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.: Il Blog di Alessandro Rizzo
Venerdì, 20 Novembre, 2009 - 10:23

Ambrogini d'Oro: un evento sempre più lontano dalla città

Operai e comunità lgbt non sono considerati meritevoli di ricevere una civica Benemerenza nella città dell'EXPO 2015. La decisione molto tormentata e durata fino a notte fonda ha portato a compimento una lista di nomi e di organizzazioni per il conferimento dell'Ambrogino d'Oro. Il significato dell'iniziativa assume sempre maggiormente i contorni di una spettacolarizzazione del gran Galà dei personaggi che si susseguiranno il 7 dicembre nella lunga fila dei riceventi il titolo, stringendo davanti ai fotografi la mano al sindaco. Non si capiscono alcuni conferimenti, come ad esempio quella ricevuta da Marina Berlusconi: forse solamente perchè figlia di Silvio e forse occasione per riequilibrare i rapporti tesi interni alla Giunta e alla maggioranza del Comune, dopo anche le dimissioni forzate dell'Assessore Croci. L'imprenditrice figlia del padre è stata considerata come titolata ad avere il riconoscimento, mentre gli operai della INNSE, che per l'intera estate hanno manifestato con presidi, coinvolgendo tutto il Paese, la difesa del loro posto di lavoro e del ruolo che l'industria dovrebbe assumere nel contesto sociale cittadino e lombardo, vengono accreditati come "fuori legge", parole del capogruppo di Forza Italia Gallera, a cui l'amministrazione riserva solamente un diniego assoluto per la civica benemerenza. Chi presidia la democrazia e rivendica il diritto sociale di vedersi riconoscere la tutela della propria dignità umana come lavoratrice e lavoratore non è considerato nella città dell'EXPO 2015: nella città dove si accumulano imprenditorie edilizie spesso inadempienti e non completanti lavori di intervento urbanistico, spesso volte ad assicurare costruzioni di case private senza definire l'interezza del progetto prevedente anche l'edificazione di case a mutuo sociale o convenzionato. Gli operai della INNSE difendevano il territorio da possibili speculazioni, come già era previsto dall'intensificarsi di progetti di riqualificazione interessanti quell'area, nonchè il ruolo economico di un centro produttivo storico, miserevolmente degradato e portato in crisi dalla logica liberista del "mordi e fuggi", prendi i capitali, non fare investimenti e porta a casa i profitti.La maggioranza sembra avere voluto proseguire sullo scontro presentando anche provocatoriamente candidature sicuramente non condivise: dal nucleo dei vigili che dà la caccia al clandestino sui mezzi, una pratica che viene giustamente considerata violatrice dei diritti umani e civili, e l'islamico moderato Asfa Mahmoud, presentato dal PdL in un'ottica di divisione e discrimine tra islamici buoni e islamici cattivi, pretesto per promuovere iniziative di repressione basate sulla delirante logica: l'Islam produce solamente casi estremi.

A non essere riconosciuta è l'associazione AGEDO, l'associazione Genitori e Amici di Omosessuali. Avevo in prima persona sponsorizzato e caldeggiato il riconoscimento a un'associazione che da anni offre servizi per i genitori di omosessuali nel percorso di affermazione dell'identità sessuale dei propri figli, di riconoscimento del valore umano della persona, di estensione dei diritti civili oggi ancora negati per una certa comunità civile. Milano da tempo è vittima di un'ondata di omofobia dilagante e aggressiva: da ultimo episodi avvenuti in Via Sammartini, la gay street, dove ignoti hanno assaltato i locali glbt presenti, aggressioni per strada, due nella notte di sabato 24 ottobre, intimidazioni alle sedi sociali di Arcigay Milano in Via Bezzecca. Non riconoscere il ruolo universalmente accettabile svolto da AGEDO significa ancora una volta disconoscere l'importanza di affermare provvedimenti e indirizzi politici di repressione e prevenzione di reati a sfondo omofobico e transfobico. L'amministrazione comunale ha ancora una volta espresso quello che da sempre ha saputo esprimere in merito alle battaglie civili del Movimento lgbt: indifferenza, spesso legittimazione di fatto di pregiudizi verso le persone lgbt, forte connivenza con un clima culturale inaccettabile di discriminazione. 

Io diserterò, lo dico chiaramente, l'appuntamento e inviterò a fare altrettanto in quanto questi riconoscimenti non possono essere considerati come appartenenti alla città, alla sua configurazione sociale, alle sue esigenze, alla sua identità. Sono alieni da un contesto diverso che la città vive, tra sofferenze, speranze e conquiste difficilmente portate a compimento. E' un esempio di come l'amministrazione sia lontana dal contesto metropolitana in cui governa, lontana dalla cittadinanza, lontana dalla realtà quotidiana in movimento e continua trasformazione. 

Alessandro Rizzo

Capogruppo LA SINISTRA - Lista Uniti con Dario Fo

Consiglio di Zona 4 di Milano

Giovedì, 19 Novembre, 2009 - 17:21

Cena PDL con SILVIO BERLUSCONI

VENERDI 27 NOVEMBRE 2009 – ORE 20.00
A Milano, Spazio 90 di Via Mecenate 90

Cena del Popolo della Libertà con
SILVIO BERLUSCONI

IGNAZIO LA RUSSA
ROBERTO FORMIGONI
GUIDO PODESTA’
LETIZIA MORATTI

Quota di adesione 50,00 €, pagamento anticipato.
Posti limitati, tavoli da dieci, prenotazione obbligatoria entro lunedì 23.

Informazioni e prenotazioni: Roberto Jonghi Lavarini
robertojonghi@gmail.com - fax 02.31801315 - cell 346.7893810

http://destrapermilano.blogspot.com/ - http://destrafuturo.blogspot.com/ destrapermilano@gmail.comdestrafuturo@gmail.com

Giovedì, 19 Novembre, 2009 - 16:29

Mozione sul bilancio Milano Sport e continuità gestionale CAM

MOZIONE IN MERITO ALLA CONOSCENZA DEL BILANCIO DELLA SOCIETà MILANO SPORT SPA, DEL MANTENIMENTO DEI CRITERI SOCIALI DI ACCESSO AI SERVIZI DEI CAM E DI AGGIORNAMENTO DELLE RETRIBUZIONI DEGLI OPERATORI SECONDO I DATI AGGIORNATI ISTAT

 
Preso atto che
 
lo scorso giugno la Direzione Amministrativa della Società Milano Sport spa ha reso noto il negativo espresso nel bilancio dell’azienda, chiedendo al Comune di Milano lo stanziamento di 6/7 milioni di euro per poter definire, a fine anno un pareggio
 
considerato che
 
nello stesso documento si ipotizza l’esigenza di reperimento per la società di 30 milioni per quanto concerne il Piano Aziendale di investimento per i prossimi tre anni, finalizzati per la manutenzione e ristrutturazione degli impianti che l’azienda gestisce, nonché la necessità di nuovi stanziamenti da parte dell’amministrazione comunale al fine di poter garantire le attuali tariffe sociali per l’accesso alle strutture da essa gestite
 
visto che
 
giovedì 22 gennaio sono stati firmati i nuovi contratti definiti da Milano Sport spa che prevedono la durata di rapporto lavorativo secondo la tipologia dei “contratti coordinati a progetto” per un anno, ossia dal momento della stipula fino al 31 dicembre 2009, e suddivisi in base alle nuove funzioni designate, quella di “animatore del centro” e quella di “referente di centro”, secondo il seguente livello retributivo: 12,75 € per la prima tipologia, 14,40 € per la seconda tipologia
 
constatato che
 
in un ordine del giorno presentato dal Presidente della Commissione Politiche Sociali del Comune di Milano, Aldo Brandirali, e da diverse consigliere e diversi consiglieri, collegato alla delibera n° 137 del 18 dicembre 2007 riguardante il Bilancio di Previsione, avente come oggetto i Centri di Aggregazione Multifunzionale, si invitava il Consiglio Comunale a definire un progetto di potenziamento e riordino dei CAM presenti in città, in virtù del forte riferimento sociale e aggregativo storicamente interpretato dai Centri sui territori singoli in cui operano, dell’offerta gratuita di libero accesso, nonché della qualità professionale di alto contenuto e spessore espressa dalle animatrici e dagli animatori operanti nei singoli centri
 
preso atto di fatto che
 
il Settore Decentramento e l’amministrazione di Milano Sport spa hanno più volte assicurato, ma non ancora attuato, una parificazione dei livelli di retribuzione nelle diverse circoscrizioni per gli animatori dei centri, prima differenti e spesso non aggiornati secondo gli indici ISTAT, come è avvenuto per diversi anni, dal 2001 precisamente, per le animatrici e gli animatori della zona
 
PQM
 
Si richiede
 
Al Settore Decentramento del Comune di Milano di invitare l’amministrazione della società gestrice dei Centri di Aggregazione Multifunzionali, Milano Sport spa, anche in qualità di settore del Comune di Milano, azionista della società stessa, a prendere provvedimenti e iniziative volte alla stabilizzazione dei contratti con gli attuali operatori in servizio definendo una parificazione dei livelli retributivi secondo gli aggiornamenti degli indici ISTAT;
 
alla direzione amministrativa della società Milano Sport spa di poter visionare, esaminare e analizzare lo stato attuale del bilancio dell’azienda e di potere adire agli atti riguardanti il Piano Aziendale triennale al fine di avere maggiore conoscenza delle linee strategiche intraprese;
 
si invita, infine,
 
il Settore Decentramento del Comune di Milano ad adoperarsi affinché la società Milano Sport spa assicuri e garantisca gli stessi criteri di accessibilità ai servizi fino a oggi attuati secondo un tariffario sociale dato il carattere pubblico delle iniziative intraprese all’interno delle strutture
 
Alessandro Rizzo
Capogruppo La Sinistra – Uniti con Dario Fo
 
Franz Brunacci
Consigliere Gruppo Misto
 
Massimo Gentili
Consigliere La Sinistra
 
Pierangelo Tosi
Capogruppo Verdi
 
 
 
Milano, 19 novembre 2009

Giovedì, 19 Novembre, 2009 - 16:28

Interrogazioni presentate in Consiglio di Zona 4 il 19/11/2009


Giovedì, 19 Novembre, 2009 - 16:00

Il suo compagno gay morì in un incidente

il tribunale di Milano dispone il risarcimento

http://milano.repubblica.it/

Anche i conviventi omosessuali devono essere ammessi tra le parti civili di un processo. A stabilire il principio, per la prima volta a Milano, è stata la nona sezione, che così ha accolto l’istanza presentata da un uomo che ha perso il convivente in un incidente stradale. A lui, in caso di condanna, dovrà essere riconosciuto un "danno non patrimoniale" per le conseguenze subite

di Emilio Randacio

È legittimo riconoscere un danno a un omossessuale che ha perso il proprio compagno a seguito di un reato. Nonostante il nostro ordinamento non preveda alcuna norma al riguardo. Così ha stabilito la nona sezione penale del tribunale di Milano, accogliendo l’i stanza dei legali Luca Secco e Federico Brambilla, in un processo in cui sul banco degli imputati per omicidio colposo è finito un automobilista responsabile di un incidente mortale.

La corte, presieduta da Annamaria Gatto, nonostante la «carenza di legittimazione attiva» (mancanza di un riconoscimento giuridico), riconosce le ragioni della parte civile fissando un principio che, almeno a Milano, non ha precedenti. La Gatto ha presente come «non vi siano nell’ordinamento norme che legittimano il convivente omosessuale a chiederne il risarcimento in caso di morte», principio che invece è riconosciuto dalla giurisprudenza europea. Tanto è vero che «non vi è dubbio — scrivono i giudici nella loro ordinanza — che in capo al convivente, qualsiasi convivente, debba essere riconosciuto un interesse inerente la persona che giustifica la risarcibilità del danno non patrimoniale cagionato dal reato».

Secondo la Gatto, il principio che va tutelato non è se il rapporto abbia una valenza etero o omosessuale, bensì «se dalla situazione derivante dalla convivenza discenda la risarcibilità del danno cagionato dal reato al convivente, per la lesione di interessi inerenti la persona meritevoli di tutela in base all’ordinamento». Il caso riguarda due uomini che convivevano da 20 anni ed erano l’u no (la vittima) il maestro di canto dell’altro. La loro unione si era interrotta a causa di un incidente stradale nel quale il maestro di canto aveva perso la vita.

In udienza preliminare, i legali del sopravvissuto (che aveva chiesto i danni al responsabile dell’incidente) si erano visti respingere l’istanza. Ora, per sapere se al compagno verrà riconosciuto il risarcimento e la sua entità, bisognerà aspettare solo la conclusione del dibattimento. Il provvedimento ha un precedente in Italia. Nel 2007, a Roma, un giudice aveva ammesso tra le parti civili di un processo per omicidio il compagno trentennale della vittima. Non è stato però possibile sapere a quanto ammontasse il risarcimento: l’ex compagno è nel frattempo deceduto.

Mercoledì, 18 Novembre, 2009 - 00:33

Lavoro, i gay sono sempre discriminati

http://www.arcigay.it/lavoro-gay-sono-sempre-discriminati

13/11/2009 - www.rassegna.it

Il termine omofobia evoca, ora più che mai, lo spettro di una violenza sconsiderata. Il continuo susseguirsi di atti criminali ai danni della comunità gay pone l’Italia di fronte a una vera e propria emergenza, rispetto alla quale l’attenzione mediatica e istituzionale rinnova, giorno dopo giorno, i toni duri della condanna. Quello delle percosse e delle intimidazioni non rappresenta, però, che l’aspetto più evidente ed eclatante, e nemmeno tanto nuovo, delle sopraffazioni che da sempre colpiscono le persone gay nel nostro paese.

Fra umiliazioni e difficoltà spesso vissute nel silenzio e nell’invisibilità, i gay sono esclusi dalle tutele che la legge riconosce alle coppie sposate, faticano a emergere in una società che li considera con imbarazzo, pur esprimendo nei loro confronti una formale solidarietà.

Tra le realtà in cui tali contraddizioni si manifestano con maggiore gravità c’è quella lavorativa. I gay subiscono discriminazioni sul posto di lavoro, e sono tra i soggetti più vulnerabili nell’attuale crisi economica. Laddove la legge non riconosce tutele familiari, sanitarie, fiscali, si apre più facilmente per loro la falla della cassa integrazione o del licenziamento. “Ecco perché – spiega Maria Gigliola Toniollo, responsabile nazionale dell’Ufficio nuovi diritti della Cgil – occorrono provvedimenti mirati, che parifichino i diritti dei cittadini sul piano civile, dando a tutti la possibilità di usufruire dei medesimi benefici legislativi, a prescindere dall’orientamento sessuale delle persone”.

Una strategia, questa, che consentirebbe di risolvere il problema della discriminazione alla radice, con provvedimenti che agirebbero in maniera positiva anche a livello sociale e culturale. Perché è proprio su questo terreno che si gioca la possibilità di uscire allo scoperto e di risolvere il disagio. Nella maggior parte dei casi, infatti, il pregiudizio non si annida nel rapporto tra il lavoratore gay e l’imprenditore, ma riguarda l’atteggiamento dei
colleghi e la convivenza all’interno dell’ambiente lavorativo.

Derisione, minacce verbali e fisiche rappresentano fattori di grande sofferenza per la vittima, e provocano conseguenze psicologiche anche molto gravi, che compromettono la serenità della persona e i suoi rapporti con l’esterno. Per queste ragioni sono in molti a vivere clandestinamente la propria identità, per paura di essere giudicati e discriminati. Il rischio è quello dell’autoesclusione da una società già di per sé sterile, incapace di misurarsi con i cambiamenti avvenuti al suo interno.

Dopo circa venti anni di attività, l’Ufficio nuovi diritti di Milano ha potuto constatare come le condizioni dei gay nei posti di lavoro non siano affatto mutate, in Italia, rispetto a un mondo che ha invece conosciuto notevoli trasformazioni. Le richieste di aiuto riguardano sempre le stesse questioni, indipendentemente dall’ambiente di lavoro da cui provengono. E solo in pochi denunciano, ricorrendo al sindacato anche dopo molti anni di umiliazioni. Le strategie di intervento da parte della Cgil possono essere molto varie, anche perché un’analisi sindacale classica potrebbe risultare del tutto inadeguata. In linea generale si opera cercando di stemperare le tensioni, per ristabilire l’equilibrio all’interno dell’ambiente lavorativo. L’obiettivo principale è la conservazione del posto, in un contesto precario dove perdere il lavoro significa non riacquistarlo facilmente. Talvolta, soprattutto quando il lavoratore risulta essere molto provato dagli atti discriminatori, si opta per il trasferimento.

Ma l’arma più potente di cui il sindacato dispone consiste nell’informazione, nella preparazione sul significato dei diritti e delle diversità. Intervenuto sulla questione, Claudio Di Berardino, segretario della Cgil di Roma e del Lazio, ha ribadito l’importanza di promuovere programmi di educazione al rispetto delle diversità nelle scuole, per diffondere tra i giovani una cultura basata sul valore della persona. Il tema delle discriminazioni dei gay nei posti di lavoro presenta, infatti, un problema di percezione che riguarda tutta la società civile. La mancanza di informazione fa sì che le vittime stesse non siano subito in grado di classificare i soprusi subiti. Ma tale difficoltà riguarda anche chi, i diritti, deve difenderli, a cominciare dai sindacati, che non sempre tengono nella giusta considerazione una questione reputata di confine, non riuscendo così a elaborare una strategia e un pensiero unitari. All’interno della Cgil gli Uffici nuovi diritti svolgono dunque un compito fondamentale, occupandosi in maniera specifica di questioni altrimenti trascurate, e ponendosi spesso come interlocutori tra il lavoratore e lo stesso
sindacato di categoria.

“Avendo presente l’esigenza di proporre un cambio di mentalità, diffondiamo una coscienza sindacale sul fenomeno, promuoviamo campagne, offriamo servizi e assistenza attraverso gli uffici vertenze”. Salvatore Marra, responsabile dell’Ufficio nuovi diritti di Roma e del Lazio, sintetizza così un’attività che necessita di un forte investimento formativo, oltre che di una grande capacità di ascolto e di analisi, rispetto ai rischi insidiosi di una società precaria. Occorre coraggio culturale, per non disattendere le aspettative provenienti da un mondo del lavoro più sfaccettato rispetto al passato. E per vincere il pregiudizio che costringe tanti cittadini a una condizione di frustrazione e solitudine.

Ciò avviene in maniera molto evidente per i transessuali e i transgender. Ridotti a un fenomeno caricaturale e senza tutele, hanno scarse possibilità di accesso al mercato del lavoro. Mentre la Spagna e la Gran Bretagna si sono dotate di una legislazione all’avanguardia, in Italia i transessuali non possono cambiare nome sui documenti di identità durante la fase di passaggio da un sesso all’altro, e ciò preclude a priori la possibilità di lavorare.

La particolare condizione che sia i transessuali che i transgender vivono nel periodo di cura ormonale cui sono sottoposti non viene debitamente considerata a livello lavorativo, e ciò si traduce nella difficoltà di usufruire di permessi e condizioni meno sfibranti, laddove se ne presenti la necessità. Rispetto a tali limitazioni, la condizione del lavoratore gay potrebbe apparire più indefinibile, perché facilmente egli potrà dissimulare il proprio orientamento sessuale. Tuttavia è proprio questa costrizione, che nasce dal timore delle conseguenze sociale lavorative cui si andrebbe altrimenti incontro, a generare le maggiori inquietudini.

Quella delle condizioni di gay, transessuali e transgender, è una delle realtà su cui si misura la possibilità per l’Italia di operare una svolta qualitativa a favore di una società più democratica. Fanalino di coda in Europa in quanto a diritti, il nostro paese si dimostra sempre più incapace di dare risposte a questioni emergenti. Dove non ci sono più contenuti, si generano ignoranza e chiusura, e la violenza prende il sopravvento. La società si divide in tanti piccoli microcosmi tenuti insieme dalla paura, in cui nessuno è più partecipe della vita degli altri.

Martedì, 17 Novembre, 2009 - 16:37

ACQUA BENE COMUNE: il sindaco deve dire NO alla privatizzazione!

Il sindaco di Cassinetta di Lugagnano ha detto NO alla privatizzazione del servizio di gestione dell'acqua.
Purtroppo in Italia si procede come i gamberi: nei paesi in cui la liberalizzazione spinta ha portato anni fa alla privatizzazione della gestione dell'acqua si sta ritornando al servizio pubblico ... noi, invece, vogliamo sperimentare!!!

Cosa succederà nel medio periodo?
Succederà quello che è successo ovunque: la privatizzazione del servizio idrico porterà ad aumento dei costi in quanto i cittadini dovranno pagare il servizio + la remunerazione dell'investimento del privato (=profitto).
.. se poi la società di gestione del servizio idrico sarà ADDIRITTURA QUOTATA IN BORSA, I CITTADINI DOVRANNO SUBIRE LE SPECULAZIONI DEL TITOLO E L'ATTENZIONE DELL'IMPRESA CONCENTRATA NON A OFFRIRE UN BUON SERVIZIO A UN COSTO EQUO, MA A REMUNERARE GLI INVESTITORI.
COME? tagliando i costi!!!
QUALI? Quelli di manutenzione e di infrastrutture nuove e moderne!

Quando il servizio idrico sarà diventato un colabrodo e i cittadini saranno scontenti, l'ente pubblico cercherà di riprendersi il controllo ma dovrà strapagare quello che era suo ed era in buono stato.
CONCLUSIONE: i privati avranno fatto l'ennesimo buon affare, i privati NO!

A Milano il servizio idrico è in ottime condizioni -è tra quello che in Italia ha le minori perdite e sprechi- e il costo per i cittadini è equo. Quindi perchè cambiare una "squadra vincente"?
Chiedo al Sindaco di Milano di fare come il sindaco di Cassinetta: difendere un servizio di qualità per il quale i cittadini pagano il servizio ma non debbono pagare anche la remunerazione del privato che dovesse malauguratamente gestire l'acqua di Milano!!!

Cordiali saluti a tutti/e
Antonella Fachin
Consigliera Zona 3
Capogruppo Uniti con DArio Fo per Milano
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ACQUA BENE COMUNE. CASSINETTA DI LUGAGNANO DICE NO ALLA PRIVATIZZAZIONE

RICONOSCIMENTO DELL’ACQUA COME BENE COMUNE E DEL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO COME SERVIZIO PRIVO DI RILEVANZA ECONOMICA
 Relazione introduttiva del Sindaco Domenico Finiguerra
Gentili consiglieri, negli ultimi anni e in particolare negli ultimi mesi, attorno all’acqua si è sviluppato un dibattito internazionale che anche nel nostro paese sta producendo azioni e legislazione.
Noi viviamo l’acqua come una presenza scontata in tutte le attività della vita quotidiana (alimentari, igieniche, produttive, ricreative). Purtroppo non possiamo dire che sia altrettanto, non solo nei paesi del sud del mondo, ma anche in alcune regioni del sud Italia.
Attorno all’acqua si muovono e si intrecciano interessi. Interessi che cresceranno sempre più al crescere della crisi idrica. Per l’acqua si provocano e si provocheranno guerre e guerriglie.
L’acqua è diventato uno dei beni della terra che possono produrre profitti, ricchezze e quindi disuguaglianze e ingiustizie.
L’acqua è considerato da taluni soggetti economici, le multinazionali in primis, come una merce preziosa, al pari del petrolio o dei diamanti. Questo processo di mercificazione, complice l’economia globalizzata, sta cambiando la definizione di acqua da bene pubblico a proprietà privata, una merce che si può estrarre e commerciare liberamente. Un processo pericoloso, che deve trovare un processo di segno opposto, che punti a mantenere inalterata la natura dell’acqua e a riaffermare il diritto all’acqua come un diritto naturale, che vada oltre il riconoscimento del legislatore, in quanto legato alla natura stessa dell’uomo.
L’acqua è vita. E’ un bene essenziale ed insostituibile per la vita di ogni essere vivente. Ed è diritto inviolabile dell’uomo l’accesso all’acqua potabile e a quella necessaria per il soddisfacimento dei bisogni collettivi. L’acqua è un diritto universale, inalienabile ed indivisibile, che può essere annoverato fra quelli cui fa riferimento l’art. 2 della Costituzione della Repubblica Italiana (La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale).
Questa concezione dell’acqua come “bene comune” per eccellenza si è affermata negli ultimi 40 anni a livello mondiale. A partire dalla promulgazione della Carta Europea dell’Acqua (Strasburgo, maggio 1968) fino ad arrivare al pronunciamento dell’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (settembre 2007): Il diritto all’acqua risulta un’estensione del diritto alla vita affermato dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Esso riflette l’imprescindibilità di questa risorsa relativamente alla vita umana.
L’acqua e la sua scarsità, dovuta anche ai mutamenti climatici che interessano il pianeta, pone tutti noi, cittadini e governanti, di fronte a grandi responsabilità. Pur essendo rinnovabile, il “bene acqua”, per effetto dell’azione dell’uomo, può ridursi o addirittura esaurirsi. E’ quindi responsabilità sia individuale che collettiva prendersi cura di tale bene, utilizzandolo con saggezza, preservandolo, affinché esso sia accessibile e disponibile a tutti, nel presente come per le future generazioni.
La risoluzione del Parlamento europeo del 15 marzo 2006 ha dichiarato “l’acqua come un bene comune dell’umanità” e chiede che siano esplicati tutti gli sforzi necessari a garantire l’accesso all’acqua alle popolazioni più povere entro il 2015 ed insiste affinché “la gestione delle risorse idriche si basi su un’impostazione partecipativa e integrata che coinvolga gli utenti ed i responsabili decisionali nella definizione delle politiche in materia di acqua a livello locale e in modo democratico”.
Inoltre, la risoluzione del Parlamento europeo dell’11 marzo 2004 sulla strategia per il mercato interno – priorità 2003-2006 – affermava, al paragrafo 5, essendo l’acqua un bene comune dell’umanità, la gestione delle risorse idriche non deve essere assoggettata alle norme del mercato interno”.
Gli stessi organi della UE hanno più volte sottolineato che alcune categorie di servizi non sono sottoposte al principio comunitario della concorrenza; si veda ad esempio la Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo COM (2004) 374: …le autorità pubbliche competenti (Stato, Regioni, Comuni) sono libere di decidere se fornire in prima persona un servizio di interesse generale o se affidare tale compito a un altro ente (pubblico o privato)”; è peraltro noto che non esiste alcuna norma europea che sancisce l’obbligo per le imprese pubbliche di trasformarsi in società private (come ribadito da: Corte di giustizia CE, 2005; Commissione CE 2003 e 2006; Parlamento CE, 2006).
Ciononostante, in Italia, si sta procedendo a tappe forzate verso l’assoggettamento dell’acqua alle regole del mercato, facendo rientrare il servizio idrico nel novero dei servizi pubblici locali per i quali si debba procedere alla liberalizzazione/privatizzazione.
A fronte della politica mondiale mirante alla privatizzazione dell’Acqua, anche in Italia è sorto un movimento di contrasto a questa politica, il Forum dei Movimenti per l’acqua: una rete associativa cui aderiscono organizzazioni nazionali e comitati territoriali, accomunati dalla consapevolezza dell’importanza dell’acqua come bene comune e diritto umano universale, dalla necessità di una sua salvaguardia per l’ambiente e per le future generazioni, dalla determinazione per una gestione pubblica e partecipativa dei servizi idrici.
Un movimento che ha depositato nel luglio 2007, una legge d’iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua supportata da 406.626 firme di cittadini.
Anche il Comune di Cassinetta di Lugagnano, negli ultimi a anni, in coerenza con la propria impostazione politica e culturale di contrasto alla strategia della mercificazione/monetizzazione dei beni comuni, ha partecipato alla grande mobilitazione dei Comuni, del Comitato Milanese e Lombardo per l’acqua pubblica, del Forum italiano dei movimenti e del Contratto Mondiale sull’acqua. Una mobilitazione che ha portato 144 comuni Lombardi a promuovere un referendum contro la Legge regionale 18/2006 che obbligava i comuni lombardi a privatizzare l’acqua; legge poi modificata proprio su pressione della mobilitazione di cittadini, associazioni ed enti locali.
Una mobilitazione che aveva raggiunto l’obiettivo di ottenere una norma che consentisse il mantenimento della gestione del servizio idrico “in house”, per mezzo di società a totale capitale pubblico, ovvero sotto il diretto controllo dei Comuni.
Ma in maniera quasi clandestina, in totale assenza di un doveroso dibattito politico e pubblico, e mistificando la realtà, spacciando la decisione come imposta dall’Europa, il 9 settembre 2009, il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legge che modificando l’articolo 23 bis della Legge 133/2008, non solo apre la strada alla privatizzazione dell’acqua (di fatto già realizzata con pessimi risultati in molte parti d’Italia) ma la rende obbligatoria. Infatti, la modifica apportata prescrive l’affidamento ai privati del servizio idrico tramite gara. Prevedendo che le quote di partecipazione del pubblico ad eventuali società miste non possano superare il 40%.
La novella legislativa annulla così i margini concessi alle amministrazioni locali dall’art. 23 bis della legge n.133/2008, che consentiva di mantenere la gestione “in house” nei servizi fondamentali come l’acqua. Un decreto palesemente incostituzionale, perché getta le basi per la mercificazione (e quindi la possibile/probabile violazione) di un diritto individuale irrinunciabile. Di fatto, gli Enti Locali vengono espulsi per legge, non solo dalla gestione del servizio idrico,­ bensì di tutti i servizi pubblici locali, tra cui il trattamento dei rifiuti e il trasporto pubblico locale.
L’attacco ai beni comuni che si apre con questa decisione deve vedere gli Enti Locali, e i Comuni in particolare, protagonisti di una mobilitazione politica e culturale, a partire dai territori e dai cittadini che li abitano.
A mio parere non è possibile assistere passivamente a quanto si sta consumando. Perché, riprendendo le parole di Padre Alex Zanotelli, il paese di Francesco d’ Assisi (Patrono d’Italia) che ha cantato nelle sue Laudi la bellezza di “sorella acqua” sta diventando la prima nazione in Europa a privatizzare l’acqua!
Credo che chiunque ricopra cariche pubbliche, ancorché in un piccolo comune di provincia come il nostro, debba porsi sempre, per ogni atto, azione o omissione che compie, la seguente domanda: “mio figlio, il figlio di mio figlio e i figli di chiunque altro su questo pianeta, avranno ricadute positive dalla mia azione e dalle mie decisioni.
Cari consiglieri, rispondendo a questa domanda e rivolgendola a tutti voi, sottopongo all’attenzione dell’assemblea la seguente proposta di deliberazione, con la quale il Comune di Cassinetta di Lugagnano riconosce l’Acqua come “Bene Comune” e il Servizio Idrico Integrato come “servizio privo di rilevanza economica”.
Grazie.
Il Sindaco
Domenico Finiguerra
Lunedì, 16 Novembre, 2009 - 13:59

Liceo Gandhi: il Comune contravviene alla sentenza del TAR

Non ci sono aggiornamenti politici in merito alla situazione del Liceo Civico serale Gandhi se non un'irruzione fatta dalla polizia in divisa antisommossa avvenuta nella serata di sabato per sgomberare definitivamente il presidio permanente di studenti e insegnanti che richiedono giustamente la possibilità di poter andare avanti nel proprio percorso educativo e formativo scolastico. E' stata quella del Comune di Milano l'unica risposta stile law and order: un'azione muscolare per eliminare chi si oppone all'assenza di un'ottemperanza da parte dell'amministrazione di una sentenza del TAR, emessa su ricorso degli studenti, che vincola l'assessorato a permettere che i corsi inizino nella scuola civica serale. L'Assessore Moioli si interessa dello stato di salute della struttura che, secondo lei, è stato messo a repentaglio e in pericolo dagli occupanti pacifici presenti giorno e notte in segno di mobilitazione nella propria scuola. La scuola non è di questi ultimi per l'assessore Moioli, che si ostina a considerare le direttive ministeriali sul numero sufficiente minimo per classe applicabili anche in questo ambito che è di competenza esclusivamente comunale e rientrante in un servizio sociale del Comune di Milano. L'altra sera un corteo spontaneo è sfilato per le vie del centro di studenti e insegnanti del Liceo Civico Gandhi e del PACLE, dove vige la stessa problematica riguardante la sospensione dell'avvio dell'anno scolastico. Ragazze e ragazzi meritevoli e capaci, nonchè desiderosi di accedere a un grado elevato di livello di studio e di formazione, non possono vedere compiuto il loro diritto allo studio perchè un'amministrazione si ostina nel volere debellare un servizio che è storicamente concepito come garante di una pari opportunità a prescindere dal reddito e dal censo. Non è tollerabile una siotuazione del genere: è annticostituzionale e, in più, vede il Comune inadempiente dal punto di vista giuridico e giudiziario, venendo meno a una sentenza di un organo giudicante. Occorre quanto prima sanare questa lacuna gravosa e onerosa che vede pesanti cascami sul futuro professionale di migliaia di ragazze e di ragazzi, oltre che sui posti di lavoro di centinaia di insegnanti e di amministratori. Il Comune adotta, come è evidente, due pesi e due misure in ambito educativo, e non solo: da una parte penalizza le strutture pubbliche che assicurano accesso alla formazione per i meritevoli e capaci a prescindere dal proprio censo sociale, dall'altra si erge paladino della parità scolastica monodirezionale, elargendo convenzioni e agevolazioni non indifferenti per istituti privati.

 

Alessandro Rizzo

Capogruppo La Sinistra - Uniti con Dario Fo 

Consiglio di Zona 4 Milano

Lunedì, 16 Novembre, 2009 - 13:34

MERCOLEDI' LETTERARIO ARCI 50

Mercoledì 18 novembre

alle ore 20,30

Circolo Arci50

Via Benaco 1

Incontro con

Enzo Maria Napolillo

Remo contro

Remo vuole cominciare a vivere davvero, per non lasciarsi marcire in un ufficio di una Milano fredda e inospitale. Allora inizia a remare contro, rischiando tutto, fino a perdersi nella corrente.

Andrea Ferrari

Milano A. Brandelli

Milano A. Brandelli è un noir cittadino, inserito nel perpetuo moto della metropoli. Andrea Brandelli è un detective privato. Vive a Milano e ha con la sua città un rapporto al limite del morboso. La ama e non riesce a fare a meno di lei. Andrea Brandelli è astemio, non fuma e va a letto presto la sera. È sempre incazzato.

Ricordiamo Mercoledì 2 dicembre appuntamento con Francesco Gallone e Claudio Morandini

Lunedì, 16 Novembre, 2009 - 09:46

PRESIDENTE, RITIRI QUELLA NORMA DEL PRIVILEGIO

http://temi.repubblica.it/repubblica-appello/?action=vediappello&idappello=391117

SIGNOR Presidente del Consiglio, io non rappresento altro che me stesso, la mia parola, il mio mestiere di scrittore. Sono un cittadino. Le chiedo: ritiri la legge sul "processo breve" e lo faccia in nome della salvaguardia del diritto. Il rischio è che il diritto in Italia possa distruggersi, diventando uno strumento solo per i potenti, a partire da lei.

Con il "processo breve" saranno prescritti di fatto reati gravissimi e in particolare quelli dei colletti bianchi. Il sogno di una giustizia veloce è condiviso da tutti. Ma l'unico modo per accorciare i tempi è mettere i giudici, i consulenti, i tribunali nelle condizioni di velocizzare tutto. Non fermare i processi e cancellare così anche la speranza di chi da anni attende giustizia.

Ritiri la legge sul processo breve. Non è una questione di destra o sinistra. Non è una questione politica. Non è una questione ideologica. E' una questione di diritto. Non permetta che questa legge definisca una volta per sempre privilegio il diritto in Italia, non permetta che i processi diventino una macchina vuota dove si afferma il potere mentre chi non ha altro che il diritto per difendersi non avrà più speranze di giustizia.

ROBERTO SAVIANO

Io ho firmato ora tocca a te 

Alessandro Rizzo

Capogruppo La Sinistra - Uniti con Dario Fo

Consiglio di Zona 4 Milano

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