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.: Il Blog di Alessandro Rizzo
Giovedì, 18 Febbraio, 2010 - 17:28

Due interviste a Paolo Patanè Due interviste al neo presidente ARCIGAY, Paolo Patanè

 18/02/2010 - Redazione arcigay

Intervista di Mario Cirrito - Da Queerblog.it

Arcigay, da oggi, apre una nuova pagina della sua storia, concluso il Congresso Nazionale di Perugia. Paolo Patanè traghetterà l’associazione fino al prossimo congresso insieme al nuovo segretario e alle nuove dirigenze che rappresenteranno Arcigay nel territorio. Probabilmente, a molti che non conoscono l’impegno militante, o chiosano su Arcigay per pura spura personale, Arcigay rappresenta il potere litigioso, la rappresentazione del nulla. Con i suoi peccati e le sue reali battaglie, l’organizzazione nata da una costola di Arci, è, nonostante tutti i limiti, una realtà che incide sul tessuto sociale e sulle battaglie passate e future.Senza di essa, senza i militanti di area Arcigay e delle altre associazioni, oggi potremmo biasimare meno il lavoro altrui, impegnati come saremmo, a scansare i tanti pericoli e le tante acrimonie che la realtà ci butterebbe addosso. Se le organizzazioni LGBT saranno forti col nostro appoggio, le vittorie saranno sicure. Altrimenti il lamento diventa un esercizio inutile e anche fastidioso.

Paolo, gli auguri miei personali e quelli di Queerblog, per questa tuo nuovo, importante, incarico. Da oggi, quale dovrà essere il primo impegno di Arcigay? 
Grazie a te e a Queerblog per gli auguri che servono sempre. Il primo impegno sicuramente è un impegno morale verso questa associazione che ha vissuto un congresso molto complesso, ed è inutile nasconderselo. E che adesso ha bisogno di capire che la fase del confronto tra due mozioni diverse è un fatto inedito per la nostra storia. Questo ha creato un grande disorientamento in una associazione impreparata a questo tipo di confronti congressuali. Il primo impegno è dimostrare a noi stessi che confrontarsi tra due mozioni non significa spaccare l’associazione. Significa sottoporla ad un processo a un processo di crescita democratica. Dopodiché, chi amministra l’associazione di dialogo deve farlo per tutta l’associazione, non per una parte.

Un impegno e un intento importante visto come, a volte, questo Congresso non è riuscito a trovare convergenze comuni. Ma poi?
Quello detto prima è il primo impegno, importante. Sul piano politico, ovviamente, i nodi sono tantissimi; ci sono delle urgenze: attendiamo questa sentenza della Corte Costituzionale del 23 marzo (sulle istanze presentate da alcune coppie di fatto ndr.) e rispetto a questo bisogna immediatamente trovare un tavolo di incontro con le altre associazioni; immaginare delle iniziative e preparare anche la reazione del movimento a quella che sarà la sentenza della Corte. Qualunque essa sia; molto serenamente, consapevoli del fatto che, quando anche sarebbe negativa, non sarà la pietra tombale di nulla.

Con il gruppo della mozione minoritaria riuscirete a ricomporre un dialogo che serve a voi, a loro, a coloro che si sono allontanati come militanza dai movimenti e dalle battaglie per i diritti civili?
Con la cosiddetta “mozione minoritaria”, certamente, il dialogo è imprescindibile. Lo dicevo prima: noi dobbiamo ricostruire l’immagine di questa associazione come una entità unica in cui c’è una diversità di posizioni. Avere posizioni diverse non significa necessariamente che l’associazione sia necessariamente spaccata. Si deve superare quest’idea. È evidente che c’è un percorso da fare di dialogo, sicuramente interno, ma anche esterno. Questi conflitti sono stati, purtroppo, conflitti che hanno attraversato la dirigenza dell’associazione. Adesso noi dobbiamo, in qualche modo, rasserenare tutti, ricoinvolgere le socie e i soci e trasmettere l’idea che in Arcigay si sta per una grande passione.

Con le altre forme di associazionismo, con le altre sigle LGBT, riuscirete a trovare punti di incontro per scopi e battaglie comuni?
Questo come ben sai, visto che hai seguito in tutte le sue forme questo congresso, è uno dei nostri scopi principali. Per due buone ragioni, perché, noi abbiamo avuto occasione di dirlo in diverse occasioni, il fatto di non essere soli, di non essere la sola associazione l’interno del movimento è assolutamente un vantaggio non un problema. Io credo che Arcigay debba relazionarsi con le altre associazioni partendo da un principio: non dobbiamo fare tutti la stessa cosa; quello che conta è il comune obiettivo; poi ognuno ha la sua storia, i suoi percorsi, i suoi approcci, i suoi metodi, ed è persino una fortuna che sia così! Che tutti facciano la stessa cosa non è opportuno e non è utile, non è vantaggioso. È molto più interessante che i vada verso un’unica finalità, con modalità differenti.

Manderete avanti il progetto di confederazione?
Sicuramente sì. Sono anche dell’idea che lo si debba allargare e che il movimento debba cominciare a condividere dei temi specifici su cui imparare a coordinarsi, perché è questo che facilita la determinazione di un metodo, di una condivisione, di un criterio e che permette poi, concretamente, di proporsi come entità più unitaria possibile. Professare però l’unità in maniera astratta senza cimentarsi con delle situazioni e circostanze concrete, significa fare un discorso che rimane fine a se stesso. Incontrarsi un po’ più spesso, non basta una sola volta all’anno, perché quello produce poi una pletora di discorsi improduttivi. Bisogna cominciare a individuare dei gruppi di lavoro comuni. Vedremo quale sarà la disponibilità degli altri. Arcigay si vuole proporre come promotrice di questa unità.

Si può studiare una struttura dove le varie realtà dell’associazione portino avanti linguaggi e rivendicazioni comuni; che sia coesa nel momento in cui si va a dialogare con i legislatori? 
Io penso proprio di sì. Guarda, noi siamo insufficienti, singolarmente, al di là delle dimensioni dell’articolazione territoriale che Arcigay può avere; su certi temi, se non si trova una strategia coordinata, che sia sull’omofobia, che sia su tutta la piattaforma rivendicativa che attiene il matrimonio civile, la diversificazione degli istituti famigliari, sull’omogenitorialità; che sia anche sulla questione dell’imminente sentenza della Corte Costituzionale. Insomma, se non si trovano dei tavoli coordinati, noi continueremo ad andare avanti con una serie di buone o discrete iniziative scollegate, che ciascuno assume legittimamente, ma che alla fine non sono utili. La società, i nostri interlocutori politici, non ha la percezione dio una strategia coordinata.

In questo senso, quale strategia si potrà mettere in campo per dialogare con quella politica, di destra e di sinistra, che potrebbe dovrebbe darci risultati concreti in termini legislativi? 
È inutile prendersi in giro. Questa è una fase difficile; c’è un male della politica italiana nel quale anche noi siamo scivolati: quello della trappola delle fasi elettorali. Il sistema dei partiti si rivolge ai cittadini normalmente quando, nelle fasi elettorali, ha bisogno di ricevere un voto. Quella è la fase meno indicata per dialogare con la politica. Con la politica si dialoga a 360 gradi in tutti gli altri momenti. L’azione politica non può essere fatta solo nelle fasi elettorali, sarebbe veramente troppo poco. Cominciamo a preoccuparci di costruire la nostra agenda politica, non andiamo a pensare all’agenda politica dei partiti. Sicuramente capiremo che l’agenda politica di una associazione comporta l’individuazione di azioni che sono diverse da quelle che possono portare avanti i partiti. I partiti è logico che medino; una associazione sui diritti, non può mediare, perché i diritti devono essere presentati con una patente di insindacabilità, di non negoziabilità. Cominciamo a crearci una nostra identità politica come associazione, a consolidarla. Questo determina la nostra agenda politica.

Ci vuole, mi sembra di capire, un nuovo incontro con la politica e con la società.
Perfetto. Arcigay ha bisogno di mostrarsi un po’ più palpabile nella società. Non lo si è solo con le manifestazioni; si diventa papabili quando la società ti vede e con delle campagne che ti riportino a comunicare con la società civile che, per esempio, riaffermino la nostra identità di famiglie. Ti vede quando tu cominci a creare dei luoghi che con la loro stessa esistenza, segnalano l’insufficienza della politica: centri antiviolenza, comunità, cooperative sociali. I luoghi fisici sono luoghi che testimoniano la presenza di una associazione nella società; la capacità di quella associazione di offrire dei servizi e l’insufficienza dello Stato rispetto a certi temi. È una base forte su cui dialogare. Poi, essere contro la dipendenza dai partiti non significa non avere relazioni con i partiti. I Partiti sono degli interlocutori come tutti ma noi non dobbiamo inseguirli, ci vengano a cercare loro. Dopodiché, non si media per carriere personali, non si media per soluzioni e interessi privati. L’Associazione lavora solo ed esclusivamente per i diritti delle persone LGBT, che siano di Arcigay o no.

Ci vuole, anche in questo, un rafforzamento dell’associazione nel territorio?
Certo. Necessitiamo di un rafforzamento e di una articolazione territoriale, che pure si è raddoppiata negli ultimi cinque anni. Però necessitiamo di riempire di senso politico e strategico questa articolazione territoriale. Noi, poi, abbiamo una articolazione di circoli affiliati, importante, che sono delle tribune eccezionali, sicuramente da rivalutare, perché in quei luoghi si intercetta una parte della popolazione LGBT vastissima che non è interessata ai temi politici. Dobbiamo invertire questo trend! La nostra presenza deve risolvere i problemi, affrontare quelli che esistono, dia accoglienza e assistenza; sia una dimostrazione concreta della capacità sociale di questa nostra organizzazione: di dare delle risposte, di farsi carico di temi che però, attenzione, l’associazione non può porsi come solutrice totale, ma che segnalino l’insufficienza, la disattenzione, l’indifferenza delle istituzioni rispetto a certe cose. Penso all’assistenza alle persone sieropositive, un problema che ha una
centralità assoluta.

Ai ragazzi che scappano o vengono buttati fuori di casa a causa della loro omosessualità; al bullismo dentro e fuori la scuola…
Questi sono temi che dobbiamo approfondire con tutti. C’è anche il problema delle transessuali con cui dobbiamo discutere e affrontare i loro problemi. A come fare in questo momento in cui nel paese c’è un’ondata di transfobia agghiacciante, terribile.

Tanti impegni, insomma, dentro e fuori Arcigay.
Questa associazione ha fatto i venticinque anni come associazione nazionale, anche questo è un aspetto su cui riflettere. Noi, effettivamente paghiamo, in modo reale, l’assenza di una comunità che c’è ma non si è consolidata. Abbiamo bisogno di fare un investimento su questo, e anche culturale. Una comunità si consolida quando si percepisce; che ha un passato. Troppa parte del mondo LGBT non ha la più pallida idea del suo passato; forse anche noi siamo stati carenti in questo. Trent’anni fa, due ragazzi, in Sicilia morirono, assassinati o suicidi, non si è mai saputo (il caso Giarre ndr.). Da questa violenza subìta è nato praticamente tutto. Allora, la rivoluzionarietà, non solo del rapporto omosessuale, della relazione affettiva omosessuale. Questa è una cosa su cui dobbiamo tornare a lavorare per restituire a questa comunità degli eroi in cui riconoscersi. Una comunità si costruisce anche così.

***

Intervista di Laura Adduci - Da Gayin.tv

L'Arcigay ha un nuovo presidente: è Paolo Patanè. L’elezione è avvenuta al termine del XIII congresso nazionale che si è tenuto a Perugia nei giorni scorsi. Il congresso ha nominato anche i nuovi organi dirigenti. Patanè ha sostituito Aurelio Mancuso come presidente nazionale, mentre il bresciano Luca Trentini prende il posto di Riccardo Gottardi come segretario nazionale. Il congresso ha inoltre eletto il nuovo consiglio nazionale, composto da 73 persone, esponenti di tutti i 46 comitati territoriali e ha riconfermato l'udinese Alberto Baliello come presidente del Collegio Garanti. Il neo presidente dell’Arcigay, Paolo Patanè, si è dimostrato molto disponibile a rispondere alle nostre domande.

È stato eletto in qualità di nuovo presidente dell'Arcigay, quali sono i suoi propositi?
La prima urgenza è interna, ovvero ricomporre immediatamente un clima di serenità in Arcigay dopo una fase dialettica dai toni inusuali. Dopo il Congresso è urgente restituire la parola al Consiglio e cominciare a lavorare. L'agenda è fittissima: dal Pride di Napoli alla condivisione con Certi Diritti , Lenford e le altre associazioni di una strategia in attesa della sentenza della Corte Costituzionale del 23 marzo. Poi c'è la questione del censimento ISTAT che apre orizzonti di iniziativa politica nuovi e su cui anche Gay.it ha lanciato un appello che ha avuto riscontri importanti. Parlo di scadenze ravvicinate su cui il Congresso ha dato mandato ad agire sin da subito con l'approvazione di specifici Ordine del giorno. Poi evidentemente vi sono tutti gli altri obiettivi definiti dal Congresso e che richiedono l'insediamento del Consiglio e della Segreteria nazionale per tradursi in iniziative concrete.

Tra gli obiettivi, anche quello di sollecitare l'introduzione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, attraverso quali iniziative intendete farlo?
Intanto è bene sottolineare che il Congresso ha confermato che il matrimonio civile e la diversificazione degli istituti familiari sono obiettivi irrinuNciabili. Io credo che si debba rilanciare l'idea che siamo famiglie,e puntare a riportare questo dato nel dibattito che attraversa la società civile. Come farlo? Campagne mirate e condivise ad esempio,e comunque capaci di riconquistare simpatia e consenso tra la gente. Poi la strategia giudiziaria va approfondita,continuando a proporla, e facendone forse il binario privilegiato in una fase dagli sbocchi parlamentari chiusi. Attendiamo la sentenza del 23 marzo con la certezza che qualunque cosa affermi,anche in negativo,non sarà la parola definitiva sull’argomento.

Secondo lei, l'UE può favorire ed accelerare il processo di crescita culturale, politica e sociale nel nostro Paese?
In generale l'internazionalizzazione delle nostre battaglie è uno degli obiettivi nuovi che Arcigay si è data ,e riceverà una delega specifica all'interno della prossima Segreteria nazionale: dunque ci crediamo. E crediamo soprattutto in una strategia diversificata che coinvolga certo l'UE e le sue Istituzioni, ma anche i mass media europei, le associazioni, i movimenti. L'Italia è inserita in un contesto di civiltà giuridica, sociale e politica di cui non può sempre fare finta di non accorgersi. Stiamo studiando gli spazi che si aprono attraverso l'introduzione del Trattato di Lisbona nel nostro Ordinamento.

In questo ambito quanto pesano le dichiarazioni da parte dei rappresentanti della Chiesa? Il ritardo dell'Italia rispetto agli altri Paesi Europei è, secondo lei, da attribuire ad una cultura cattolica bigotta?
Sicuramente, anche se va spiegato. Io sono restio a ricondurre la questione all'interno di una contrapposizione tra credenti e non credenti che rischia di coinvolgere impropriamente persone  e situazioni. In realtà l'arretramento complessivo del dibattito culturale e l'uso pubblico della religione a supporto di politiche identitarie è studiato a tavolino e risponde a logiche di mero potere. Intendo dire che è solo un pretesto che poco ha a che vedere con questioni strettamente culturali o spirituali: è uno strumento di conservazione di un sistema. La paura dell'altro è parte di questo stesso sistema, evidentemente, e fonda e sostanzia politiche securitarie che ritengo molto pericolose. È chiaro in tutto questo che la gerarchia vaticana ha fatto, fa e farà scelte orientate alla conservazione del suo potere inasprendo l'uso pubblico della religione per influenzare la politica, la società civile e la cultura. È uno dei grandi problemi di questo Paese,esattamente come lo è il ruolo politico della chiesa ortodossa nella Russia post sovietica.

Giovedì, 18 Febbraio, 2010 - 17:25

ANCHE A PALAZZO MARINO UNA COMMISSIONE DI GARANZIA E CONTROLLO


DICHIARAZIONE DEL CONSIGLIERE COMUNALE BASILIO RIZZO
                  GRUPPO CONSILIARE UNITI CON DARIO FO

Ho   preso   visione   con  soddisfazione  del  comunicato  del  segretario
provinciale  del  PRC Antonello Patta che sollecita l’istituzione a Palazzo
Marino  di  una  Commissione  di  garanzia  e controllo sull’attività degli
Uffici del Comune, degli Enti, Aziende ed organismi a cui il Comune.

Dopo  i  gravi  fatti  che  si sono susseguiti in questi ultimi tempi anche
prima  del  caso Pennisi (assunzione dirigenti, derivati, cimiteri, zincar,
etc.)  si rende indispensabile dare corso a quanto previsto dalla normativa
vigente  che  prevede  la  possibilità di istituire strumenti di garanzia e
controllo che oggi al Comune di Milano non sono presenti.

La  maggioranza  di centrodestra non ha mai acconsentito che le Commissioni
Bilancio  e Affari Istituzionali, ritenute commissioni di garanzia, fossero
presiedute   e  coordinate  da  esponenti  dell’opposizione  ed  ha  negato
ultimamente  la  presidenza  della commissione urbanistica del dopo Pennini
all’opposizione.

Proporrò  quindi  per dare un concreto strumento al Consiglio ed un segnale
alla città per migliori garanzie di controllo, trasparenza e rispetto delle
regole,  qualora  prima  non  fossero  la Giunta ed il Sindaco a farlo, una
delibera di iniziativa consiliare per istituire sul modello della Provincia
la “Commissione di garanzia e di controllo” a Palazzo Marino.

Milano, 17 febbraio 2010

Giovedì, 18 Febbraio, 2010 - 11:20

Carta dei Diritti della Rete: eppur si muove...in Brasile

A conclusione del lavori dell’IGF-Internet Governance Forum promosso dall’ONU Nel 2007 a Rio, Markus Kummer, Coordinatore esecutivo del Segretariato ONU per l'IGF-Internet Governance Forum, riconoscendo i timori di Vint Cerf disse «La legge del Mare ha richiesto circa 20 anni per negoziare il trattato. In Internet abbiamo bisogno di qualcosa di più urgente. Forse l'iniziativa dell'Internet Bill of Rights ci porterà più avanti». Il giorno precedente era stata firmata una dichiarazione congiunta dei governi brasiliano e italiano che indicava proprio nell’Internet Bill of Rights, la Carta dei Diritti per Internet, lo strumento per garantire libertà e diritti nel più grande spazio pubblico mai conosciuto. Poco dopo quella firma Gilberto Gil è tornato alla musica, il Brasile ha un nuovo Ministro alla Cultura ma non ha perso tempo e si è mosso con coerenza. Il Comitato per la Gestione di Internet, www.cgi.br. composto da membri di governo, imprese, terzo settore e dalla comunità accademica e basato su multilateralismo e trasparenza, ha approvato i principi guida per le sue decisioni e raccomandazioni, principi che vengono ora utilizzati nel processo aperto, coordinato dal Ministero della Giustizia, per approvare una serie di direttive e regolamenti per Internet. Questi i dieci principi fondamentali per Internet in Brasile: 1- L'uso di Internet deve essere guidato dai principi di libertà di espressione, privacy individuale e rispetto dei diritti umani; 2- La Governance di Internet deve essere trasparente, multilaterale e democratica, per preservare e promuovere il suo carattere di creazione collettiva; 3- L’accesso a Internet deve essere universale affinché sia uno strumento per lo sviluppo umano e l’inclusione sociale; 4- La diversità culturale deve essere rispettata,preservata e stimolata, senza l'imposizione di credenze, costumi e valori; 5- La Governance di Internet deve promuovere sviluppo e diffusione delle nuove tecnologie e dei modelli di accesso e uso; 6- Va garantita la neutralità delle Rete, senza filtraggi politici, commerciali, culturali e religiosi o qualsiasi altra forma di discriminazione o trattamento preferenziale;7- La responsabilità delle attività illecite è personale e non di chi offre i servizi di connessione e le piattaforme di comunicazione. Le azioni contro le attività illecite devono rispettare i principi fondamentali di libertà, della privacy, nel rispetto dei diritti umani;8- L’adozione di misure tecniche coerenti con gli standard internazionali per la stabilità della rete, la sicurezza e la funzionalità utilizzando le migliori pratiche; 9- Internet deve essere basata su standard aperti che facilitano l'interoperabilità per permettere a tutti di partecipare al suo sviluppo; 10- Gli ambienti giuridici e di regolamentazione devono preservare le dinamiche di Internet come uno spazio per la collaborazione. La stessa Commissione sulle Libertà Civili e la Giustizia del Parlamento Europeo aveva già esortato un anno fa tutti gli stakeholders della Rete all’impegno nel processo in corso per la carta dei Diritti di Internet: qualcuno se ne è accorto a Roma, dove il processo ebbe inizio?
 
The Internet Steering Committee in Brazil - CGI.br, in its 3rd ordinary meeting of 2009 held in NIC.br headquarters in the city of São Paulo, has approved the following Resolution:
 
CGI.br/Res/2009/03/P - PRINCIPLES FOR THE GOVERNANCE AND USE OF THE INTERNET IN BRAZIL
 
Considering the need of support and orientation for its actions and decisions according to fundamental principles, the CGI.br decides to approve the following Principles for the Internet in Brazil:
 
1.      Freedom, privacy and human rights
The use of the Internet must be driven by the principles of freedom of expression, individual privacy and the respect for human rights, recognizing them as essential to the preservation of a fair and democratic society.
 
2.      Democratic and collaborative governance
Internet governance must be exercised in a transparent, multilateral and democratic manner, with the participation of the various  sectors of society, thereby preserving and encouraging its character as a collective creation.
 
3.      Universality
Internet access must be universal so that it becomes a tool for human and social development, thereby contributing to the formation of an inclusive and nondiscriminatory society for the benefit of all.
 
4.      Diversity
Cultural diversity must be respected and preserved and its expression must be stimulated, without the imposition of beliefs, customs or values.
 
5.      Innovation
Internet governance must promote the continuous development and widespread dissemination of new technologies and models for access and use.
 
6.      Network neutrality
Filtering or traffic privileges must meet ethical and technical criteria only, excluding any political, commercial, religious and cultural factors or any other form of discrimination or preferential treatment.
 
7.      Network unaccountability
All action taken against illicit activity on the network must be aimed at those directly responsible for such activities, and not at the means of access and transport, always upholding the fundamental principles of freedom, privacy and the respect for human rights.
 
8.      Functionality, security and stability
Network stability, security and overall functionality must be actively preserved through the adoption of technical measures that are consistent with international standards and encourage the adoption of best practices.
 
9.      Standardization and interoperability
The Internet must be based on open standards that facilitate interoperability and enable all to participate in its development.
 
10.     Legal and regulatory environments
Legal and regulatory environments must preserve the dynamics of the Internet as a space for collaboration.

Mercoledì, 17 Febbraio, 2010 - 16:54

Rom, lettera delle maestre prima dello sgombero: "Vi insegneremo centomila parole ..."

Rom, lettera delle maestre prima dello sgombero

"Vi insegneremo centomila parole perchè nessuno possa annientare chi come voi non ha voce". I bambini della scuola elementare milanese di via Pini vivono in una baraccopoli a Segrate, ultima tappa di una serie di sgomberi.
E il prossimo è in arrivo
MILANO - Le maestre della scuola elementare di via Pini a Milano scrivono ai loro alunni rom, che domani potrebbero di nuovo essere sgomberati. "Vi insegneremo mille parole, centomila parole perche' nessuno possa piu'
cercare di annientare chi come voi non ha voce". Oggi questi bambini vivono in una baraccopoli sorta a Segrate, ma il 19 novembre 2009 erano stati mandati via dall'ex edificio Enel di via Rubattino, nel quartiere della scuola di via Pini. Segrate e' l'ultima tappa dei continui sgomberi che hanno subito da allora. Anche domani, probabilmente, vedranno la loro baracca rasa al suolo dalle ruspe. Nonostante tutto, i bambini hanno continuato ad andare a scuola. Spesso sono le maestre ad andarli a prendere nelle loro baracche, costruite di volta in volta in zone diverse di Milano.
Questa la lettera che le maestre di via Pini hanno inviato all'agenzia Redattore Sociale.
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"Ciao Marius, ciao Cristina, Ana, ciao a voi tutti bambini del campo di Segrate -scrivono le maestre-. Voi non leggerete il nostro saluto sul giornale, perche' i vostri genitori non sanno leggere e il giornale non lo comperano. È proprio per questo che vi hanno iscritti a scuola e che hanno continuato a mandarvi nonostante la loro vita sia difficilissima, perche'
sognano di vedervi integrati in questa societa', perche' sognano un futuro in cui voi siate rispettati e possiate veder riconosciute le vostre capacita' e la vostra dignita'. Vi fanno studiare perche' sognano che almeno voi possiate avere un lavoro, una casa e la fiducia degli altri.
Sappiamo quanto siano stati difficili per voi questi mesi: il freddo, tantissimo, gli sgomberi continui che vi hanno costretti ogni volta a perdere tutto e a dormire all'aperto in attesa che i vostri papa'
ricostruissero una baracchina, sapendo che le ruspe di li' a poco l'avrebbero di nuovo distrutta insieme a tutto cio' che avete. Le vostre cartelle le abbiamo volute tenere a scuola perche' sappiate che vi aspettiamo sempre, e anche perche' non volevamo che le ruspe che tra pochi giorni raderanno al suolo le vostre casette facessero scempio del vostro lavoro, pieno di entusiasmo e di fatica. Saremo a scuola ad aspettarvi, verremo a prendervi se non potrete venire, non vi lasceremo soli, ne' voi ne' i vostri genitori che abbiamo imparato a stimare e ad apprezzare.
Grazie per essere nostri scolari, per averci insegnato quanta tenacia possa esserci nel voler studiare, grazie ai vostri genitori che vi hanno sempre messi al primo posto e che si sono fidati di noi. I vostri compagni ci chiederanno di voi, molti sapranno gia' perche' ad accompagnarvi non sara'
stata la vostra mamma ma la maestra. Che spiegazioni potremo dare loro? E quali potremo dare a voi, che condividete con le vostre classi le regole, l'affetto, la giustizia, la solidarieta': come vi spiegheremo gli sgomberi?
Non sappiamo cosa vi spiegheremo, ma di sicuro continueremo ad insegnarvi tante, tante cose, piu' cose che possiamo, perche' domani voi siate in grado di difendervi dall'ingiustizia, perche' i vostri figli siano trattati come bambini, non come bambini rom, colpevoli prima ancora di essere nati.
Vi insegneremo mille parole, centomila parole perche' nessuno possa piu' cercare di annientare chi come voi non ha voce. Ora la vostra voce siamo noi, insieme a tantissimi altri maestri, professori, genitori dei vostri compagni, insieme ai volontari che sono con voi da anni e a tanti amici e abitanti della nostra zona. A presto bambini, a scuola.
Le vostre maestre:
Irene Gasparini, Flaviana Robbiati, Stefania Faggi, Ornella Salina, Maria Sciorio, Monica Faccioli".
15 febbraio 2010
Lunedì, 15 Febbraio, 2010 - 17:09

BASTA con la politica della paura!Le periferie vanno riqualificate per creare senso di comunità

Maroni, Salvini, De Corato sono per la tolleranza zero e per il rispetto delle leggi!!
A parole, ma non nei fatti!!!

Sono tante le leggi che le Forze dell'ordine (Guardia di Finanza, Carabinieri, Polizia di Stato) e le autorità di controllo e di vigilanza (ASL, VVF, Ispettorato del Lavoro, Polizia Annonaria ecc.) dovrebbero far rispettare:
NO al lavoro nero,
NO all'evasione di contributi previdenziali e versamenti INAIL,
NO all'evasione fiscale dei redditi di imprenditori e artigiani,
NO all'evasione degli affitti non dichiarati,
NO alla mancanza di programmazione e governo del territorio nel rilascio delle licenze commerciali, per una equa distribuzione delle attività su tutto il territorio cittadino,
NO alla mancanza di controlli igienico-sanitari sugli esercizi commerciali.

A tutto ciò aggiungo:
NO alle politiche "senza se e senza ma" sempre e solo nei confronti degli ultimi e di alcune categorie di persone: i rom, i mussulmani, gli stranieri ecc.
NO alle politiche di tolleranza verso i furbi, soprattutto se sono in colletto bianco (Milko Pennisi del PDL non è stato ancora cacciato via dal partito nonostante sia stato colto in flagranza di reato mentre si intascava 5.000 euro di tangente; e che dire del problema dei derivati, delle eccessive consulenze del sindaco Moratti eludendo le norme amministrative??),  
NO alla mancanza di politiche di socializzazione e di riqualificazione delle periferie, nelle quali non vi sono spazi civici, centri di aggregazione giovanile, centri multifunzionali per anziani e i pochi circoli sociali vengono "tormentati" da continui controlli nella speranza che chiudano, negando il loro ruolo fondamentale di presidio sociale! Ricordo che per riqualificare una periferia -come qualsiasi sociologo può confermare (v. facoltà di sociologia dell'Univ. degli Studi di Milano Bicocca) non basta costruire nuovi edifici, ma bisogna creare spazi e luoghi GRATUITI di socializzazione, perchè bisogna favorire la creazione del senso di comunità e di appartenza alla collettività.
No al taglio di sovvenzioni e aiuti alle associazioni che operano in periferia e che sopperiscono alle carenze del Comune  di Milano.

BASTA con questa politica che trasforma tutto in un problema di ordine pubblico da 20 anni a questa parte: i risultati negativi dimostrano l'inefficienza di questa politica dell'emergenza e della paura, che è servito solo poer far manbassa di voti.
Molti milanesi hanno votato per il pugno duro del centro-destra: complimenti! si sta andando di male in peggio!!! Si spinge verso lo scontro tra etnie, invece di promuovere una società multietnica accogliente e includente.

Sul caso di via Padova ecco i comunicati di alcune forze politiche. Spero vogliate leggerli e riflettere.

Cordiali saluti a tutti/e
Antonella Fachin
Consigliera di Zona 3
Capogruppo Uniti con Dario Fo per Milano
Facebook: Antonella Fachin

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Comunicato stampa di Vittorio Agnoletto
AGNOLETTO: «De Corato e la Lega: avvoltoi sul cadavere di un ventenne.
AVREBBERO DOVUTO ANDARE sì in via Padova ma per dimettersi».
Milano, 14 febbraio 2010 - «La visita di De Corato e di Boni oggi pomeriggio in via Padova – dichiara Vittorio Agnoletto, candidato presidente della Regione Lombardia per la Federazione della Sinistra - rappresenta bene la bassezza morale dei rappresentanti delle amministrazioni milanesi. Con un cadavere ancora caldo di un giovane ventenne in attesa di autopsia, si sono presentati in via Padova con l’intento di esacerbare gli animi, di istigare gli uni contro gli altri italiani e immigrati, pronti a cavalcare l’esasperazione per raccogliere qualche voto in più.
Si sono comportati come veri e propri imprenditori della paura.
Quello che è accaduto ieri in via Padova è il risultato di quanto da tempo viene denunciato quasi quotidianamente dal cardinale Tettamanzi: l’assenza di qualunque politica di accoglienza e di integrazione verso gli immigrati. Proprio per aver denunciato questa situazione il cardinale è stato più volte attaccato violentemente e ripetutamente dalla Lega.
L’assenza di politiche d’integrazione guidate e pianificate è l’altra faccia di scelte speculative che hanno reso invivibili interi quartieri della città abbandonati a se stessi, dove vivono i milanesi più poveri e si concentrano gli immigrati, mentre la giunta milanese si è concentrata solo sul centro di Milano da trasformare in un salotto e sull’Expo; e quella lombarda sulla costruzione di una reggia per il governatore Formigoni, costata 500 milioni sottratti alle case popolari e con tanto di eliporto. Questa politica urbanistica ha prodotto ghetti dove decine e decine di persone vivono ammassate in condizioni indecenti senza igiene e sicurezza, dove chi gestisce il traffico di droga ha facilità a reclutare manodopera e a nascondersi, dove proprietari di casa senza scrupoli affittano monolocali fatiscenti per diverse migliaia di euro. Quanto accaduto domenica rappresenta il fallimento totale delle politiche della giunta comunale e regionale.
Boni e De Corato avrebbero dovuto presentarsi oggi in via Padova per rassegnare le loro dimissioni  davanti alle vittime delle loro politiche speculative, gli abitanti del quartiere».
Vittorio Agnoletto, candidato presidente della Regione Lombardia per la Federazione della Sinistra
* * * *

MILANO - VIA PADOVA: DISGUSTOSO COMPARTAMENTO DI SALVINI E DE CORATO. VANNO ESPULSI LORO, DAL GOVERNO DELLA CITTÀ
di lucmu (del 14/02/2010, in Migranti&Razzismo)
Come milanese e residente di via Padova, prima ancora che come rappresentante istituzionale, mi sento disgustato di fronte al comportamento ipocrita e vergognoso di Salvini e De Corato, che fanno finta di essere appena sbarcati da Marte, mentre in realtà sono quelli che in città comandano da una vita e sono tra i principali responsabili della situazione di abbandono delle periferie urbane.
Lasciamo stare la Regione, governata da 15 anni dallo stesso Presidente e da 10 in alleanza con la Lega. E evitiamo anche di ricordare che le politiche sull’immigrazione sono regolate sin dal 2002, cioè da ormai 8 anni, da una legge che si chiama “Bossi-Fini”.
Ma che dire del fatto che la Lega siede al governo della città da 17 anni e che lo stesso Matteo Salvini siede in Consiglio Comunale dal medesimo numero di anni, cioè dal 1993? O che dire del prode De Corato, che siede in Consiglio Comunale addirittura dal 1985 e che da ben 13 anni, cioè dal secolo scorso, occupa ininterrottamente la carica di Vicesindaco. Insomma, non facciano le verginelle!
La situazione di via Padova -o meglio di quella parte tra viale Monza e via Padova, delimitata da piazzale Loreto, da una parte, e dai ponti ferroviari, dall’altra- è il frutto del progressivo abbandono delle periferie da parte delle istituzioni e della loro trasformazione in un mero problema di sicurezza. Non a caso, nella seconda giunta Albertini, ci fu addirittura un assessorato denominato significativamente “alle Periferie, Sicurezza e Protezione Civile”.
In cambio, in via Padova è arduo trovare una presenza civile e civica delle istituzioni. Le scuole e gli insegnanti, già messi in ginocchio dai tagli draconiani all’istruzione pubblica di Tremonti e Gelmini, vengono lasciati soli di fronte a delle classi sempre più multietniche, salvo poi inventarsi l’ennesimo provvedimento a negativo, cioè le quote. Di spazi sociali o culturali, per giovani o anziani, non c’è quasi traccia, anzi, una delle poche presenze civiche, quelle delle associazioni dell’ex-municipio di Crescenzago, è finita nel mirino del Comune.
Un quartiere multietnico cresciuto senza accompagnamento, senza politica pubblica, senza strategia, senza investimenti per l’inclusione. E come meravigliarsi che in questa situazione i furbi e i profittatori abbiano trovato il loro piccolo paradiso, a danno sia degli italiani, che degli stranieri?
Quando poi succede un fatto grave, come l’omicidio del giovane pizzaiolo Ahmed, ed esplode la rabbia dei suoi coetanei, allora la prolungata assenza delle istituzioni e di un politica degna di questo nome, fa sì che ognuno e ognuna cerchi riparo nell’unico fortino che la solitudine gli abbia lasciato: quello dell’appartenenza su base etnica o culturale. Magrebino contro sudamericano, italiano contro straniero eccetera.
Il disastro costruito da anni di abbandono delle periferie urbane e di criminalizzazione degli immigrati tout court è tutto qui, nella formazione di tante piccole patrie etniche.
Ora coloro i quali governano da quasi vent’anni questa città cercano di vendere la favola che la colpa sia di qualcun altro e, da codardi quali sono, alzano il tiro all’inverosimile, chiedendo rastrellamenti ed “espulsioni casa per casa, piano per piano” ed annunciano cortei xenofobi in via Padova.
L’unica espulsione di cui invece ci sarebbe bisogno è quella di De Corato e Salvini dal governo della città.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
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comunicato stampa di Sinistra Ecologia Libertà
Scontri Via Padova, SeL: Dimissioni casa per casa
I fatti avvenuti a Milano in via Padova sono la conferma del fallimento della legge Bossi-Fini, strutturalmente costruita per non promuovere processi di integrazione ma anche come purtroppo vediamo incapace di tutelare la convivenza. Ma è il fallimento anche delle politiche concrete con cui il centrodestra ha governato il territorio. È il luogo dell'esercito in permanenza, presentato in pompa magna proprio nell'esatto luogo dell'omicidio di ieri, è il luogo di sperimentazione delle "ronde" ben prima che diventassero grottesca e disattesa legge dello stato, è il luogo delle telecamere istallate e poi scomparse.
Per contro è il luogo dove comprensori scolastici, luoghi di culto cattolici quanto islamici, associazioni e singoli cittadini sono stati lasciati totalmente soli nella gestione quotidiana dell'esistente.
Via Padova è stata anche fino a ieri, diversamente da quanto tinteggiano molti organi di informazione, il luogo di un esperimento di successo, di una convivenza difficile ma possibile. Il luogo della riapertura dei negozi chiusi da anni, dell'integrazione a mezzo scuola, del dialogo religioso. Quella via Padova ce la può ancora fare e a coloro che blaterano di pugno di ferro e di espulsioni casa per casa andrebbe oggi rivolto l'invito a dimettersi tutti, casa per casa.
A sostegno delle politiche di convivenza e integrazione autoprodotte dai cittadini delle zona , contro i fabbricanti di paura e i loro bancarottieri locali Sinistra Ecologia e Libertà invita i suoi aderenti, le associazioni, i singoli ad una serie di iniziative territoriali, di cui la prima proprio in:
 via Padova angolo Predabissi mercoledì 17 febbraio dalle ore 16,30.


Sinistra Ecologia Libertà
Milano, 14 febbraio 2010

Lunedì, 15 Febbraio, 2010 - 14:53

Fiaccolata via Padova

A seguito dei gravi fatti di sabato notte, OGGI 15 FEBBRAIO 2010 DALLE ORE 18 IN VIA PADOVA (ANG. P.LE LORETO), FIACCOLATA PER LA SICUREZZA AL FIANCO DEI POCHI RESIDENTI ITALIANI DEL QUARTIERE E DELLE ASSOCIZIONI DELLA ZONA.

Un intero quartiere sotto assedio, auto e negozi presi di mira e assaltati, vetrine infrante e marciapiedi tempestati di vetri. L'uccisione di un ragazzo egiziano di 20 anni per mano di una banda di sudamericani ha trasformato via Padova, tra le zone più a rischio di Milano data la fortissima presenza di stranieri (in maggioranza irregolari), in un vero e proprio teatro di guerriglia urbana. Un Far West indegno e, in fondo, prevedibile.
Contro la totale assenza di un'autentica politica d'integrazione degli immigrati!
Contro la violenza di bande e gruppi d'iregolari dediti a droga, prostituzione e criminalità!
Contro i magistrati che boicottano la legge BOSSI-FINI!
Per la LIBERTA' dei cittadini italiani di muoversi sicuri nelle loro città!
Per la SICUREZZA di tutti i residenti nei quartieri abbandonati al degrado e al comando di stranieri clandestini!

Lunedì, 15 Febbraio, 2010 - 14:24

in nome delle belle ragazze albanesi

Dalla scrittrice albanese Elvira Dones riceviamo questa lettera aperta al premier Silvio Berlusconi in merito alla battuta del Cavaliere sulle "belle ragazze albanesi". In visita a Tirana, durante l'incontro con Berisha, il premier ha attaccato gli scafisti e ha chiesto più vigilanza all'Albania. Poi ha aggiunto: "Faremo eccezioni soloper chi porta belle ragazze".

Cari saluti
Antonella Fachin
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"Egregio Signor Presidente del Consiglio,
le scrivo su un giornale che lei non legge, eppure qualche parola gliela devo, perché venerdì il suo disinvolto senso dello humor ha toccato persone a me molto care: "le belle ragazze albanesi". Mentre il premier del mio paese d'origine, Sali Berisha, confermava l'impegno del suo esecutivo nella lotta agli scafisti, lei ha puntualizzato che "per chi porta belle ragazze possiamo fare un'eccezione."
Io quelle "belle ragazze" le ho incontrate, ne ho incontrate a decine, di notte e di giorno, di nascosto dai loro magnaccia, le ho seguite da Garbagnate Milanese fino in Sicilia. Mi hanno raccontato sprazzi delle loro vite violate, strozzate, devastate. A "Stella" i suoi padroni avevano inciso sullo stomaco una parola: puttana. Era una bella ragazza con un difetto:
rapita in Albania e trasportata in Italia, si rifiutava di andare sul marciapiede. Dopo un mese di stupri collettivi ad opera di magnaccia albanesi e soci italiani, le toccò piegarsi. Conobbe i marciapiedi del Piemonte, del Lazio, della Liguria, e chissà quanti altri. E' solo allora - tre anni più tardi - che le incisero la sua professione sulla pancia:
così, per gioco o per sfizio.
Ai tempi era una bella ragazza, sì. Oggi è solo un rifiuto della società, non si innamorerà mai più, non diventerà mai madre e nonna. Quel
puttana sulla pancia le ha cancellato ogni barlume di speranza e di fiducia nell'uomo, il massacro dei clienti e dei protettori le ha distrutto l'utero.
Sulle "belle ragazze" scrissi un romanzo, pubblicato in Italia con il titolo Sole bruciato. Anni più tardi girai un documentario per la tivù svizzera:
andai in cerca di un'altra bella ragazza, si chiamava Brunilda, suo padre mi aveva pregato in lacrime di indagare su di lei. Era un padre come tanti altri padri albanesi ai quali erano scomparse le figlie, rapite, mutilate, appese a testa in giù in macellerie dismesse se osavano ribellarsi. Era un padre come lei, Presidente, solo meno fortunato. E ancora oggi il padre di Brunilda non accetta che sua figlia sia morta per sempre, affogata in mare o giustiziata in qualche angolo di periferia. Lui continua a sperare, sogna il miracolo. E' una storia lunga, Presidente... Ma se sapessi di poter contare sulla sua attenzione, le invierei una copia del mio libro, o le spedirei il documentario, o farei volentieri due chiacchiere con lei. Ma l'avviso, signor Presidente: alle battute rispondo, non le ingoio.
In nome di ogni Stella, Bianca, Brunilda e delle loro famiglie queste poche righe gliele dovevo. In questi vent'anni di difficile transizione l'Albania s'è inflitta molte sofferenze e molte ferite con le sue stesse mani, ma nel popolo albanese cresce anche la voglia di poter finalmente camminare a spalle dritte e testa alta. L'Albania non ha più pazienza né comprensione per le umiliazioni gratuite. Credo che se lei la smettesse di considerare i drammi umani come materiale per battutacce da bar a tarda ora, non avrebbe che da guadagnarci.
* Elvira Dones, scrittrice-giornalista.
Nata a Durazzo nel 1960, si è laureata in Lettere albanesi e inglesi all?Università di Tirana. Emigrata dal suo Paese prima della caduta del Muro di Berlino, dal 1988 al 2004 ha vissuto e lavorato in Svizzera. Attualmente risiede negli Stati Uniti, dove alla narrativa alterna il lavoro di giornalista e sceneggiatrice.

Lunedì, 15 Febbraio, 2010 - 13:14

"Sicurezza a Milano: dalle parole ai fatti!"

Oggi si verifica, purtroppo, esattamente quello che il MSI, inascoltato, prevedeva, già nel 1986. Interi quartieri di Milano, invasi dagli immigrati, trasformatisi in pericolosi ghetti fuori da ogni controllo e da ogni legalità, come nelle peggiori periferie di Parigi e di New York.

Oltre a espellere tutti i clandestini ed a sospendere i flussi immigratori, serve una "legione straniera", un nuovo reparto specializzato di polizia (composto da volontari italiani di orgine extracomunitaria) che sia delegato a gestire l'ordine nei quartieri a rischio ed a mantenere i rapporti con le rispettive comunità etniche, culturali e religiose di appartenenza, insegnando loro come ci si deve comportare in un paese civile e democratico dove sono ospiti.

Il PDL e la Lega Nord devono farsi un bell'esame di coscienza, governiamo il Comune di Milano, da oltre un ventennio ma con quali risultati sulla sicurezza? E' ora che si passi dalle parole ai fatti, dalle promesse elettorali alle azioni concrete, i milanesi hanno superato ogni soglia di tolleranza. Io stesso, in prima persona, ho sempre segnalato le problematiche di Viale Padova al Sindaco Letizia Moratti ma non ho visto praticamente nessun miglioramento.

Roberto Jonghi Lavarini

Oggi a Milano: grande manifestazione popolare contro l'immigrazione clandestina, la criminalità ed il degrado. Corteo e fiaccolata con partenza alle ore 18.00 da Piazzale Loreto angolo Viale Padova. Interverranno cittadini, residenti, commercianti, comitati di quartiere, esponenti della politica e delle istituzioni. Italiani: riprendiamoci la nostra città, ritorniamo padroni a casa nostra!

DESTRA PER MILANO

Lunedì, 15 Febbraio, 2010 - 13:11

"Caso Pennisi: via le mele marce dal PDL"

Camillo Milko Pennisi è sempre stato un fellone, antipatico, supponente ed arrogante ma non pensavo fosse anche un ladro. Su questo, purtroppo, oramai, ci sono pochi dubbi, visto che è stato arrestato con le mani nella marmellata, grazie alla collaborazione di un cittadino milanese vessato che, giustamente, si è ribellato. Il Popolo della Libertà deve vigilare sui propri rappresentanti e selezionare meglio la sua classe dirigente, per non perdere credibilità e consenso, a favore della Lega Nord. Poche mele marce possono creare danni enormi, rovinando tutto il cesto, per questo, se e quando ci sono, vanno individuate ed eliminate subito. Pennisi deve essere espulso dal PDL, come esempio per tutti, per gli iscritti e per gli elettori.
"Veritas filia temporis" (Aulo Gelio)
http://archiviostorico.corriere.it/1998/luglio/23/Jonghi_Lavarini_sfida_duello_consigliere_co_7_9807235818.shtml
Pennisi è politicamente morto, dopo essere stato colto sul fatto, ha confessato di avere intascato la mazzetta ma ora gli inquirenti stanno indagando su altri possibili casi di concussione ed anche sul suo propbabile uso di cocaina. Il torbido caso Pennisi mette in seria difficoltà il PDL, a pochi giorni dalle elezioni regionali. Dobbiamo reagire e dimostrare che si tratta veramente di un caso isolato. Serve un segnale forte e chiaro, l'espulsione di Pennisi non basta, propongo ai Presidenti Silvio Berlusconi e Roberto Formigoni, di candidare alle prossime elezioni regionali, nel listino bloccato, proprio l'imprenditore Mario Basso che si è ribellato alla malapolitica, denunciando il bieco Pennisi alle autorità competenti. Sarebbe un segnale inequivocabile che zittirebbe subito Di Pietro, Grillo ma anche gli amici leghisti. Fra l'altro, Bassi,si è detto di centro-destra e, sul Corriere della Sera di oggi, alla domanda di un giornalista, non ha escluso la possibilità di entrare in politica.

DESTRA PER MILANO

Domenica, 14 Febbraio, 2010 - 20:54

Arcigay: richiediamo con forza il matrimonio

Si conclude a Perugia il XIII Congresso nazionale. Standing ovation per l'approdo della Binetti all'UDC. Eletto il nuovo presidente Paolo Patanè

14/02/2010 - Ufficio Stampa Arcigay

Si conclude oggi a Perugia il XIII Congresso nazionale di Arcigay, da 25 anni la maggiore Associazione lesbica egay italiana, che conta più di 180.000 soci.

I circa 200 delegati hanno ribadito conforza nella mozione programmatica approvata e in più documenti politicil'urgenza delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender italiane di vedere riconosciuta la parità di diritti per tutti i cittadini. In particolare si è riaffermata la richiesta dell'accesso al matrimonio anche per le coppie dello stesso sesso, anche attraverso la programmazione di iniziative e campagne nei prossimi mesi.

All'inizio dei lavori della giornata, il congresso ha accolto con una standing ovation il passaggio di Paola Binetti, contro cui l'associazione ha in corso una causa civile per le sue affermazioni omofobiche, nel suo giusto partito, l'UDC responsabile della vergognosa votazione del Parlamento che in ottobre ha promosso la pregiudiziale contro i differenti orientamenti sessuali, paragonandoli a zoofilia, incesto e pedofilia.

Sono stati eletti i nuovi organidirigenti. Il siciliano Paolo Patanè ha sostituito Aurelio Mancuso come presidente nazionale, mentre il bresciano Luca Trentini prende il posto di Riccardo Gottardi come segretario nazionale. Patanè, primo firmatario della mozione approvata, Essere Futuro, è da tre anni coordinatore di Arcigay Sicilia e responsabile Salute. Il congresso ha inoltre eletto il nuovo consiglio nazionale, composto da 73 persone, esponenti di tutti i 46 comitati territoriali e ha riconfermato l'udinese Alberto Baliello come presidente del Collegio Garanti

Nonostante l'acceso dibattito tra le due mozioni che si confrontavano, il congresso ha approvato in maniera condivisa una serie di ordini del giorno che impegnano l'associazione in differenti priorità: un fondamentale impegno nelle politiche di prevenzione da HIV, la costruzione di nuovi strumenti di formazione e relazione per la socializzazione delle persone lgbt, la messa in rete delle buone pratiche per lo sviluppo dei comitati provinciali e dei circoli, il proseguimento della lotta contro lo sviluppo delle antiscientifiche teorie riparative, che con la collusione delle gerarchie ecclesiastiche vorrebbero riportare le persone lgbt nell'invisibilità e nella sofferenza.

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