a Montecitorio.

"La cura degli immigrati clandestini - scrive la Fp Cgil medici in una nota - è incompatibile con la delazione che potrebbe essere introdotta da un emendamento al Pacchetto sicurezza, in discussione in Aula la prossima settimana al Senato. In sostanza il medico prima dovrebbe curare il clandestino malato e poi denunciarlo alla polizia per l'espulsione. Basterebbe un po' di buon senso per capire che i clandestini sarebbero costretti a non curarsi alla luce del sole, a danno della loro salute e di quella di tutti i cittadini, per eventuali malattie contagiose non trattate. Eppure il ministro della Salute, Maurizio Sacconi, ha già affermato, insieme al collega dell'Interno Roberto Maroni, la sua condivisione" della norma. 

Segnalare è contro la deontologia

"Un provvedimento contro la deontologia medica, l'umana pietas e l'interesse della collettività". Così il senatore Ignazio Marino (Pd), presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sul Ssn, boccia l'emendamento del Governo al cosiddetto pacchetto sicurezza, volto a cancellare il principio di non segnalazione degli immigrati irregolari alle autorità da parte dei sanitari. Marino aderisce all'appello lanciato, tra gli altri, da Medici senza frontiere che, in vista della discussione del provvedimento in Aula al Senato il 3 febbraio, nel pomeriggio di lunedì prossimo ha organizzato anche una fiaccolata davanti a Montecitorio. "Io ci sarò - annuncia Marino - per dire con forza che, oltre a non incidere sul fenomeno dell'immigrazione clandestina, costringerci alla delazione ha tre fondamentali ricadute: sui medici, perché stravolge il giuramento d'Ippocrate e impone loro di derogare al principio di umanità che anima chi svolge con coscienza questa professione; sui migranti irregolari, perché li costringe a cercare percorsi di cura anch'essi irregolari oppure li porta a non curarsi affatto; sulla collettività, perché va da sé che se si è portati a trascurare malattie contagiose come la tubercolosi, l'epidemia non può che dilagare, con gli immaginabili enormi costi sociali ed economici. Quando mi sono iscritto alla facoltà di medicina - conclude il senatore del Pd - pensavo a una professione che potesse aiutare gli altri nel momento della sofferenza. Non avrei mai creduto che tra i miei compiti ci potesse essere anche quello di fare il delatore".

Fiaccolata contro segnalazione clandestini

Fiaccole accese nonostante il vento, e fischietti tra le labbra in segno di protesta. E' appena iniziata davanti a Montecitorio la fiaccolata organizzata da un gruppo di associazioni umanitarie, capitanate da Medici senza frontiere (Msf), contro l'emendamento della Lega Nord al pacchetto sicurezza che elimina il principio di non segnalazione alle autorità per i clandestini che si rivolgono a una struttura sanitaria.
L'emendamento contro il quale protestano le associazioni approderà domani all'esame dell'aula di Palazzo Madama. "Ai senatori - spiega Kostas Moschochoritis, direttore generale di Msf Italia - chiediamo di dire no a un provvedimento che creerebbe paura ed ostilità, con conseguenze sulla salute degli immigrati e degli stessi italiani.
La diffidenza - riconosce - c'è già e peggiorerebbe con la paura dei clandestini di essere denunciati". A protestare davanti alla Camera dei deputati un centinaio di persone, immigrati ma soprattutto italiani. Tra questi tanti giovani medici di Msf, ma anche volontari di Asgi (Associazione studi giuridici sull'immigrazione), Simm (Società italiana di medicina delle migrazioni) e Oisg (Osservatorio italiano sulla salute globale).
Per tutti una maglietta con su scritto 'Siamo medici e infermieri non siamo spie'.
Lunedì, 2 Febbraio, 2009 - 15:00

Sentenza corretta su caso Englaro

Sentenza corretta su caso Englaro

E' quanto si legge nella relazione del presidente della Corte d'Appello del capoluogo lombardo

La Corte d'Appello di Milano, nel decidere sul cosiddetto caso Englaro "non ha invaso territori altrui".
E' quanto si legge nella relazione del presidente della Corte d'Appello del capoluogo lombardo, Giuseppe Grechi, in occasione dell'inaugurazione dell'Anno giudiziario milanese. "Qui dobbiamo solo ribadire - scrive il magistrato - che in uno Stato di diritto il giudice non può rifiutare una risposta, per quanto nuova o difficile sia la domanda di giustizia che gli viene rivolta e che, per altro verso, nel cercare la risposta, deve mantenere un atteggiamento di genuina umiltà e un costante ancoraggio ai principi della Costituzione". Costituzione che "è fondata sulla separazione dei poteri per cui un potere non può interferire in un altro" e, ricorda Grechi, "né il potere esecutivo né quello legislativo possono porre nel nulla le sentenze definitive".
Nei mesi scorsi la Corte d'Appello di Milano aveva decretato che il padre di Eluana può chiedere la sospensione delle cure che tengono in vita la figlia. E i "provvedimenti - dice ancora Grechi - non si giudicano, si impugnano".

Nella sua relazione Grechi ha ricordato poi come la Corte Costituzionale, la Corte di Cassazione e la Corte europea dei diritti dell'uomo "hanno già confermato la correttezza dell'operato" dei magistrati milanesi nella vicenda Englaro.

Sabato, 31 Gennaio, 2009 - 15:46

crisi economica e aiuti di stato

In questo momento di crisi, io mi sento di stigmatizzare il comportamento delle case automobilistiche, che agiscono senza senso di responsabilità sociale e senza etica: quando vendevano auto “a go-go” si sono tenute tutti i profitti senza investire seriamente in innovazione, risparmio energetico, riduzione impatto ambientale, auto ecologica ecc.
Ora, approfittano della crisi per esternalizzare –come sempre- i loro costi, e la parte pubblica glielo permette!!!
W, W il libero mercato,,, W, W l'assenza di scrupoli!!!

Ma le famiglie non fanno così!!!
Le persone, la gente comune, le famiglie nei momenti di crisi risparmiano e non si liberano dei componenti più deboli della famiglia!!! (Se abbandonassero il loro cane li denunceremmo!!!.. per non parlare dei figli!!!). Se necessario, aprono il salvadanaio e usano BENE quei soldi, frutto dell’impegno di molti.
Le imprese invece che fanno? Hanno un capitale sociale che non intaccano mai, neppure dei momenti di crisi, e subito buttano a mare i lavoratori come zavorra inutile…. Ma come?!?!? Proprio ora che i lavoratori non sono più considerati persone (personale) ma "RISORSE"!!! e come mai uno si libera delle sue risorse invece di conservarsele come un bene prezioso, il vero valore aggiunto della sua impresa che gli consentirà di dare un contributo fattivo al superamento della crisi?!?!
Oggi più che mai gli imprenditori devono sentire e agire coerentemente con la loro responsabilità sociale, dato che producono beni e servizi da cui traggono ricavi e utili con il lavoro di persone che, grazie al loro impegno sul lavoro, possono avere un reddito –più o meno dignitoso- con cui vivere.
Le imprese non dovrebbero tagliare posti di lavoro -distruggendo così la dignità e la serenità di centinaia di migliaia di famiglie- solo per "ridurre i costi" e/o "aumentare i profitti”, come ha dichiarato il colosso METRO alcuni giorni fa (più profitti con un taglio di 16.000 posti di lavoro).
NO!
Nei momenti di crisi dobbiamo cercare di farcela tutti assieme: le imprese rinunciando un po' ai profitti, ma sapendo che in questo modo svolgono in concreto il loro ruolo sociale e i lavoratori continuando a prestare la loro opera, le loro capacità e le loro competenze per contribuire a uscire dalla crisi.

Molte case automobilistiche hanno adottato codici etici di comportamento, pubblicano il bilancio sociale ma come riscono a conciliare i valori che professano con i comportamenti che tengono? 

Parlare di sovvenzioni, di defiscalizzazioni, di aiuti alle imprese mi preoccupa, perché  mi sembra che si reiteri il solito rito dell’esternalizzazione dei costi sulla collettività senza nulla in cambio in favore della collettività.
Del resto perché mai dovrei comprare un’auto euro 4 con le agevolazioni se nel 2011 entrerà in vigore l’euro 5?!?! .. e se nelle città l’accesso alle auto diventa sempre più difficile (giustamente ora si discute dell’inquinamento in termini assoluti di un SUV euro 4 rispetto a una panda euro 1).

Perché mai le case automobilistiche –in uno stato di apparente non belligeranza concorrenziale (non voglio parlare di intesa, tacito accordo, cartello o quant’altro)- cercano di vivere di rendita e di raschiare il barile di prodotti concettualmente vecchi e inquinanti (facendo pochi ritocchi di mero restyling alle vetture e utilizzando sempre il vecchio processo meccanico del motore a scoppio/motore diesel e combustibili derivati dal petrolio, che è peraltro una risorsa naturale finita di cui fare buon uso) invece di fare vera innovazione e non meri prototipi per i vari saloni internaaionali?!? E' solo fumo negli occhi!

Tutto ciò nonostante le gravi conseguenze sulla salute dei gas di scarico dei veicoli (benzene, PM10, PM2,5, elevata emissione di NOx dei motori diesel  ecc.). Purtroppo anche in questo caso gli “effetti collaterali dannosi” di questi prodotti (gli autoveicoli e i loro carburanti) vengono “scaricati” sulla collettività (malattie + assenze sul lavoro+ricoveri ospedalieri+ invalidità e morti).

Quindi, cosa può fare la parte pubblica in questa situazione di crisi? Dare aiuti? Sì, ma è importante valutare COME dare gli aiuti alle imprese.
Gli aiuti non dovrebbero essere dati “a pioggia” per vendere prodotti già “vecchi” e per tirare avanti con questo sistema industriale ambientalmente insostenibile: per questo basterebbe che le case automobilistiche abbassassero i loro prezzi, che la filiera riducesse i propri rincari sul prezzo base (minori ricavi, ma più vendite!!! È una legge di mercato: o no?!?!).
Gli aiuti della collettività dovrebbero essere dati alle imprese che abbiano voglia di mettersi in gioco, a fronte di progetti concreti innovativi… proprio come Obama ha dichiarato di voler fare (speriamo!).
Inoltre sarebbe interessante dare una occhiata attenta ai bilanci e ai conti delle case automobilistiche per scoprire –forse- i tanti sprechi, le tante incoerenze, le tante spese di comunicazione e di rappresentanza, se non addirittura le tante liberalità ecc. che non vengono tagliati, pur essendo dei costi, mentre è assurdamente più facile tagliare posti di lavoro –togliere il lavoro a delle persone che di quel lavoro vivono- come fossero birilli da buttare giù.
E’ più facile licenziare persone che riorganizzare la struttura aziendale, razionalizzare i processi decisionali, chiedere ai manager superpagati di dare conto non solo delle loro azioni, ma anche e soprattutto delle loro INERZIE.

In USA, dove questi controlli si fanno (E IN ITALIA?!?) ne hanno scoperto delle belle!
Ebbene, come le banche prima di dare un prestito o un finanziamento vogliono verificare come viene gestita una azienda così, se fossi lo Stato, prima di concedere denaro pubblico verificherei come le aziende sono gestite, per evitare che il denaro venga dato a chi “ha le mani bucate” e non ne farebbe un uso personale "improprio" e non un buon uso nell'interesse del sistema paese.

Cordiali saluti a tutte/i
Antonella Fachin
Consigliere di Zona 3
Capogruppo Uniti con Dario Fo per Milano
PS: ecco cosa ne pensa Arnald

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E così cari precari ci siamo.
Presto, il nostro amico Marchionne otterrà i famosi aiuti per l’auto.
Ora, se non fosse che tutti noi abbiamo a cuore il futuro degli operai italiani, verrebbe voglia di dire: “Compratevi un’auto francese, tedesca, marziana al limite. Ma non una del gruppo torinese”.Perché? Beh, principalmente perché sono decenni che lo Stato italiano elargisce denaro e aiuti a questi signori che però, invece di restituire almeno in parte il maltolto, si tengono tutto e hanno anche la faccia tosta di tornare a questuare.
In un altro paese Marchionne e compagnia bella sarebbero falliti da tempo e se è vero che questa crisi condanna tanti altri produttori di automobili, è anche vero che la Fiat ha una crisi ogni dieci (o meno?) anni.
C’è da dire che mentre Obama (anche se in condizioni di partenza diverse, lo ammetto) spinge i produttori verso l’eco-sostenibile, l’ibrido ecc., da noi si decide di dare incentivi per comprare anche auto già “condannate” dai nuovi canoni sulle emissioni emanati da Bruxelles, fregandocene quindi delle conseguenze gravose che ricadranno, tanto per fare una cosa nuova, sui consumatori: perché alla fine sopra di noi si può passare sempre impunemente.In ultimo, pur di vendere quattro macchine in più, la trovata più divertente: dare uno speciale incentivo a chi l’auto ancora non ce l’ha. In quel caso questi signori (me compreso) dovrebbero andare a rottamare il proprio conto in banca perché lo Stato gli farà risparmiare una somma vicino ai 1.500 euro per l’acquisto di una scatola in cui chiudersi per tre ore al giorno nel traffico.
Così, visto che le nostre città sono già coperte di lamiere su ruote che da ferme invadono le strisce pedonali, i marciapiedi e le terze file, e che in movimento congestionano completamente le strade, condannando chi vuole usare un mezzo pubblico a una vita di merda, si pensa bene di aggravare la situazione.Perché mai ai nostri saggi governanti non viene in mente che potremmo riconvertire le esigenze e i piani di business in appalti per la costruzione di mezzi pubblici e infrastrutture che, oltre a creare più posti di lavoro, renderebbero migliore la nostra vita e la nostra salute?
Amici miei, qui non si sta lavorando per il bene comune. Né si sta progettando qualcosa per far uscire dalla crisi le famiglie, i cittadini e i lavoratori senza un futuro. Qui si tratta di mettere una pezza alle ansie dei grandi miliardari e costruttori, in barba alla piccola impresa (che occupa ben più di 60.000 posti) e di permettere a signori che guadagnano almeno venti o trentamila euro al mese di mantenere il loro intoccabile stile di vita. E se questi soldi vi sembrano pochi, ricordate che la maggior parte di voi per guadagnare una cifra del genere ci mette quasi due anni se non tre.
Dunque, per tutti noi inferiori (di fantozziana memoria) c’è pronta una bella missione: comprare una nuova (nata vecchia) Fiat, affinché il suo consiglio d’amministrazione possa continuare a girare in Ferrari. - Arnald

Lunedì, 26 Gennaio, 2009 - 15:33

HUMOR: crisi economica

Mer 21 Gen 2009
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Ciao a tutti flessibili e precari.
Obama è entrato ufficialmente alla Casa Bianca e il suo discorso di insediamento parla chiaro: è l’ora della responsabilità. Responsabilità condivise per il fallimento degli ultimi dieci anni di politica economica, sociale e bellica.
Di altro tono le dichiarazioni dei nostri saggi che ci hanno spiegato come perdere due punti di Pil non sia poi la fine del mondo. Significa solo tornare indietro di un paio d’anni. Non significa per loro, perdita di posti di lavoro, denaro e progetti di tanti che saranno costretti a ripartire, se tutto va bene, da zero. A me viene anche il sospetto che due anni fa le finanze di Berlusconi stessero meglio di oggi, ma non oso indagare per non finire nel solito cerchio dell’anti-berlusconismo.
Senza contare che a fronte di queste dichiarazioni non c’è mica un’opposizione capace di rispondere.
Al massimo c’è il solito poverto Veltroni che dice: “Il premier non sa cosa dice”. E invece secondo me lo sa benissimo, è questo il problema.
Comunque, speriamo che negli States qualcosa cambi sul serio, non fosse altro perché l’ondata riformista potrebbe arrivare anche sulle coste di questa Europa spezzettata e unita solo dal carovita e dai licenziamenti. Speriamo soprattutto che gli ci si metta finalmente in testa di cambiare stile di vita e di pensiero. Che si cominci col rimboccarsi le maniche prima di tirare la cinghia. Che partano progetti che non siano dedicati alle tasche dei soliti industriali del cazzo, ma che creino infrastrutture di uso comune e condiviso. Speriamo che si riparta dall’istruzione, dalla ricerca, dal made in italy e dal turismo, nostre vere e uniche risorse.
Cultura e istruzione amici miei, perché io a vedere che ai provini del Grande Fratello mi sono quasi pisciato sotto dalle risate nello scoprire l’imbarazzo dei candidati alla domanda: “Il tuo tallone d’Achille?” Ma poi, ripensandoci un po’, mi sono sentito offeso da tanta traboccante ignoranza.
Lo avrebbe saputo pure un immigrato senza istruzione cos’è un tallone d’Achille e senza dover essere passato per la Grecia. - Arnald
Lunedì, 19 Gennaio, 2009 - 13:05

di nuovo sui nostri balconi le bandiere della pace!

Tutti noi stiamo vedendo cosa succede a GAZA: migliaia di feriti e di morti tra il popolo palestinese, anche tra donne e bambini.

STOP alla guerra!

Perchè non tiriamo fuori ed esponiamo alle finestre le nostre vecchie bandiere della pace?

All'epoca della guerra "imbroglio" contro le armi di distruzione di massa immaginate in Iraq,  le nostre bandiere arcobaleno non hanno ovviamente evitato il conflitto, ma sono state il segno palpabile di una visione alternativa dei rapporti tra i popoli, anche prescindendo dai giudizi di  merito.
Sono cresciute piano piano, hanno fatto fiorire di colori le nostre città, hanno detto in silenzio che larga parte degli italiani, poco sensibile alla propaganda guerrafondaia, era disposta invece  a schierarsi per la pace.
Oggi, di fronte a questa strage immane di innocenti e alle tragiche immagini  dei bambini massacrati a Gaza, il silenzioso messaggio di queste bandiere, molto più del clamore delle manifestazioni, può essere il modo rispettoso di commemorare ed onorare quei morti.
Esponiamole tutti.
Facciamo rifiorire l'arcobaleno simbolo di pace nelle nostre città.
Se riusciamo a dare la massima diffusione a questo appello, possiamo riuscirci.
OGNUNO FACCIA LA SUA PARTE!

Cari saluti a tutti/e
Il collettivo "lavoriamo insieme per l'unità della sinistra - zona tre – Milano”, composto da compagni/e di PRC, PdCI, SD, VERDI, LISTA FO e non iscritti/e a partiti.  

Sabato, 17 Gennaio, 2009 - 00:03

HUMOR: Social crack....pardon! social card

Social crack.

Posted by Arnald under Diversamente occupati
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Ciao a tutti flessibili e precari,
ieri su Repubblica campeggiava una notizia “non notizia”, nel senso che era più che prevedibile: le social card emesse dal nostro magnifico ministro Tremonti e dall’amatissimo premier Berlusconi sono vuote. Non tutte ci mancherebbe, ma un terzo del totale.
Non male visto che in Italia, notoriamente, le cose non funzionano nella quasi totalità. Certo, chi si è presentato senza soldi alla cassa avrebbe voluto sotterrarsi dalla vergogna. Immaginate un po’ di trovarvi lì, col carrello pieno di 40 euro di merce (quindi una busta di insalata, un litro di latte, un pollo geneticamente modificato e se c’è lo sconto un’imitazione della coca-cola) e non poterla pagare.
Non si potrà nemmeno dire “si stava meglio quando si stava peggio”, perché questa carta è praticamente una soluzione figlia della carta annonaria del ventennio.
Tuttavia cari miei, ce le stiamo meritando tutte perché, come mi disse qualcuno, non esiste uomo al mondo che possa farti certe cose se tu non glielo permetti. Quindi, quando vedo qualche vecchia rincoglionita alla posta che comincia a urlare e maledire gli impiegati perché s’è rotta di aspettare, quando vedo che i nostri servizi non funzionano con massimo danno per la nostra vita di cittadini, sul mio volto compare un ghigno di soddisfazione.
Bravi italiani, bravi tutti, me compreso che a trentatre anni ho già sostenuto il sistema dandogli fiducia troppe volte (mai per Berlusconi, ma cambia poco). Stavolta indietro non si torna e se per fortuna non ho una social card con la quale pulirmi il culo, mi resta sempre la tessera elettorale. - Arnald
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