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.: Il Blog di Antonella Fachin
Domenica, 23 Agosto, 2009 - 15:13

Polo di via Soderini: "Penati, xchè ho pagato 1,7 mio a Benini"

Allego la risposta dell'ex presidente della Provincia di Milano Filippo Penati in merito all'articolo apparso ieri su La Repubblica concernente le consulenze d'oro. Penati spiega perchè ha pagato 1,7 milioni all'arch Dante Benini, progettista del Polo dell'Innovazione di via Soderini. Concordo con La Repubblica quando dice che , in merito al compenso "congruo" affida il giudizio ai lettori.Aggiungo che - a mio giudizio - anche per questo progetto faraonico si sono perse le elezioni provinciali.Angelo Valdameri, consigliere Lista Fo zona 6

Martedì, 18 Agosto, 2009 - 17:02

La Sinistra a Milano: riflessioni sull'alternativa politica

In una calda estate e in un'altrettanto desolata e desolante città, che si candida a essere ospite dell'Expo 2015, preceduta da roboanti convegni senza risultati politici interessanti, mi domando quale potrebbe essere la strada per un cambiamento altrettanto politico e culturale per la città. Mi dilungherò in riflessioni agostane tratteggiate spesso da tinte strategiche circa il futuro prossimo della sinistra a Milano, senza pretendere di avere un ricettario magico che possa individuare la giusta alchimia risolutrice, ma introducendo temi e analisi che potrebbero essere punti di partenza per un rientro settembrino sulla scena meneghina.

Abbiamo alle spalle una lunga campagna elettorale che ha visto in Europa un risultato non sperabile per le liste di Sinistra, quelle non rientranti nel PD, non considerando questo partito essere non più riconducibile alla cultura della sinistra, non avendo avuto in Parlamento nessuna e nessun candidata e candidato eletto eurodeputata o eurodeputato. Tante e tanti hanno parlato di guerra fratricida, almeno tra le due liste maggiori. Io parlo, invece, di un arresto deleterio di un percorso politico e programmatico unitario, comprendendo l'esigenza dell'unità, parola che andiamo a recitare da anni come un salmo responsoriale, e della condivisione di valori e principi da cui non prescindere. A mio parere occorrerebbe ripartire da questo risultato, non brillante, seppure mantenente una quantità di consenso costante, sommando le due liste, anzi in aumento rispetto all'esperienza della Sinistra Arcobaleno del precedente anno: occorrerebbe riflettere sulla necessità di rilanciare una proposta di sinistra che sappia rispondere ai bisogni, sono molti e aumentano, quotidiani senza perdersi in sterili populismi, caratteristica a noi antitetica, nè in affrettate risposte spesso banali e scontate. Occorre unire l'aspetto pratic con l'aspetto teorico; la necessitàò di lungimiranza politica nella progettualità con la volontà di dare delle risposte ai tanti disagi sociali diffusi. Paul Gynsborg in una sua lettera nel periodo post elettorale, in totale sintonia con Ida Dominjanni sulle pagine de Il Manifesto, aveva sottolineato un dato incommensurabile: più la sinistra si allontana dal modello di rappresentatività della classe lavoratrice e più essa perde le scadenze elettorali. Io aggiungerei anche un altro dato: più la Sinistra si astrae in roccambolesche dispute verticistiche e più perde consenso, non recependo nella partecipazione territoriale, primo livello di una vita democratica cosciente, il plus valore adeguato a dare soluzioni a quella drammatica crisi della democrazia della delega, ormai in totale declino. Testimonianza di questo ultimo dato è l'aumento costante e continuativo delle astensioni, che penalizza la nostra "parte politica".

Ritorniamo a Milano. Parlando con alcune amiche e alcuni amici ho avvertito indefferibile la costruzione di un'alternativa chiara e decisa. In Provincia abbiamo creato una coalizione, non come "formula chimica da laboratorio" ma come "percorso condiviso, partecipato, coerente, costruttivo, propositivo, aperto e dinamico" in una visione ideale e valoriale unitaria e comune, pur nel rispetto di autonomie culturali che danno valorizzazione al pluralismo e alla dialettica costruttiva. Abbiamo avuto a mio avviso un buon risultato, forse migliroabile, ma comunque buono: un consigliere, il nostro candidato presidente, Massimo Gatti, è stato eletto, rappresentando la Sinistra in Consiglio Provinciale, unica voce ascrivibile in questo ambito rappresentativo. Ma il risultato non è stato solamente "elettorale" bensì anche "culturale" e programmatico. La coalizione nata e costruita in pochi mesi e settimane, questo rende ancora più "valida" la formula con contenuto, ha saputo garantire un coinvolgimento chiaro e costruttivo delle soggettività politiche, individuali e collettive, diffuse che hanno ritrovato nel programma un campo dove coltivare idee, proposte, progetti, prospettive per una Sinistra che sia "laboratorio politico" e "area di azione territoriale", uscendo dal drammatico sillogismo, molto modernista, del localismo come "difesa del proprio patriculare", approdando, invece, all'idea del costruire insieme un futuro migliore per la propria comunità in un'ottica di solidarietà, di difesa del pubblico, di tutela dell'ambiente e delle risorse, di promozione dei diritti civili e sociali.

Sempre sulle pagine de Il Manifesto Luciano Gallino, noto giuslavorista, parlava dell'esigenza per la Sinistra di partire dall'esperienza dell'Innse per ricondursi nei territori e ricollocarsi nel contesto sociale comunitario, in una visione "glocale" e non ideologica. Milano può essere terreno sociologicamente interessante per questo. La difesa di un sito storico industriale, come la Innse, non è sinonimo come, invece, vuole bollare una figura dal revisionismo grossolano come Ichino, di "conservatorismo" ma è sinonimo di preservazione pubblica e partecipata, condivisa, di risorse urbanistiche, sociali, economicche, ambientali, lavorative e civiche. A difendere il sito dell'Innse, che non vuole diventare "archeologia industriale", ma che ha palesato tutta la modernità di un'azienda utile, non erano solo le operaie e gli operai che si sono organizzati nella lotta del proprio posto di lavoro contro le mire speculative di dirigenti amministrativi e di costruttori edilizi supportati dal centrodestra al governo della città: avevamo anche cittadine e cittadini, preoccupati dei risvolti deleteri e dramamtici per il tessuto urbano e culturale del proprio quartiere; avevamo studentesse e studenti spinti da un sentimento molto francese di solidarietà sociale tra le classi; avevamo sindacaliste e sindacalisti da ogni parte d'Italia, ricordiamo la presenza della FIOM di Bologna e dell'Emilia venuta con delegazione propria a presidiare l'azienda. Il risultato finale è consistito nel dire che l'azienda può anche essere rilevata dalla capacità sopraffina e autonoma delle lavoratrici e dei lavoratori di rilevarla e di saperne dare un risvolto positivo e proficuo per l'intera comunità. Si sono difesi il diritto al lavoro, della dignità delle lavoratrici e dei lavoratori, contro chi vorrebbe declassarli a inutili e onerose risorse da concedere alll'operazione di dismissione, dell'integrità sociale del tessuto civico del quartiere, del profitto economico che ne deriva per la comunità intera e del concetto di pubblico e di limitazione dell'iniziativa privata quando essa diventa deleteria per l'interesse collettivo, come scritto nell'articolo 49 della nostra Costituzione Repubblicana.

Ritorniamo a Milano, alla Sinistra a Milano. Penso che occorra partire da questi elementi, alcuni fattuali, accaduti, come esperienze positive, altri progettuali e strategici se si vuole scommettere per le prossime scadenze elettorali in una proposta di alternativa e di cambiamento. Non credo che si possa strategicamente prescindere dal dato positivo della coalizione sostenitrice Massimo Gatti alle elezioni Provinciali (la strategia che deve andare oltre alla tattica di breve periodo), così come non è possibile prescindere per la città da un percorso politico (il metodo) partecipato e inclusivo delle soggettività diverse e collettive autonomne presenti e vive sui territori, così come , infine, non è possibile prescindere da un lavoro programmatico di elaborazione, tra teoria e prassi, qualcuno a noi molto caro ci insegnava, che parta da punti chiari e inderogabili (la sostanza politica del progetto): il lavoro, la laicità, i diritti civili e umani universali, è un'ingiustizia il fatto che la comunità glbt, pur essendo parte fortemente presente nel nostro tessuto sociale, non possa  essere beneficiata dalle stesse opportunità del concetto di cittadinanza, la casa, l'ambiente e lo sviluppo umano sostenibile, l'accesso libero ai saperi, il diritto alla cultura come diritto sociale di un nuovo welfare, l'integrazione del migrante come occasione di condivisione culturale, di valorizzazione e di rispetto della persona.

Da questo dobbiamo ripartire: un punto di partenza che già ha avuto un ritorno politico interessante e che deve essere capitalizzato, tesaurizzato per dare a questa città quell'opportunità di riscatto culturale prima che politico, culturale prepolitico oserei dire. Un'alternativa esiste, parte da noi, dalla nostra capacità e volontà. I presupposti esistono rendiamoli da "potenza" ad "atto".

 

Alessandro Rizzo

Consigliere Lista Uniti con Dario Fo per Milano - Gruppo La Sinistra
Consiglio di Zona 4 Milano

Lunedì, 17 Agosto, 2009 - 19:15

Zaia è ancora fermo alla cultura del latifondo

“Il Ministro leghista dell’Agricoltura Luca Zaia è ancora fermo all’età del latifondo: le sue dichiarazioni retrograde sulla famiglia tradizionale sono frutto di un’ignoranza che non vede che in Italia esistono milioni di famiglie omosessuali che hanno il diritto di essere raccontate come le altre dalla TV pubblica. Anche nel settore agricolo lavorano come imprenditori o contadini moltissime persone LGBT: Zaia dovrebbe conoscere di più la società italiana prima di parlare.”

Proprio oggi alla trasmissione web Klauscondicio Zaia ha dichiarato che “Il Servizio Pubblico deve interpretare la società pubblica, quindi tutto quello che è l’assemblea dei soci che sono i 60 milioni di italiani che hanno degli orientamenti chiari: la centralità della famiglia, l’ordine pubblico, le tradizioni e la cultura”.

“Dimentica che la società evolve e che tra quei soci alcuni milioni sono persone LGBT che vivono in un paese che non dà loro ancora alcun diritto di riconoscere i propri affetti e la propria genitorialità.”

“Invitiamo Zaia a tornare ad occuparsi di agricoltura, ricordandogli che nel frattempo si sono sviluppate in Italia differenti colture e culture”.

Aurelio Mancuso, presidente nazionale Arcigay

11/08/2009 - Ufficio stampa Arcigay

Martedì, 11 Agosto, 2009 - 23:58

Bossi deve dimettersi!

Nell’anniversario della tragedia del 1956 a Marcinelle, dove 136 minatori italiani persero la vita, perfino esponenti dell’attuale maggioranza di destra hanno riconosciuto che quei lavoratori erano trattati non diversamente da come oggi si trattano da noi gli “extracomunitari”, hanno domandato “rispetto” per gli stranieri anche “se senza documenti” e riconosciuto sbagliato quel reato di clandestinità che pure hanno concorso a introdurre, insieme ad altre leggi razziali.
L’esponente della Lega Nord, Umberto Bossi, ha invece avuto l’impudenza di dichiarare: "Noi andavamo a lavorare, non ad ammazzare”. Questa affermazione insultante e razzista - che nega la realtà, finge di ignorare quanti lavoratori italiani siano stati trattati come criminali dai bossi dell’epoca e definisce delinquenti centinaia di migliaia di onesti lavoratori stranieri, molto spesso supersfruttati – non può essere ancora una volta archiviata come folklore perché è stata fatta da un ministro della Repubblica. Lo stesso che qualche giorno fa ha dichiarato che non gli interessa il tricolore (di cui è rappresentante come ministro) piacendogli solo la bandiera della Lombardia o dell’inesistente padania. E che in altre occasioni ha giustificato l’incendio del campo rom di Ponticelli o ha invocato il ricorso ai fucili, a seconda dell’umore del momento, contro magistrati, migranti, meridionali o contro Roma ladrona (di cui pure è ministro).
Né il fatto che pochi o molti lo abbiano votato può valere da “scudo” a chi incita alla violenza squadrista, alla secessione e all’odio razziale, come non potrebbe garantire l’immunità a un ministro pedofilo o mafioso. Chiediamo che le forze politiche dell’opposizione, parlamentare e no, pretendano le dimissioni immediate di questo signore, data l’incompatibilità manifesta dei suoi comportamenti col suo ruolo e che i presidenti delle Camere intervengano a tutelare la dignità delle istituzioni.

Primi firmatari: Walter Peruzzi, Piero Maestri, Alberto Stefanelli, Gianluca Paciucci (“Guerre&Pace”); Giuseppe Faso, Marina Veronesi (Centro interculturale empolese-Valdelsa); Filippo Miraglia (resp. immigrazione Arci); Anna Maria Rivera (Università di Bari); Piero Soldini (resp. Immigrazione CGIL); Enzo Mazzi, Firenze; Enrico Peyretti, Torino; Marcello Maneri, Fabio Quassoli (Università Bicocca, Milano); Federico Celestini (Universita' della Musica Graz, Austria); Fulvio Vassallo Paleologo (Università di Palermo); Antonio Moscato (storico); Gordon Poole (Orientale di Napoli); Giovanni Russo Spena (PRC); Angelo Baracca (Università di Firenze).

Hanno inoltre aderito: Paolo Buffoni (Ass. "Todo Cambia" e "Università Migrante", Milano); Rosetta Riboldi (“Coordinamento pace”, Cinisello); Alfonso Di Stefano (Rete Antirazzista Catanese); Guido Piccoli; Giuseppe Lodoli; Stefania Silva; Beatrice Biliato, Floriana e Alberto Lipparini, Paolo Limonta, Marco Capra, Milvia Naja, Ariele Agostini, Milano; Lorenza Giangregorio, Roma; Paolo Cifariello, Piacenza;

Per adesioni: immigrazione@arci.it

 

http://sosdiritti.ning.com/profiles/blogs/bossi-deve-dimettersi

Martedì, 11 Agosto, 2009 - 22:51

Tunisia: Ali Ben Sassi Toumi a rischio di tortura dopo l'espulsio

www.amnesty.it

 

Ali Ben Sassi Toumi, cittadino tunisino di 44 anni, è stato arrestato all'aeroporto di Tunisi, dopo il rimpatrio forzato effettuato dall'Italia il 2 agosto 2009. Ha inviato un SMS a sua moglie in Italia per dirle che era arrivato, ma non ha mai incontrato l'amico che lo stava aspettando all'aeroporto, e la sua famiglia non lo ha più sentito da quel momento. Si crede sia trattenuto presso il Dipartimento di sicurezza di stato (Dss) del ministero degli Interni a Tunisi, dove i detenuti incommunicado sono a rischio di tortura e di maltrattamenti.
 
Le autorità tunisine non hanno informato nessun familiare sulle ragioni e sul luogo di detenzione di Ali Ben Sassi Toumi, come previsto dalla legge tunisina, e nonostante le richieste del suo avvocato.

 

Ali Ben Sassi Toumi era stato rilasciato dal carcere di Benevento, in Italia, il 18 maggio 2009, dopo aver scontato quattro anni di detenzione per la condanna di appartenenza ad una cellula terroristica in Italia e per le attività di reclutamento di combattenti in Iraq. Ali Ben Sassi Toumi aveva fatto richiesta per ottenere asilo in Italia, vedendosela rigettare perché riconosciuto colpevole di aver commesso un "reato grave". Dopo il rilascio dal carcere, è stato trattenuto presso il Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di Isola di Capo Rizzuto, in provincia di Crotone.

Ali Ben Sassi Toumi è stato rinviato in Tunisia nonostante la Corte europea dei diritti umani avesse richiesto tre volte alle autorità italiane di sospendere l'espulsione, ritenendolo a rischio di tortura e maltrattamenti in Tunisia.

Ulteriori informazioni

Negli ultimi anni, Amnesty International ha ricevuto numerose denunce di casi di tortura e altri maltrattamenti da parte delle forze di sicurezza tunisine. In quasi tutti i casi, le denunce di tortura non vengono sottoposte a indagine né i responsabili vengono assicurati alla giustizia. Le persone sono più a rischio di subire tortura quando si trovano in detenzione incommunicado. I metodi più comuni di tortura sono le bastonate sul corpo, in particolar modo sulle piante dei piedi; la sospensione per le caviglie o in posizioni scomode; elettroshock e bruciature da sigarette.

In quanto stato parte della Convenzione contro la tortura e gli altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti, la Tunisia ha l'obbligo di prevenire la tortura e di provvedere "affinché le autorità competenti procedano immediatamente ad un'inchiesta imparziale ogniqualvolta vi siano ragionevoli motivi di credere che un atto di tortura sia stato commesso in un territorio sotto la sua giurisdizione".

L'Italia ha già altre volte disatteso le decisioni della Corte Europea dei diritti umani relativamente alla sospensione di provvedimenti di espulsione verso la Tunisia di persone a rischio di tortura e trattamenti inumani o degradanti. In particolare nel 2008, rispettivamente a giugno e a dicembre, il Governo italiano ha espulso in Tunisia Sami Essid Ben Khemais e Mourad Trebelsi, per i quali la Corte aveva richiesto la sospensione dell'espulsione in attesa della definizione del ricorso, ai sensi dell'art.39 del proprio Regolamento. A febbraio 2009 la Corte ha stabilito che l'Italia, rimpatriando Ben Khemais, ha violato l'art. 3 della Convenzione europea dei diritti umani, che vieta la tortura e i trattamenti inumani e degradanti.

 

firma l'appello, io l'ho già firmato

http://www.amnesty.it/flex/FixedPages/IT/appelliForm.php/L/IT/ca/146
 
Martedì, 11 Agosto, 2009 - 00:25

C'è un matrimonio gay legale in Italia

A settembre 2008 si sono sposati a San Francisco e hanno chiesto
alle autorità italiane di riconoscere la loro unione. A sorpresa è arrivato un sì

C'è un matrimonio gay legale in Italia
"Ecco come sono riuscito a registrarlo"

I funzionari hanno scambiato quello che è un nome maschile per femminile
"Non sono più celibe, peccato solo che mio marito figuri come moglie"
di STEFANIA PARMEGGIANI

 

ROMA - In Italia esiste almeno una coppia omosessuale legalmente sposata. Non per una scelta illuminata della politica, ma grazie alla burocrazia. Che si è ingarbugliata e, scambiando un nome maschile per femminile, ha finito per inserire nei registri dello stato civile le nozze celebrate a San Francisco tra due uomini.

In attesa del verdetto della Corte costituzionale - chiamata in causa dal Tribunale di Venezia e da quello di Trento che hanno considerato fondate le ragioni delle coppie omosessuali che chiedono di accedere all'istituto del matrimonio - dai faldoni dello stato civile italiano esce una storia surreale, fatta di equivoci e vita vissuta. Una storia che permette ai suoi protagonisti di dirsi sposati di fronte alla legge in un Paese in cui non sono riconosciute come tali neanche le coppie di fatto.

Protagonisti un bancario italiano di 36 anni e il suo compagno, consulente aziendale francese di un anno più giovane. Si conoscono a Francoforte dieci anni fa e subito decidono di convivere. Sono una coppia solida, affiatata, vera. Ma sulla carta non esistono. Si trasferiscono a Parigi, acquistano casa, la ristrutturano, fanno progetti per il futuro. Ricacciano in un angolo, come un pensiero fastidioso, l'idea che la loro unione per l'amministrazione pubblica non valga nulla. Poi il viaggio che cambia la vita, una vacanza a lungo progettata nel West America. E una coincidenza: il loro volo decolla a settembre, nei giorni in cui la California accetta di sposare coppie dello stesso sesso e non residenti. Il referendum che abrogherà questa possibilità non si è ancora svolto, a San Francisco gli omosessuali esibiscono i documenti e si giurano fedeltà nella gioia e nel dolore. Alla fine saranno circa 18mila le unioni celebrate in quella breve stagione di libertà, tra maggio e ottobre 2008.

"Tra queste anche la nostra - spiega il 36enne -. Il mio compagno inizialmente era titubante, saremmo stati soli, senza famiglia e amici. Io invece lo desideravo perché volevo sentirmi finalmente una persona 'normale', non più di serie B. Pensavo inoltre che la domanda di trascrizione in Italia mi sarebbe stata rifiutata: volevo ricorrere alla Corte europea dei diritti dell'uomo, combattere una battaglia di civiltà".


Scelgono una cerimonia privata, senza testimoni, un treppiedi con la telecamera a riprenderli e l'emozione di sentire che l'amore non ha barriere: "Prima e dopo di noi c'erano coppie eterosessuali, nessuna discriminazione". Qualche mese più tardi inviteranno amici e famigliari in Francia per una festa in cui proietteranno il video della cerimonia. "Abbiamo chiesto al giudice di pace di poterci sposare sotto la cupola del municipio e quando gli abbiamo spiegato che non ci saremmo scambiati le fedi, perché le avevamo già da anni, ha replicato che non era importante perché quello che contava era il cerchio che formavamo e che da adesso in poi ci avrebbe unito".

Riconosciuta l'unione in America e assicurati i diritti in Francia - "Qualche mese dopo ci siamo pacsati" - restava un'unica cosa: cambiare lo stato civile in Italia, da celibe a sposato. "Ho seguito la trafila burocratica, rimandando il certificato di matrimonio a Sacramento affinché le autorità notarili californiane lo apostillassero (convalidassero). Dopo averli fatti tradurre da un traduttore giurato, ho raccolto i documenti e li ho spediti al consolato italiano in California. In America sugli atti di matrimonio non vi sono indicazioni sul sesso dei contraenti, ma solo i nominativi. Il mio compagno ha un nome che termina con la 'e', scambiato spesso per femminile. Non hanno fatto domande, hanno messo tutti i timbri che servivano e hanno inviato l'incartamento al ministero degli Esteri a Roma, che a sua volta ha convalidato e trasmesso tutto in Italia al Comune dove risulto come residente all'estero". L'atto di matrimonio viene trascritto e il trentaseienne non è più celibe: "Sono sposato, sposato a tutti gli effetti... Peccato solo che mio marito figuri come moglie".

La vecchia idea di trasformare se stesso in un simbolo per il riconoscimento dei diritti delle coppie omosessuali è ancora presente: "Ho deciso di rinviare perché ci vuole energia per spendersi in prima persona, ma prima o poi lo farò: è assurdo che in Europa basti passare il confine per trovarsi da sposati a celibi". A meno che, una volta tanto, non sia la burocrazia a venire in aiuto.

 

fonte: La Repubblica

 

Domenica, 9 Agosto, 2009 - 10:35

Tel Aviv, settantamila in piazza con Simon Peres contro omofobia

8 ago 2009
www.gaynews24.it

Grande manifestazione questa sera a Tel Aviv contro la violenza omofoba in Israele. Nella grande piazza Rabin una grande e commossa partecipazione, in venticinquemila per alcuni giornali, più di settantamila per gli organizzatori ma anche per le forze di sicurezza della città ed a cui ha voluto portare la sua solidarietà il Capo dello Stato israeliano, Shimon Peres, sul palco assieme al sindaco di Tel Aviv, al ministro dell’educazione Gideon Sa’ar ed ai famigliari delle vittime dei due ragazzi uccisi la scorsa settimana nel corso di un raid omicida ed i cui contorni restano ancora avvolti nel mistero. Un clima reso particolarmente teso nel paese dalle continue manifestazioni d’intolleranza portato avanti da movimenti ultra ortodossi e da integralisti religiosi contro la comunità omosessuale. La manifestazione si è conclusa con uno spettacolo a cui hanno partecipato numerose star israeliane gay e non.

Sabato, 8 Agosto, 2009 - 16:36

"IO L'HO VISTO!" 2009 - MEMORIZZATE SUL VOSTRO CELL: 334.1051030

Se vedete un animale abbandonato in autostrada inviate immediatamente un sms al
334 1051030
fornendo tutte le informazioni necessarie:
l'autostrada,
il km
e la direzione di marcia.

I messaggi saranno inoltrati subito alle ronde antiabbandono che provvederanno ad intervenire per il recupero.
Maggiori dettagli saranno inviati dagli automobilisti più facile sarà intervenire e salvare gli animali!

http://www.facebook.com/ext/share.php?sid=155784096280&h=T4SJF&u=IBG36&ref=mf

Venerdì, 7 Agosto, 2009 - 11:15

INNSE:RIAPERTA LA PROSPETTIVA DELLA CONTINUITA' PRODUTTIVA

COMUNICATO STAMPA
LA CGIL: ALLA INNSE RIAPERTA LA PROSPETTIVA DELLA CONTINUITA' PRODUTTIVA.  DICHIARAZIONE DI NERINA BENUZZI DELLA SEGRETERIA DELLA CAMERA DEL LAVORO DI MILANO E DI GIACINTO BOTTI DELLA SEGRETERIA CGIL LOMBARDIA
Dopo 15 mesi di lotte e quattro giorni di dura mobilitazione fuori e dentro l'azienda, dopo la difficile decisione di cinque lavoratori di passare due giorni e due notti su un carroponte, in un clima di solidarieta' della societa' civile e di totale disinteresse da parte delle istituzioni locali e nazionali, per la vicenda INNSE sembrano finalmente aprirsi spiragli di una soluzione positiva in grado di garantire l'occupazione e l'eccellenza della produzione. E' stata infatti ufficializzata alla Aedes, l'immobiliare proprietaria del terreno, una proposta di acquisto dei macchinari e di mantenimento dell'unita' produttiva da parte di un imprenditore.
Questo elemento ci fa dire che la giustezza degli obiettivi e la determinazione dei lavoratori INNSE, della Rsu, della Fiom e della Cgil nell'affermare la dignita' del lavoro per tutti, hanno prodotto un risultato importante che va oltre i confini della fabbrica di Lambrate.
Ora la situazione deve tornare alla normalita' perche' la trattativa possa aprirsi senza ricatti e possa produrre, stavolta seriamente, il rilancio produttivo della INNSE.
Milano 6 agosto 2009

Venerdì, 7 Agosto, 2009 - 10:47

Buone vacanze con HUMOR

Buone vacanze da diversamente occupati.

.......... e da Antonella Fachin

ferie_bassa.png
A chi si prende una pausa dal lavoro e a chi se ne prende una dalla ricerca di un lavoro. A chi si stende sulla sabbia e a chi la porta nei cantieri. A chi risponde al telefono sei ore al giorno e a chi lo spegne per tre settimane. A chi naviga in barca e a chi continua a farlo in ufficio. A chi ha progettato le terza corsia della variante di Mestre e a chi si è fregato i soldi per farla. A chi scalerà le alpi e a chi scalerà le impalcature. A chi cercherà il largo e a chi sognerà la riva. Ai cervelli in ferie e a quelli in fuga, buone vacanze da Diversamente Occupati. - Arnald
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