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.: Il Blog di Alessandro Rizzo
Venerdì, 9 Marzo, 2007 - 17:19

per la liberazione di Daniele Mastrogiacomo

Diamoci un appuntamento per la liberazione di Daniele Mastrogiacomo
Le reti e le associazioni milanesi del movimento per la pace invitano tutte/i a partecipare

Lunedì 12 marzo - dalle ore 18.00 in Piazza S.Babila

Presidio/Manifestazione
LIBERARE LA PACE! LIBERTA’ PER L’INFORMAZIONE!
LIBERTA' PER DANIELE MASTROGIACOMO E PER GLI ALTRI OSTAGGI DELLA GUERRA
PACE E LIBERTA' PER IL POPOLO AFGHANO E TUTTE LE DONNE E GLI UOMINI VITTIME DELLA GUERRA
Invitiamo le associazioni e le reti milanesi, le cittadine e i cittadini  a far circolare l’informazione e a partecipare
Venerdì, 9 Marzo, 2007 - 16:58

dossier sulla caccia

Italia, Belpaese anche per l’enorme patrimonio di biodiversità, con ben 94.771 specie diverse di animali, ma che ad ogni chiusura della stagione venatoria svela un atteggiamento ‘contronatura’. Italia, paese dove ancora si spara ad aquile e lontre, come è accaduto in questa stagione di caccia, dove decade persino il decreto che tentava di farci entrare in Europa, vietando di sparare nelle aree SIC e ZPS (tutelate dalle norme comunitarie), a causa dell’ostruzionismo in un Parlamento che non fa in tempo a convertirlo in legge, dove ben 13 regioni abusano del meccanismo delle deroghe per uccidere a specie protette come peppole e fringuelli e allungano i periodi di caccia previsti dalla legge nazionale.
Italia dove si è ancora costretti ad attribuire a 3 regioni, Liguria, Veneto e Toscana, la MAGLIA NERA per aver emanato leggi sulla caccia, piani faunistici venatori e attuazione della direttiva Uccelli dell’Unione Europea in totale contrasto con le norme comunitarie. Italia, dove il diritto di chi imbraccia il fucile (e che rappresenta meno dell’1% della popolazione) prevale sugli altri cittadini quando si tratta di entrare in terreni privati in virtù di un assurdo articolo del Codice Civile in palese violazione delle leggi sulla proprietà privata. Italia, paese dove è ancora necessario lo sforzo di centinaia di guardie volontarie venatorie per contrastare il bracconaggio che vede nelle aree più calde, come le Valli Bresciane, lo Stretto di Messina, l’Isola d’Ischia, il Delta del Po, le lagune pugliesi, trasformare l’esercizio della caccia in attività illegale. Italia dove si spara persino da bunker interrati, si seminano trappole, lacci, reti, si ingannano uccelli di pochi grammi con richiami vivi o elettromagnetici vietati dalla legge e che fanno recapitare migliaia di animali feriti o uccisi ai Centri di recupero. Italia dove il bilancio del bracconaggio, un viziaccio tutto italiano, ancora una volta è in nero. Il fenomeno, ricorda il WWF, sta portando sull’orlo dell’estinzione almeno 10 specie protette: orso bruno marsicano, grifone, falco pecchiaiolo e altri uccelli migratori, istrice, lontra, lince, lupo, gallina prataiola e persino il dattero di mare.

E’ questa la triste sintesi del Dossier del WWF “Radiografia di un paese contronatura e fuori dall’Europa” presentato oggi presso il Centro di Recupero Animali Selvatici della Maremma di Semproniano (Grosseto), alla vigilia della chiusura della stagione venatoria 2006-2007 che vedrà sparare l’ultima cartuccia il prossimo 31 gennaio.

“E’ urgente invertire la rotta di un paese dove la quasi totale maggioranza degli italiani è persino contraria a qualsiasi attività venatoria e ricondurre questa attività a semplice esercizio ricreativo riducendo il suo forte impatto, insieme al bracconaggio, sulla fauna” – ha dichiarato Fulco Pratesi, Presidente del WWF Italia

Il WWF indica 4 semplici richieste:
- alle Regioni, alle quali chiediamo di rispettare le leggi europee e quelle della natura abbandonando la tentazione di ottenere consensi elettorali in cambio delle concessioni ai cacciatori;
- al Parlamento e al Governo che devono approvare rapidamente le norme che applicano la Direttiva Habitat sulla fauna e habitat naturali (anche per evitare pesanti sanzioni dall’Unione Europea) e appoggiare la proposta di legge di modifica dell’art. 842 del Codice Civile che vieterebbe finalmente di cacciare nei terreni privati anche se non recintati;
- infine ai cacciatori ‘illuminati’ che devono uscire allo scoperto appoggiando le richieste delle associazioni e affrontando anche confronti pubblici sui possibili convergenze con amministratori locali e associazioni venatorie.

“Questo è forse il momento più favorevole per agire e lasciarsi alle spalle le polemiche strumentali e inutili e convergere finalmente tutti su un obiettivo comune che è quello di proteggere il nostro patrimonio comune di biodiversità che passa necessariamente attraverso la rigida regolamentazione dell’attività venatoria ed un appoggio forte con strumenti e mezzi alla lotta al bracconaggio. Il percorso è semplice: si tratta solo di una questione di buona volontà”, ha concluso Pratesi.

BRACCONAGGIO: ANCORA UN ANNO NERO
Al danno enorme dell’attività venatoria ‘legale’ per la fauna si aggiunge quello ben più grave e di proporzioni insostenibili connesso al bracconaggio che si manifesta regolarmente secondo una varietà infinita di pratiche. L’impennata dei ricoveri di animali protetti (migliaia ogni anno), soprattutto uccelli rapaci, in coincidenza con la stagione di caccia, è un segnale inconfutabile della grave commistione tra le due realtà. Quest’anno non sono mancati episodi eclatanti di uccisione o ferimento di aquile reali (Biondino-Lecco a gennaio, a novembre nel Bergamasco), di una lontra in Basilicata. Aperti ancora i ‘fronti’ più caldi, come le valli bresciane, le lagune del delta del Po nonostante siano all’interno della Rete natura 2000, dell’isola d’Ischia, dello stretto di Messina, delle lagune pugliesi. Le oltre 400 guardie volontarie venatorie del WWF, divise in 49 Nuclei provinciali su 4 regioni sono costrette ad un controllo serrato e svolgono funzioni di Polizia Giudiziaria in stretta collaborazione con l’Autorità giudiziaria. Appostamenti per scovare bracconieri e cacciatori poco attenti alle regole in condizioni totalmente disarmate: unici strumenti l radio trasmittenti, binocoli, macchine fotografiche, carta e penna ed un’infinita volontà.

I Campi antibracconaggio più difficili, quelli di Ischia dove dopo 10 anni di intensa attività il fenomeno di bracconaggio si è per fortuna ridotto quasi allo zero, quello delle Valli bresciane, una delle zone ancora a più alta intensità di bracconaggio d’Italia, dove le guardie pattugliano sia le montagne della Val Sabbia, Val Camonica e Val Trompia che le zone collinari e pianeggianti della parte meridionale della provincia. Nel 2006 qui sono stati sequestrati circa 2.000 animali protetti (fringuelli, pettirossi, rari beccofrosoni), 400 archetti (erano 4.000 nel 2002), 26 reti da uccellagione e oltre 500 trappole , 65 richiami elettroacustici in 3.500 ore di servizio.

http://www.wwf.it/Lombardia/news/2912007_8138.asp

Venerdì, 9 Marzo, 2007 - 12:54

Digital divide: occorre sostenerlo!

www.beppegrillo.it

In Italia il digital divide aumenta implacabilmente rispetto all’Europa. Aumenta insieme agli stipendi e alle stock option dei manager di Telecom Italia. Negli Stati Uniti più del 50% delle famiglie ha la banda larga. La banda larga, non l’ADSL: la BANDALARGAAAA!!! In Italia ci sono zone dove non è coperto neppure il cellulare.
Il presidente dell’AIIP, i provider italiani, mi ha inviato questa lettera. Domani l’ AGCom e il Governo hanno la possibilità di cambiare le cose. Inviamogli una mail di sostegno:Agcom, Gentiloni, Sircana.

Caro Beppe,
come presidente dell’Associazione più rappresentativa dei Provider italiani, sento il dovere ed anche la necessità, di scriverti una lettera, per far conoscere ai tuoi affezionati lettori, le ragioni per cui il mercato della larga banda in Italia, non riesce a decollare, ragioni che abbiamo affrontato con molte iniziative con altre associazioni interessate al settore, dagli utenti agli operatori più piccoli.
I mali di Internet li conosciamo tutti: la copertura territoriale è limitata, ancora assente in numerosi alcune aree, mentre i prezzi rimangono tra i più alti d’Europa. Come se non bastasse, la nostra rete ATM è vetusta e satura al punto che nemmeno Telecom individua più un interesse a farci investimenti sopra. Vedi, caro Beppe, si parla tanto di VoIP e di IPTV ma sono in molti a non accorgersi che, qui da noi, mancano a volte, perfino le condizioni di base per accedere ad Internet.
Spesso associazioni di utenti ed associazioni di imprese hanno interessi contrapposti; in questo caso, invece, gli interessi sono allineati e le iniziative congiunte tra associazioni di operatori ed associazioni di utenti sono state numerose, per cercare di smuovere la situazione evitando che si perpetui quello che diceva Floris nel suo libro 'Monopoli': che il monopolio uscito dalla porta della telefonia rientri dalla finestra della larga banda.
Pensare che ci sono Paesi – dalla Corea al Giappone - che hanno fatto della larga banda una priorità nazionale. E senza andare troppo lontano, gia la vicina Danimarca riesce a vantare il primato di avere il maggior numero di linee a larga banda per abitante. Un esempio vincente che rappresenta un esempio da seguire e da riproporre subito, anche qui in Italia. Come? Semplicissimo.
Nei prossimi giorni l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCom) e il Governo sono chiamati a valutare l’opportunità di un provvedimento d’urgenza per adottare in Italia gli stessi prezzi applicati in Danimarca per l’offerta all’ingrosso, fatta a noi operatori e meglio nota come ‘Bitstream’. Questa offerta rappresenta un’occasione d’oro per far funzionare Internet in Italia.
La modalità Bitstream è importante, in Europa la maggioranza delle linee in larga banda degli operatori alternativi è realizzata con questa modalità, che ha il vantaggio di non duplicare la rete dove gia c’è, liberarando risorse per portare Internet dove manca.
Ecco spiegato perché decidere oggi i prezzi di vendita che Telecom applicherà agli operatori per l’offerta Bitstream, è un fatto non banale, che ha richiesto decine di riunioni e chilometri di carta, di lettere, di spostamenti e di continui rinvii. Pensa solo che Telecom si era impegnata a farlo entrare in vigore entro dicembre del 2005.
Ci siamo messi a studiare tutte le pratiche europee e finalmente una soluzione l’abbiamo trovata: si chiama Danimarca. Studi tecnici approfonditi ci confermano che quella danese è la migliore offerta di interconnessione, perché ha favorito la crescita del mercato e l’apertura della concorrenza. I fatti ci dicono che abbiamo ragione. Per ricreare in Italia lo stesso ambiente tecnologico danese, dobbiamo partire proprio dai prezzi all’ingrosso del Bitstream. Solo così avremo la speranza che si abbassino i prezzi al pubblico e che il mercato si apra ai benefici della concorrenza, andando a liberare risorse da investire nelle aree scoperte. Basta veramente poco, Beppe, ma non dipende più da noi. Lo deve fare AGCom: vogliamo i prezzi danesi, subito.”
Marco Fiorentino - Presidente AIIP

Venerdì, 9 Marzo, 2007 - 12:52

Oro alla Patria per l'open source

www.beppegrillo.it

L’Italia ha bisogno di soldi. E io voglio sempre aiutarla. L’iniziativa: “Oro alla Patria” continua.
Le applicazioni software della Pubblica amministrazione non costeranno più niente. Non costano già più niente. Basta passare al software Open Source, software libero che non costa un euro. Nei ministeri, nelle regioni, nelle scuole, negli ospedali pubblici, nei tribunali, eccetera, eccetera.
Quanto spende lo Stato per comprare, aggiornare le applicazioni Microsoft? Da domani potrà costare zeroeuro. L’Europa si sta muovendo, come la Norvegia.
Chavez è già partito e entro il 2007 metà del settore pubblico venezuelano sarà Open Source. L’Open Source si può adottare subito, perchè aspettare?
Le amministrazioni pubbliche che lo hanno fatto, forse ci sono, mi contattino inviando una mail. Le citeremo tutte nel blog dopo una ispezione di tecnici di fiducia dei Meetup. Tutte le altre si diano una mossa perchè stanno buttando nel cesso le nostre tasse. Invito un ministro, chiunque voglia, a battere un colpo, a dare un esempio e scrivere a questo blog quando e come passerà all’Open Source e quanto farà risparmiare ai cittadini.
Belin, mi sto facendo un c..o così a studiare l’informatica per fare un po’ di risparmio. E i nostri dipendenti sono rimasti al pallottoliere. Questo è il vero problema. La loro forza dell’ignoranza unita alla nostra rassegnazione.
RESETTA Microsoft, passa all’Open Source.

Venerdì, 9 Marzo, 2007 - 12:44

Petizione per favorire distributori di idrogeno

Petition on line e Beppe Grillo - Firma la Petizione per favorire
l'installazione dei distributori di idrogeno
Oggetto: Signature Confirmation - OBBLIGHIAMO LE MULTINAZIONALI DEL
PETROLIO A MIGLIORARE L'AMBIENTE - 126259 - idrogeno

"OBBLIGHIAMO LE MULTINAZIONALI DEL PETROLIO A MIGLIORARE L'AMBIENTE"

Da Beppe Grillo

Un cittadino italiano ha finalmente deciso che gli fa troppo male
respirare le polveri sottili e vedere persone a cui vuole bene morire
di cancro intorno a sè per il benessere delle multinazionali
petrolifere e ha chiesto alla commissione europea (dipartimento
dell'ambiente) di creare una legge che obblighi i padroni del petrolio
ad installare accanto ad ogni distributore di benzina almeno un
distributore ad idrogeno e di incominciare a produrlo utilizzando
energie rinnovabili.
In parole povere questa legge favorirà introduzione sul mercato delle
automobili ad idrogeno a ***ZERO INQUINAMENTO*** e ad alte prestazioni!!!
Finalmente potremo respirare a pieni polmoni e anche i figli dei nostri
figli!
L'auto del futuro esiste già in vari modelli!
Bastano 800.000 firme per far abbassare la testa ai padroni del petrolio.

Firmate la petizione per voi, i vostri amici e parenti!
Cogliamo questa opportunità e facciamone un'arma, anche per altre piccole
battaglie.

Io l'ho fatto e sono il numero 18531!!

PER FIRMARE LA PETIZIONE SUL LINK QUI SOTTO:
http://www.petitiononline.com/idrogeno/petition-sign.html

Venerdì, 9 Marzo, 2007 - 12:35

CONVENZIONE - QUADRO PER LE MINORANZE NAZIONALI

CONVENZIONE - QUADRO PER LA PROTEZIONE DELLE MINORANZE NAZIONALI

adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa
il 10 novembre 1994

(la Convenzione è stata sottoscritta il 1 febbraio 1995 dai seguenti Stati: Austria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Irlanda, Islanda, Italia, Liechtenstein, Lituania, Norvegia, Olanda, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Ungheria)

Gli Stati membri del Consiglio d'Europa e gli altri Stati firmatari della presente Convenzione quadro, considerando che il fine del Consiglio d'Europa è di realizzare un'unione più stretta tra i suoi membri al fine di salvaguardare e di promuovere gli ideali e i principi che costituiscono il loro comune patrimonio;
considerando che uno dei mezzi per realizzare tale fine è la salvaguardia e lo sviluppo dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;
desiderando dar seguito alla Dichiarazione dei capi di Stato e di governo degli Stati membri del Consiglio d'Europa adottata a Vienna il 9 ottobre 1993;
risoluti a proteggere l'esistenza delle minoranze nazionali sui loro rispettivi territori;
considerando che gli sconvolgimenti della storia europea hanno mostrato che la protezione delle minoranze nazionali è essenziale alla stabilità, alla sicurezza democratica e alla pace del continente;
considerando che una società pluralistica e veramente democratica deve non solo rispettare identità etnica, culturale, linguistica e religiosa di ogni persona appartenente a una minoranza nazionale, ma anche creare delle condizioni adatte a permettere di esprimere, di preservare e di sviluppare questa identità;
considerando che la creazione di un clima di tolleranza e di dialogo è necessaria per permettere alla diversità culturale di essere una fonte oltre che un fattore, non di divisione, ma di arricchimento per ogni società;
considerando che lo sviluppo di un'Europa tollerante e prospera non dipende solo dalla cooperazione tra Stati, ma si fonda anche su di una cooperazione transfrontaliera tra collettività locali e regionali rispettosa e della costituzione e dell'integrità territoriale di ogni Stato;
tenendo in considerazione la Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali e i suoi Protocolli; tenendo in considerazione gli impegni relativi alla protezione delle minoranze nazionali contenuti nelle convenzioni e dichiarazioni delle Nazioni Unite nonché dei documenti della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa, specialmente quello di Copenaghen del 29 giugno 1990;
risoluti a definire i principi da rispettare e le obbligazioni che ne derivano per assicurare, nel seno degli Stati membri e degli altri Stati che diverranno parti del presente strumento, la protezione effettiva delle minoranze nazionali e dei diritti e delle libertà delle persone appartenenti a queste ultime nel rispetto del primato del diritto, dell'integrità territoriale e della sovranità nazionale;
essendo decisi a realizzare i principi enunciati nella presente Convenzione quadro a mezzo di legislazioni nazionali e di politiche governative appropriate;
hanno convenuto su quanto segue:
TITOLO I
PRINCIPI FONDAMENTALI

Articolo 1
La protezione delle minoranze nazionali e dei diritti e delle libertà delle persone appartenenti a queste minoranze forma parte integrante della protezione internazionale dei diritti dell'uomo e, come tale, costituisce un settore della cooperazione internazionale.

Articolo 2
Le disposizioni della presente Convenzione quadro saranno applicate secondo buona fede, in uno spirito di comprensione e di tolleranza e nel rispetto dei principi di buon vicinato di amichevoli relazioni e di cooperazione tra gli Stati.

Articolo 3
Ogni persona appartenente a una minoranza nazionale ha il diritto di scegliere liberamente di essere trattata o di non essere trattata come tale e nessun svantaggio deve risultare da questa scelta o dall'esercizio dei diritti che ad essa sono legati.
Le persone appartenenti a minoranze nazionali possono individualmente o in comune con altri esercitare i diritti e le libertà derivanti dai principi enunciati nella presente Convenzione quadro.
TITOLO II
PRINCIPI SPECIFICI

Articolo 4
Le Parti si impegnano a garantire ad ogni persona appartenente a una minoranza nazionale il diritto all'uguaglianza di fronte alla legge e a un'eguale protezione della legge. A questo riguardo, ogni discriminazione basata sull'appartenenza a una minoranza nazionale è vietata.
Le Parti si impegnano ad adottare, se del caso, misure adeguate in vista di promuovere, in tutti i settori della vita economica, sociale, politica e culturale, un'uguaglianza piena ed effettiva tra le persone appartenenti ad una minoranza nazionale e quelle appartenenti alla maggioranza. Esse tengono debitamente conto, a questo proposito, delle specifiche condizioni delle persone appartenenti a minoranze nazionali.
Le misure adottate conformemente al paragrafo 2 non sono considerate come un atto di discriminazione

Articolo 5
Le Parti si impegnano a promuovere le condizioni adatte a permettere alle persone appartenenti a minoranze nazionali di conservare e sviluppare la loro cultura, nonché di preservare gli elementi essenziali della loro identità, cioè la loro religione, la loro lingua, le loro tradizioni e il loro patrimonio culturale.
Senza pregiudizio delle misure prese nel quadro della loro politica generale d'integrazione, le Parti si astengono da ogni politica o pratica tendente a un'assimilazione contro la volontà delle persone appartenenti a delle minoranze nazionali e proteggono queste persone contro ogni azione diretta a una tale assimilazione.

Articolo 6
Le Parti si preoccuperanno di promuovere lo spirito di tolleranza e il dialogo interculturale e di adottare misure efficaci per favorire il rispetto e la comprensione reciproci e la cooperazione tra tutte le persone che vivono sul loro territorio, qualunque sia la loro identità etnica, culturale, linguistica o religiosa, specialmente nei settori dell'educazione, della cultura e dei mezzi di comunicazioni di massa.
Le Parti si impegnano ad adottare tutte le misure appropriate per proteggere le persone che potrebbero essere vittime di minacce o di atti di discriminazione, di ostilità o di violenza in ragione della loro identità etnica, culturale, linguistica o religiosa.

Articolo 7
Le Parti si preoccuperanno di assicurare ad ogni persona appartenente a una minoranza nazionale il rispetto dei diritti alla libertà di riunione pacifica e alla libertà di associazione, alla libertà di espressione e alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione.

Articolo 8
Le Parti si impegnano a riconoscere a ogni persona appartenente a una minoranza nazionale il diritto di manifestare la propria religione o le proprie convinzioni, nonché il diritto di creare istituzioni religiose, organizzazioni e associazioni.

Articolo 9
Le Parti si impegnano a riconoscere che il diritto alla libertà di espressione di ogni persona appartenente a una minoranza nazionale comprende la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee nella lingua minoritaria, senza ingerenza delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiere. Nell'accesso ai mezzi di comunicazione di massa, le Parti si preoccuperanno, nel quadro del loro sistema legislativo, affinché le persone appartenenti a una minoranza nazionale non siano discriminate.
Il primo paragrafo non impedisce alle Parti di sottoporre a un regime di autorizzazione, non discriminatorio e fondato su criteri obiettivi, le imprese di radio, televisione o cinema.
Le Parti non ostacoleranno la creazione e l'utilizzazione di mezzi di comunicazione di massa scritti da parte di persone appartenenti a minoranze nazionali. Nel quadro legale della radio e della televisione, esse si preoccuperanno, per quanto possibile e tenuto conto delle disposizioni del primo paragrafo, di accordare alle persone appartenenti a minoranze nazionali la possibilità di creare e utilizzare i propri mezzi di comunicazione di massa.
Nel quadro del loro sistema legislativo, le parti adotteranno misure adeguate per facilitare l'accesso delle persone appartenenti a minoranze nazionali ai mezzi di comunicazione di massa, per promuovere la tolleranza e permettere il pluralismo culturale.

Articolo 10
Le parti si impegnano a riconoscere a ogni persona appartenente a una minoranza nazionale il diritto di utilizzare liberamente e senza ostacoli la propria lingua minoritaria in privato come in pubblico oralmente e per iscritto.
Nelle aree geografiche di impianto rilevante o tradizionale delle persone appartenenti a minoranze nazionali, allorché queste persone ne facciano richiesta e che quest'ultima risponda ad un reale bisogno, le parti si sforzeranno di assicurare, per quanto possibile, condizioni che permettano di utilizzare la lingua minoritaria nei rapporti tra queste persone e le autorità amministrative.
Le parti si impegnano a garantire il diritto di ogni persona appartenente ad una minoranza nazionale di essere informata, nel più breve termine, ed in una lingua che essa comprende, delle ragioni del suo arresto, della natura e delle motivazioni dell'accusa portata contro di lei, nonché di difendersi in quest'ultima lingua, se necessario con l'assistenza gratuita di un interprete.

Articolo 11
Le Parti si impegnano a riconoscere ad ogni persona appartenente ad una minoranza nazionale il diritto di utilizzare il suo cognome (il suo patronimico) e i suoi nomi nella lingua minoritaria oltre che il diritto al loro riconoscimento ufficiale, secondo le modalità previste dal loro sistema giuridico.
Le Parti si impegnano a riconoscere ad ogni persona appartenente ad una minoranza nazionale il diritto di presentare nella propria lingua minoritaria insegne, iscrizioni e altre informazioni di carattere privato esposte alla vista del pubblico.
Nelle regioni tradizionalmente abitate da un numero rilevante di persone appartenenti ad una minoranza nazionale, le Parti, nel quadro del loro sistema legislativo, non esclusi, se del caso, accordi con altri Stati, si sforzeranno, tenendo conto delle loro condizioni specifiche, di presentare le denominazioni tradizionali locali, i nomi delle strade e altre indicazioni topografiche destinate al pubblico anche nella lingua minoritaria, allorché vi sia una sufficiente domanda per tali indicazioni.

Articolo 12
Le Parti prenderanno, se necessario, misure nel settore dell'educazione e della ricerca per promuovere la conoscenza della cultura, della storia, della lingua e della religione delle loro minoranze nazionali, così come della maggioranza.
In questo contesto, le Parti offriranno specialmente possibilità di formazione per gli insegnanti e di accesso ai manuali scolastici, e faciliteranno i contatti tra alunni e insegnanti di comunità differenti.
Le Parti si impegnano a promuovere l'uguaglianza delle opportunità nell'accesso all'educazione a tutti i livelli per le persone appartenenti a minoranze nazionali.

Articolo 13
Nel quadro del loro sistema educativo, le Parti riconoscono alle persone appartenenti a una minoranza nazionale il diritto di creare e gestire i loro propri stabilimenti privati di insegnamento e di formazione.
L'esercizio di questo diritto non implica alcuna obbligazione finanziaria per le Parti.

Articolo 14
Le Parti si impegnano a riconoscere a ogni persona appartenente a una minoranza nazionale il diritto di apprendere la sua lingua minoritaria.
Nelle aree geografiche di impianto rilevante o tradizionale delle persone appartenenti a minoranze nazionali, se esiste una sufficiente domanda, le Parti si sforzeranno di assicurare, in quanto possibile e nel quadro del loro sistema educativo, che le persone appartenenti a queste minoranze abbiano la possibilità di apprendere la lingua minoritaria o di ricevere un insegnamento in questa lingua.
Il comma 2 del presente articolo sarà attuato senza pregiudizio dell'apprendimento della lingua ufficiale e/o dell'insegnamento in questa lingua.

Articolo 15
Le Parti si impegnano a creare le condizioni necessarie alla partecipazione effettiva delle persone appartenenti a minoranze nazionali alla vita culturale, sociale ed economica, nonché agli affari pubblici, in particolare a quelli che le riguardano.

Articolo 16
Le Parti si astengono dal prendere misure che, modificando le proporzioni della popolazione in un'area geografica ove risiedono persone appartenenti a minoranze nazionali, hanno per scopo di attentare ai diritti e alle libertà derivanti dai principi enunciati nella presente Convenzione quadro.

Articolo 17
Le Parti si impegnano a non ostacolare il diritto delle persone appartenenti a minoranze nazionali di stabilire e mantenere, liberamente e pacificamente, dei contatti al di là delle frontiere con persone che si trovano legalmente in altri Stati, specialmente quelle con le quali esse hanno in comune un'identità etnica, culturale, linguistica o religiosa, o un patrimonio culturale.
Le Parti si impegnano a non ostacolare il diritto delle persone appartenenti a minoranze nazionali di partecipare ai lavori delle organizzazioni non governative tanto sul piano nazionale quanto su quello internazionale.

Articolo 18
Le Parti si sforzeranno di concludere, se necessario, accordi bilaterali e multilaterali con altri Stati, specialmente gli Stati vicini, per assicurare la protezione delle persone appartenenti alle minoranze nazionali interessate.
Se del caso, le Parti prenderanno misure adatte a incoraggiare la cooperazione.

Articolo 19
Le Parti si impegnano a rispettare e a mettere in opera i principi contenuti nella presente Convenzione quadro apportandovi, se necessario, le sole limitazioni, restrizioni o deroghe previste negli strumenti giuridici internazionali, specialmente nella Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e nei suoi Protocolli, in quanto esse sono pertinenti per i diritti e libertà derivanti dai detti principi.
TITOLO III
DISPOSIZIONI CIRCA INTERPRETAZIONE DELLA CONVENZIONE

Articolo 20
Nell'esercizio dei diritti e delle libertà derivanti dai principi enunciati nella presente Convenzione quadro, le persone appartenenti a minoranze nazionali rispettano la legislazione nazionale e i diritti altrui, in particolare quelli delle persone appartenenti alla maggioranza o alle altre minoranze nazionali.

Articolo 21
Nessuna disposizione della presente Convenzione quadro sarà interpretata come implicante per un individuo un qualunque diritto di darsi a un'attività o di realizzare un atto contrario ai principi del diritto internazionale e specialmente alla sovrana uguaglianza, integrità territoriale e alla indipendenza politica degli Stati.

Articolo 22
Nessuna disposizione della presente Convenzione quadro sarà interpretata come limitante o attentatrice dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali che potessero essere riconosciuti conformemente alle leggi di ogni Parte o di ogni altra Convenzione della quale questa Parte contraente è parte.

Articolo 23
I diritti e le libertà derivanti dai principi enunciati nella presente Convenzione quadro, nella misura in cui hanno corrispondenza nella Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e nei suoi Protocolli, saranno intesi conformemente a questi ultimi.
TITOLO IV
DISPOSIZIONI CIRCA LA VIGILANZA
SULL'ATTUAZIONE DELLA CONVENZIONE

Articolo 24
Il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa è incaricato di vigilare sull'esecuzione della presente Convenzione quadro da parte delle Parti contraenti.
Le Parti che non sono membri del Consiglio d'Europa parteciperanno al meccanismo di attuazione secondo modalità da determinarsi.

Articolo 25
Nel termine di un anno a decorrere dall'entrata in vigore della presente Convenzione quadro nei confronti di una Parte contraente, quest'ultima trasmette al Segretario Generale del Consiglio d'Europa informazioni complete sulle misure legislative e di altro genere che essa avrà preso per dare effetto ai principi enunciati nella presente Convenzione-quadro.
In seguito, ogni Parte trasmette al Segretario Generale, periodicamente e ogni volta che il Comitato dei Ministri lo richiede, ogni altra informazione concernente l'attuazione della presente Convenzione quadro.
Il Segretario Generale trasmette al Comitato dei Ministri ogni informazione comunicata conformemente alle disposizioni del presente articolo.

Articolo 26
Allorché valuta l'adeguatezza delle misure prese da una Parte per dare effetto ai principi enunciati dalla presente Convenzione quadro, il Comitato dei Ministri si fa assistere da un comitato consultivo i cui membri possiedono una riconosciuta competenza nel settore della protezione delle minoranze nazionali.
La composizione di questo comitato consultivo e le sue procedure sono fissate dal Comitato dei Ministri nel termine di un anno a decorrere dall'entrata in vigore della presente Convenzione quadro.
TITOLO V
CLAUSOLE FINALI

Articolo 27
La presente Convenzione - Quadro è aperta alla firma degli Stati membri del Consiglio d'Europa. Fino alla data della sua entrata in vigore, essa è anche aperta alla firma di ogni altro Stato invitato a firmarla dal Comitato dei Ministri. Essa sarà sottoposta a ratifica, accettazione o approvazione. Gli strumenti di ratifica, accettazione o approvazione saranno depositati presso il Segretario Generale del Consiglio d'Europa.

Articolo 28
La presente Convenzione entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo allo spirare di un periodo di tre mesi seguente alla data alla quale i dodici Stati membri del Consiglio d'Europa avranno espresso il loro consenso ad essere legati dalla Convenzione - Quadro conformemente alle disposizioni dell'articolo 27.
Per ogni Stato membro che esprimerà in seguito il suo consenso ad essere legato dalla Convenzione quadro, quest'ultima entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo allo spirare di un periodo di tre mesi seguente alla data del deposito dello strumento di ratifica, accettazione o approvazione.

Articolo 29
Dopo l'entrata in vigore della presente Convenzione - Quadro e dopo consultazione degli Stati contraenti, il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa potrà invitare ad aderire alla presente Convenzione - Quadro, con una decisione presa dalla maggioranza prevista all'articolo 20 dello Statuto del Consiglio d'Europa, ogni Stato non membro del Consiglio d'Europa che, invitato a firmarla conformemente alle disposizioni dell'articolo 27, non l'avrà ancora fatto, e ogni altro Stato non membro.
Per ogni Stato aderente, la Convenzione entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo allo spirare di un periodo di tre mesi seguente alla data del deposito dello strumento di adesione presso il Segretario Generale del Consiglio d'Europa

Articolo 30
Ogni Stato può, al momento della firma o al momento del deposito del suo strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione, designare il territorio o i territori per i quali assicura le relazioni internazionali, in cui si applicherà la presente Convenzione - Quadro.
Ogni Stato può, in qualsiasi momento successivo, con una dichiarazione indirizzata al Segretario Generale del Consiglio d'Europa, estendere l'applicazione della presente Convenzione - Quadro ad ogni altro territorio designato nella dichiarazione. La Convenzione - Quadro entrerà in vigore nei confronti di questo territorio il primo giorno del mese successivo allo spirare di un periodo di tre mesi seguente alla data di ricezione della dichiarazione da parte del Segretario Generale.
Ogni dichiarazione fatta in virtù dei paragrafi precedenti potrà essere ritirata, per quanto attiene a ciascun territorio designato in questa dichiarazione, con notifica indirizzata al Segretario Generale. Il ritiro prenderà effetto il primo giorno del mese successivo allo spirare di un periodo di tre mesi seguente alla data di ricezione della notifica da parte del Segretario Generale.

Articolo 31
Ogni Parte può, in qualsiasi momento, denunciare la presente Convenzione - Quadro indirizzando una notifica al Segretario Generale del Consiglio d'Europa.
La denuncia prenderà effetto il primo giorno del mese successivo allo spirare di un periodo di sei mesi seguente alla data di ricezione della notifica da parte del Segretario Generale.

Articolo 32
Il Segretario Generale del Consiglio d'Europa notificherà agli Stati membri del Consiglio, agli altri Stati firmatari e ad ogni Stato che abbia aderito alla presente Convenzione - Quadro:
a) ogni firma;
b) il deposito di ogni strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione;
c) ogni data di entrata in vigore della presente Convenzione - Quadro conformemente ai suoi articoli 28, 29 e 30;
d) ogni altro atto, notifica o comunicazione concernente la presente Convenzione quadro.

 

Venerdì, 9 Marzo, 2007 - 12:27

RACCOMANDAZIONI AL CONSIGLIO D'EUROPA SUI ROM

Bruxelles, 30 gennaio 2007. L'ufficio di informazioni europeo dei Rom (ERIO) ha presentato le “raccomandazioni” alla presidenza dell’Unione Europea, chiedendo misure urgenti per il miglioramento degli stati di vita delle Comunità dei Rom/Sinti ed il rispetto completo dei loro diritti. In particolare, ERIO invita il presidente-UE a promuovere occasioni paritarie per i Rom/Sinti nella formazione scolastica e nel lavoro ed a rispondere ai bisogni particolari dei rifugiati Rom, nei Paesi candidati ed in Kosovo.

ERIO
L'ufficio di informazioni europeo dei Roma (ERIO: European Roma Information Office) è un'organizzazione internazionale che promuove e che difende i diritti dei Rom in Europa. È stato fondato nel 2003 ed ha sede a Bruxelles. ERIO combatte la discriminazione razzista contro i Rom progettando e promuovendo le politiche che sono orientate verso il miglioramento della situazione socio-economica e l'integrazione sociale dei Rom in Europa. Inoltre, ERIO promuove la partecipazione delle Comunità dei Rom nei processi decisionali al livello europeo, nazionale e locale. Attualmente, ERIO sta mettendo a fuoco politiche di anti-discriminazione nei campi di formazione, di occupazione, di sanità e di alloggio

ERIO: European Roma Information Office
RACCOMANDAZIONI AL CONSIGLIO D'EUROPA SUI ROM

Bruxelles, 30 gennaio 2007
I Rom sono la più grande minoranza dell'Unione Europea. Con l'ingresso di Bulgaria e Romania, ci sono oltre 10 milioni di Rom che vivono negli Stati Membri. Le tematiche dei Rom sono state nell'agenda delle istituzioni europee nell'ultima decade, e secondo la Commissione Europea oltre 270 milioni di € sono stati investiti tra il 2001 e il 2006 [...] in progetti destinati esclusivamente alle comunità rom. Sfortunatamente, i risultati non sono stati proporzionali alla mole degli investimenti. Le comunità rom continuano a fronteggiare forti modelli di esclusione sociale e discriminazione in tutti i paesi EU.
La posizione di estremo svantaggio dei Rom mette in questione la compilazione dell'agenda sociale della EU. L'inclusione sociale e il pari trattamento dei Rom devono essere entrambe una priorità delle istituzioni EU e dei governi nazionali. La realizzazione di questa meta richiede sforzi nelle varie aree e necessita l'impegno dei decisori ai livello nazionale e della Commissione Europea. La meta ultima delle politiche EU verso i Rom devono garantire eguale accesso al lavoro, educazione, alloggio, sanità e il necessario quadro per esercitare i diritti civili e partecipare ai processi decisionali. In questo contesto, ERIO ritiene che la Presidenza tedesca della EU debba giocare un ruolo chiave nel miglioramento delle politiche europee verso i Rom.

Politiche anti-discriminatorie e di Inclusione Sociale
La maggior parte dei Rom sono in posizione svantaggiata nei settori dell'impiego e della casa come nei sistemi scolastici e della sanità e non hanno l'opportunità di partecipare ai relativi processi decisionali. Le istituzioni europee ed i governi nazionali devono fare una priorità dell'incorporare nelle loro agende politiche il miglioramento delle condizioni di vita dei Rom e l'eliminazione della discriminazione costante. Per raggiungere questo obiettivo, ERIO richiede alla Pre-sidenza EU:
1. Rafforzare gli sforzi per sradicare tutte le forme di razzismo e discriminazione contro i Rom. A livello EU la campagna comunitaria "Per la Diversità, contro la Discriminazione" deve essere più efficace tramite una miglior allocazione dei fondi, focalizzandosi su progetti con obiettivi chiari, rivolti a gruppi definiti e con gli indicatori di suc-cesso. Dev'essere assicurata la partecipazione delle organizzazioni dei Rom e l'implementazione di campagne a livello nazionale.
2. Promuovere lo sviluppo di politiche volte all'inclusione dei Rom a livello EU e nazionale. Comprendendo la consultazione delle organiz-zazioni dei Rom nella selezione, progettazione, implementazione e valutazione del Fondo Strutturale dei progetti diretti ai Rom e migliorando l'uso di questi fondi a livello EU.
3. Assicurare che la prevista Agenzia Europea per i Diritti Fonda-mentali si focalizzi con forza sulla lotta contro il razzismo verso i Rom. Dev'essere creata all'interno dell'Agenzia un'unità di lavoro che af-fronti le specifiche tematiche rom e dev'essere assicurata la parte-cipazione delle organizzazioni dei Rom nella Piattaforma delle OnG.
4. Incoraggiare gli Stati Membri a seguire i principi della Risoluzione sui Rom del Parlamento Europeo del 28 aprile 2005.

Bambini Rom e Giovani nel Sistema Educativo
Molti bambini e giovani Rom affrontano discriminazione nel sistema educativo in Europa e non hanno accesso al sistema educativo [...] frequentano scuole segregate e per disturbi mentali. La segre-gazione avviene su basi discriminatorie, e come risultato di questo sistema non sviluppano le necessarie abilità nell'accesso al mercato del lavoro o all'auto-impiego. Quindi la loro integrazione è perciò una delle maggiori sfide che attendono la EU e i governi nazionali nel garantire pari opportunità ai Rom. Per raggiungere questo obiettivo, ERIO richiede alla Presidenza EU:
1. La promozione di politiche onnicomprensive di integrazione scolastica. Nei paesi dove a scolarizzazione segregata viene pra-ticata, i governi nazionali devono essere incoraggiati a sviluppare strategie nazionali che rafforzino la integrazione. I governi devono essere anche galvanizzati nel portare avanti campagne di testimonianza sulla discriminazione nelle scuole per assicurare che i bambini e i giovani Rom siano trattati al pari dei loro coetanei della società maggioritaria.
2. Assicurare che le azioni volte ad abolire la discriminazione affrontata dai Rom nelle scuole, diventino prioritarie nei Programmi della Commissione Europea, particolarmente nei campi dell'anti-discriminazione e dell'inclusione sociale. I progetti che promuovono e appoggiano la de-segregazione devono essere fortemente foca-lizzati sui bambini e sui giovani Rom.

I Rom nel Mercato del Lavoro e dell'Auto-Impiego
Secondo diverse ricerche condotte da istituti riconosciuti, istituzioni europee e organizzazioni dei diritti umani, i Rom affrontano grandi difficoltà nel mercato del lavoro e nelle opportunità di auto-impiego. Altissimi tassi di disoccupazione e sotto-impiego, come pure lavori sotto-qualificati e sottopagati, caratterizzano la situazione dei Rom nel mercato lavorale tanto nei paesi membri che in quelli candidati. Secondo i ricercatori e come ampliamente documentati, questa si-tuazione è il risultato dei bassi livelli di scolarizzazione e delle discri-minazioni affrontate nel mercato del lavoro. Garantire ai Rom un pari accesso all'impiego e alla retribuzione è fondamentale per promuo-vere la loro inclusione sociale e combattere gli alti tassi di povertà. Per ottenere questo obiettivo, ERIO richiede alla Presidenza EU:
1. Di incoraggiare la Commissione Europea e i governi nazionali nello sviluppare programmi di formazione vocazionale che forniscano ai Rom le capacità richieste per accedere a un lavoro adeguato e ad opportunità di auto-impiego. Dato che le donne Rom sono le più soggette alla disoccupazione, devono essere creati programmi specifici indirizzati ai loro bisogni particolari e l'inclusione della comunità Rom nella progettazione, sviluppo e valutazione. Occorre favorire l'accesso a misure di micro-credito per l'auto-impiego e dev'essere tenuta in conto l'importanza che questo può avere nell'integrazione. Dev'essere assicurata la focalizzazione su queste tematiche da parte della CE, specialmente attraverso i Programmi di Progresso e i Fondi Strutturali.
2. Affrontare chiaramente la discriminazione nel mercato lavorale. Occorre assicurare che la Comunità promuova campagne di consa-pevolezza e anti-discriminatorie con attenzione ai Rom, partico-larmente nel quadro Programma Progresso della CE. Queste campagne devono indirizzarsi a lavoratori e amministratori, in particolare a quanti lavorano nelle agenzie per l'impiego. [...]

I Rom nel Processo di Allargamento della EU
Grandi comunità di Rom vivono nei Paesi Candidati: Turchia, Macedonia e Croazia. Rapporti intergovernativi e delle organizzazioni dei diritti umani - tra cui il Rapporto sui Progressi dei Paesi Candidati all'Accesso della Comunità Europea - rivelano che i Rom affrontano forti modelli di esclusione sociale e povertà diffusa nei paesi sum-menzionati. Diffuse violazioni dei diritti umani, demolizioni degli insedia-menti rom, condizioni di vita sotto gli standards ed ampli tassi di disoccupazione e assenteismo scolastico sono la prominente caratteristica della situazione dei Rom nei Paesi Candidati. E' vitale facilitare un miglioramento delle condizioni di vita dei Rom in questi paesi. Per raggiungere questo obiettivo, ERIO richiede alla Presidenza EU:
• Che nei Paesi Candidati prevalga lo stabilizzarsi di un quadro legale e materiale di condizioni necessarie a sviluppare la situazione dei Rom. Il progresso delle condizioni di vita dei Rom in questi paesi dev'essere un parametro per ottenere l'accesso nella EU. L'agenda per l'accesso nella EU dev'essere sviluppata nello stabilirsi (e raf-forzarsi) gli standard minimi di protezione e rispetto dei diritti umani.

Rom Rifugiati e Richiedenti Asilo
La situazione dei rifugiati dell'ex Yugoslavia, tra loro quanti di origine Rom, è allarmante in diversi Stati Membri nell'Europa Occidentale. In molti Stati Membri, questi rifugiati non possono esercitare i basici diritti civili, sono spesso esclusi dal lavoro e non possono continuare gli studi. In aggiunta alla sperimentazione dell'esclusione sociale nei paesi d'asilo, i Rom sono spesso forzati a tornare nei paesi d'origine, nonostante le inadeguate condizioni per un ritorno. Le ragioni per cui i Rom sono forzati a lasciare i loro paesi d'origine nell'ultimo decennio non si differenziano molto da quelle affrontate dalle popolazioni maggioritarie: conflitti armati, violenze etniche, collasso della coe-sione e delle strutture sociali, povertà economica e sociale. Per ga-rantire la sicurezza ai Rom rifugiati, ERIO richiede alla Presidenza EU:
1. Il richiamo degli Stati Membri a rispettare appieno quanto previsto dalla Convenzione di Ginevra e alla predisposizione di misure attive a fermare le espulsioni e i ritorni forzati dei Rom verso l'ex Yugoslavia, fintanto che la situazione rimane pericolosa e non ci sono condizioni adeguate al ritorno.
2. Fare in maniera che gli Stati Membri semplifichino le procedure burocratiche per definire lo status legale dei Rom rifugiati, facilitando quindi la loro integrazione e facilitando la loro integrazione e contributo al pari accesso nei campi dell'impiego, educazione, alloggio e sanità per quanto riguarda i loro diritti civili. Le disposizioni legali applicabili ai rifugiati ed agli stranieri dovrebbero rispettare sempre il principio della non-discriminazione.

I Rom in Kosovo
La situazione delle minoranze in Kosovo, particolarmente i Rom Serbi e Kosovari, è ancora molto precaria e si sovrappone ai problemi relati agli spostamenti interni. Sperimentano inoltre condizioni alloggiative inumane, povero o inesistente accesso alla sanità, scolarizzazione e impiego. I Rom sono regolarmente bersaglio di violenze e crimini razzisti. Non è stato sviluppato alcun Piano d'Azione indirizzato alla situazione dei Rom in Kosovo. Un'importante condizione per stabilizzare la regione assicurare l'attuale pericolosa situazione dei Rom Kosovari è il chiarimento dello status del Kosovo - che dev'essere raggiunto il prima possibile dall'amministarzione ad interim dell'UNMIK, assieme alle autorità Serbe e Kosovare. Testi-moniando così il ruolo che la EU può giocare, non soltanto nel processo negoziale, ma anche nell'amplificare lo sviluppo umano nella regione e la stabilizzazione della situazione sociale, ERIO richiede alla Presidenza EU:
1. Di promuovere la partecipazione dei rappresentanti delle comunità Rom nei negoziati sullo status del Kosovo. Il pieno rispetto dei diritti delle minoranze dovrebbe essere argomento dei dialoghi sullo status del Kosovo.
2. Appoggiare le iniziative per progettare un Piano d'Azione per migliorare la situazione dei Rom in Kosovo. Questo Piano d'Azione deve contenere misure volte all'eliminazione di tutte le forme di discriminazione e razzismo contro i Rom, ed incoraggiare lo sviluppo di un effettivo sistema giuridico che protegga i diritti delle minoranze. Devono essere incluse misure per lo sviluppo delle opportunità si scolarizzazione ed impiego per i Rom e per assicurare la loro partecipazione nel processo decisionale.
3. Fare pressione verso l'UNMIK e le autorità perché scrutinino accuratamente le condizioni dei Rom nei campi rifugiati, così da determinare potenziali rischi per la salute e migliorare i servizi per gli abitanti. Dev'essere data particolare attenzione a quei campi dove c'è rischio di contaminazione da piombo (i campi situati a Mitrovica Nord, come Camp Osterode). Indipendentemente da ciò, la EU deve ricordare all'UNMIK e agli amministratori locali che la sistemazione nei campi rifugiati è soltanto una soluzione temporanea, e questi insediamenti per nessuna ragione devono diventare definitivi. Per quanto rimangano le condizioni che forzano i bambini Rom a rimanere nei campi rifugiati, dev'essere data particolare attenzione ai loro bisogni educativi. Dev'essere inoltre confermata la ricostruzione dei quartieri Rom in Serbia e Kosovo andati distrutti.

European Roma Information Office (ERIO)
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Av. Edouard Lacomblé 17, Brussels 1040 Belgium
Phone: +32 (0) 2733 34 62 Fax : +32 (0) 2733 38 75
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Venerdì, 9 Marzo, 2007 - 12:26

Tutela ex lege Regione Lombardia dei nomadi

Regione Lombardia - Legge regionale n. 77 – 1989

AZIONE REGIONALE PER LA TUTELA DELLE POPOLAZIONI APPARTENENTI ALLE ETNIE TRADIZIONALMENTE NOMADI E SEMINOMADI

Approvata dal Consiglio regionale nella seduta del 31 ottobre 1989
e vistata dal Commissario del Governo
con nota del 12 dicembre 1989 protocollo n. 20702/2968. 90R1215
Pubblicata nel primo supplemento ordinario al Bollettino Ufficiale
della Regione Lombardia n. 52 del 27 dicembre 1989
Il Consiglio Regionale ha approvato
il Commissario del Governo ha apposto il visto
il Presidente della Giunta Regionale promulga la seguente legge:
TITOLO I
FINALITA' ED OBIETTIVI

articolo 1 - Finalità
La Regione Lombardia, aderendo alle dichiarazioni internazionali riguardanti il riconoscimento dei diritti dell' uomo, riconosce il diritto al nomadismo; tutela il patrimonio culturale e l'identità delle "etnie tradizionalmente nomadi e seminomadi"; favorisce l' utilizzo da parte dei nomadi e seminomadi dei servizi pubblici per la tutela della salute e del benessere sociale e più in generale per l' autonomia e l'autosufficienza di tale popolazione.
La Regione Lombardia, mediante le disposizioni della presente legge, disciplina gli interventi a favore delle popolazioni nomadi e semi-nomadi, intesi a favorire rapporti con le comunità locali ed a migliorare le interrelazioni con le istituzioni pubbliche per una più ampia tutela sociale nel rispetto della identità culturale e delle abitudini di vita delle stesse.
Ai fini della presente legge, per nomadi si intendono gli appartenenti alle "etnie tradizionalmente nomadi e seminomadi".

articolo 2 - Obiettivi
Le finalità di cui al precedente articolo 1 sono perseguibili mediante la realizzazione dei seguenti obiettivi generali:
a) approfondire la conoscenza del patrimonio culturale e delle tradizioni delle popolazioni nomadi e portare queste ultime ad una maggiore consapevolezza della realtà socioculturale lombarda;
b) salvaguardare la specificità culturale e linguistica della tradizione delle genti nomadi;
c) favorire l'accesso ai servizi pubblici ed un efficace utilizzo di essi da parte delle popolazioni nomadi;
d) promuovere la partecipazione delle popolazioni nomadi alla predisposizione degli interventi che li riguardano;
e) definire azioni specifiche a tutela sociale di minori;
f) prevedere momenti di confronto, anche su progetti sperimentali, fra politiche regionali di altri paesi della CEE, nel rispetto delle normative nazionali ed internazionali in materia;
g) incentivare tutte le iniziative tese a sensibilizzare la società civile lombarda e gli enti locali per una adeguata accoglienza dei nomadi.
TITOLO II
POLITICHE DI INTERVENTO

articolo 3 - Realizzazione di campi di sosta o di transito
I comuni singoli od associati maggiormente interessati alla presenza di nomadi realizzino campi di sosta o di transito.
I comuni singoli od associati individuano dei campi aventi le caratteristiche specificatamente previste dalla apposita deliberazione di giunta regionale, adottata previo parere dalla consulta per il nomadismo, distintamente per campi di sosta e campi di transito.
I sedimi da adibire a campi sono reperiti nelle aree da destinare a zone per attrezzature di uso pubblico dei piani regolatori generali dei comuni; i comuni potranno a tal fine introdurre apposite varianti agli strumenti urbanistici, ai sensi dell'articolo 5 della legge regionale 12 settembre 1983, n. 70 concernente "norme sulla realizzazione di opere pubbliche di interesse regionale".
I comuni singoli od associati possono realizzare altresì progetti di zone residenziali intese a favorire la sedentarizzazione comunitaria dei nomadi.
L' ubicazione dei campi e delle zone residenziali deve essere individuato in modo da evitare qualsiasi forma di emarginazione urbanistica e da facilitare l'accesso ai servizi e la partecipazione dei nomadi alla vita sociale.

articolo 4 - Accesso ai servizi sociali
Ai fini dell'accesso ai servizi sociosanitari anche la temporanea sosta in territorio comunale della zona sociosanitaria da parte dei nomadi cittadini italiani, costituisce titolo per la fruizione presso le USSL delle prestazioni sanitarie di cui all'articolo 19 della Legge n.833 del 23 dicembre 1978 concernente "istituzione del servizio sanitario nazionale".
La disposizione di cui al precedente comma si applica altresì per l'accesso ai servizi sociali di cui alle leggi regionali 5 aprile 1980, n. 35 “ordinamento dei servizi di zona", 11 aprile 1980, n. 39 "organizzazione e funzionamento delle unità sociosanitarie locali" e 6 gennaio 1986, n. 1 "riorganizzazione e programmazione dei servizi socio-assistenziali della regione Lombardia”.
Per i nomadi sprovvisti di cittadinanza italiana si applicano le disposizioni vigenti in ordine all'accesso e alle modalità di fruizione dei servizi alla persona relativa ai cittadini stranieri e agli apolidi.
I competenti servizi delle USSL sono tenuti a verificare puntualmente le condizioni igieniche dei campi, nonché la situazione sanitaria della popolazione, anche ai fini delle vaccinazioni obbligatorie, e più in generale nella prevenzione delle malattie, articolando in tal senso il regolamento regionale 14 agosto 1981, n. 2 " regolamento di individuazione delle materie delle funzioni di competenza dei servizi della USSL ai sensi dell'articolo 3 della legge regionale 11 aprile 1980, n. 39 "per dette funzioni specifiche”.

articolo 5 - Iniziative nel campo scolastico e professionale
Ferme restando le competenze istituzionali dei soggetti preposti ai diversi tipi di intervento, per la realizzazione del piano triennale di cui al successivo articolo 12, in campo scolastico e professionale, la Regione, sentita la Consulta per il Nomadismo, attraverso il competente settore regionale può stipulare apposite convenzioni con i comuni, maggiormente interessati al fenomeno del nomadismo al fine di realizzare iniziative congiunte.
Le iniziative congiunte comportano il concorso finanziario dei comuni che provvedono alla loro gestione.

articolo 6 - Condizione di assistibilità
I benefici e le provvidenze contemplati nella presente legge e previsti dal piano triennale possono venire erogati ai nomadi sprovvisti di cittadinanza italiana, solo se in regola con le vigenti norme sul soggiorno degli stranieri in Italia.
Le disposizioni di cui al precedente primo comma non trovano applicazione in relazione agli interventi sanitari urgenti.

articolo 7 - Tutela dei minori
I soggetti di cui al successivo articolo 9, ai fini del raggiungimento dell' obiettivo contenuto alla lettera e) del precedente articolo 2, devono:
a) individuare le situazioni di rischio e di disagio sociale dei minori nomadi;
b) collaboratore cogli organismi istituzionali che hanno in carico il minore per un recupero sociale dello stesso;
c) stimolare l'accesso dei minori alla rete di unità di offerta del territorio, in particolare quello previsto dalle leggi regionali 5 aprile 1980, n. 35 "Ordinamento dei servizi di zona", 11 aprile 1980, n. 39 "Organizzazione e funzionamento delle unità sociosanitarie locali" e 7 gennaio 1986, n. 1 "Riorganizzazione e programmazione dei servizi socio-assistenziali della Regione Lombardia" ed in generale delle reti di offerta sociosanitarie rivolte alle persone.
TITOLO III
CONCESSIONE DEI CONTRIBUTI

articolo 8 - Contributi regionali
La Regione concede ai comuni singoli od associati un contributo in conto capitale per la realizzazione di campi di sosta o di transito secondo le modalità previste nella deliberazione di cui al primo comma del successivo art. 12.
Il contributo di cui al precedente comma è integrativo ad altri contributi previsti in materia da leggi nazionali; la cumulabilità dei contributi regionali e statali non deve superare comunque la percentuale che viene determinata dalla deliberazione di cui al primo comma del successivo articolo 12.
TITOLO IV
SOGGETTI ED ORGANISMI CONSULTIVI

articolo 9 - Soggetti
Alla realizzazione degli obiettivi e delle politiche di intervento previsti dalla presente legge, concorrono nel rispetto delle specifiche competenze i seguenti soggetti:
a) la Regione Lombardia;
b) le Province;
c) i Comuni e gli enti responsabili dei servizi di zona (E. R . S. Z.), di cui all'articolo 7 della Legge Regionale 5 aprile 1980, n. 35 concernente "Ordinamento dei servizi di zona";
d) altri enti ed istituzioni pubbliche, cooperative, altri soggetti privati senza scopo di lucro e che svolgono attività in tale ambito.
Nella programmazione e nella realizzazione degli interventi previsti dalla presente legge i soggetti di cui al precedente primo comma, definiscono forme di raccordo con gli organi centrali e periferici delle amministrazioni statali.

articolo 10 - Consulta Regionale per il Nomadismo
E’ istituita, presso la sede della Giunta Regionale – settore coordinamento per i servizi sociali -, la Consulta Regionale per il Nomadismo per creare la partecipazione e per identificare una sede di incontro, confronto, definizione, valutazione e verifica degli obiettivi strategici nonché dei criteri e dei metodi sui quali elaborare il piano regionale degli interventi di cui al successivo art. 12.
La Consulta Regionale è composta:
a) dall' assessore al Coordinamento per i servizi sociali con funzioni di presidente;
b) dai presidenti delle amministrazioni provinciali;
c) dal sindaco del comune capoluogo di regione o suo delegato;
d) da un funzionario designato dal prefetto del capoluogo di regione;
e) da un funzionario designato dal questore del capoluogo di regione;
e) da un funzionario designato dal sovrintendente scolastico regionale;
g) da un rappresentante designato dalle associazioni che si propongono statutariamente la rappresentanza e/o la tutela delle popolazioni nomadi;
h) da un rappresentante delle associazioni nazionale comuni d' Italia (ANCI);
i) da rappresentanti di altri enti ed istituzioni pubbliche, cooperative, altri soggetti privati senza scopo di lucro e che svolgono attività in tale ambito.
I componenti della Consulta Regionale per il Nomadismo sono nominati con decreto del Presidente della Giunta Regionale e durano in carica 5 anni.
Le funzioni di segretario della consulta sono svolte da un funzionario regionale del servizio Programmazione per l'area del servizio sociale del settore coordinamento per i servizi sociali.
Ai componenti la Consulta Regionale per il Nomadismo si applica il disposto dell'articolo 43 della legge regionale 1° agosto 1979, n. 42 concernente "Ordinamento dei servizi e degli uffici della Giunta regionale" e successive modificazioni ed integrazioni.

articolo 11 - Comitato tecnico
La regione per lo svolgimento delle funzioni programmate nella materia, oggetto della presente legge, si avvale di un comitato tecnico.
Detto comitato è istituito presso la giunta regionale, settore coordinamento per i servizi sociali ed è composto:
a) dall' assessore al coordinamento per i servizi sociali o da un suo delegato, con funzioni di presidente;
b) da tre esperti di cultura nomade designati dalla Giunta regionale.
Il comitato tecnico è nominato dalla Giunta regionale e dura in carica 5 anni.
Le funzioni di segretario del comitato sono svolte da un funzionario del servizio programmazione per l' area dei servizi sociali del settore coordinamento per i servizi sociali.
Ai lavori del comitato tecnico, in relazione agli specifici temi trattati, possono essere invitati a partecipare i sindacati dei comuni interessati ed i funzionari regionali dei settori assistenza e sicurezza sociale, sanità ed igiene, istruzione e formazione professionale, industria ed artigianato, cultura ed informazione, oltre, infine, ad altri aspetti di problemi sul nomadismo.
Il comitato tecnico svolge i seguenti compiti:
a) promozione di indagini conoscitive intese alla individuazione della consistenza delle popolazioni nomadi, della loro distribuzione ed alla loro mobilità sul territorio lombardo;
b) predisposizione di atti e provvedimenti degli organi regionali attinenti al nomadismo previsto dalla presente legge;
c) elaborazione di proposte e di documenti di studio in ordine ad iniziative regionali concernenti i nomadi.
Ai componenti del comitato tecnico si applica il disposto dell' art. 43 della legge regionale 1° agosto 1979, n. 42 "Ordinamento dei servizi e degli uffici della Giunta regionale" e successive modificazioni ed integrazioni.
TITOLO V
STRUMENTI PROGRAMMATICI

articolo 12 - Procedure e piano triennale
La Giunta regionale, sentita la Consulta Regionale per il Nomadismo e previo parere del comitato tecnico, propone all'approvazione del consiglio il piano triennale relativo agli obiettivi ed alle politiche di intervento previsti dalla presente legge esplicitando in particolare:
a) gli obiettivi da perseguire nel triennio e per ogni singolo anno;
b) la territorializzazione degli interventi;
c) i criteri e la priorità;
d) le risorse umane e finanziarie necessarie;
e) gli strumenti e le modalità operative di coordinamento e di integrazione del generale sistema dei servizi, economico e del territorio, con le esigenze delle comunicazioni dei nomadi;
f) gli strumenti e le modalità di attuazione e di verifica;
g) le modalità di presentazione delle domande e relativa documentazione;
h) modalità di finanziamento e di erogazione dei finanziamenti relativi agli interventi.
In conformità al piano di intervento di cui al precedente comma, la giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente, delibera la concessione dei contributi ai singoli soggetti beneficiari.
La Giunta regionale ad un anno e mezzo dall' approvazione del piano triennale presenta al consiglio una relazione sullo stato di attuazione del piano e propone altresì al consiglio per l'approvazione l' aggiornamento del piano medesimo con proprio atto amministrativo.
TITOLO VI
RISORSE UMANE, NORMA TRANSITORIA E FINANZIARIA

articolo 13 - Strutture regionali
Per lo svolgimento delle competenze di cui alla presente legge, la Giunta regionale si avvale del servizio programmazione per l'area dei servizi sociali del settore coordinamento per i servizi sociali.
Tenuto conto degli adempimenti da svolgere e delle difficoltà di avere negli organici della Giunta regionale le necessarie competenze tecniche; nelle more dell'acquisizione di nuovi operatori con le procedure previste dalla normativa vigente, la Giunta regionale assicura l'esercizio delle competenze anche attraverso:
a) il comando e/o distacco di operatori laureati e tecnici del servizio sanitario nazionale e degli enti locali;
b) la mobilità settoriale e compartimentale;
c) la stipula di contratti a termine.

articolo 14 - Norma transitoria
La Giunta regionale, in fase di prima applicazione della presente legge, delibera, sentita la competente commissione consiliare, un piano di interventi urgenti, intesi a privilegiare il soddisfacimento delle esigenze più immediate delle popolazioni nomadi.
Il piano, di cui al precedente primo comma, comprende le seguenti azioni:
a) favorire l'inserimento scolastico e la formazione professionale dei giovani nomadi, nonché l'alfabetizzazione degli adulti ivi compreso il bando di borse di studio riservate per la frequenza ai corsi di formazione professionale correlati ad attività tipiche dei nomadi e l'accesso a provvidenze per la frequenza alle scuole medie superiori e all'università;
b) promuovere ricerche sociologiche, antropologiche ed economiche sulle etnie tradizionalmente nomadi, pubblicazione dei risultati nonché organizzazione dei convegni (sui temi del nomadismo) e di conferenze volte a far conoscere alla popolazione lombarda i caratteri della tradizione nomade ed alle popolazioni nomadi della realtà socio-culturale lombarda;
c) sostenere iniziative di solidarietà organizzate secondo il dettaglio della legge regionale 7 gennaio 1986, n. 1 concernente "Riorganizzazione e programmazione dei servizi socio-assistenziali della regione Lombardia ed iniziative sperimentali", secondo il dettaglio della presente legge anche attraverso la stipula di convenzioni dirette;
d) sostenere i comuni ed enti pubblici e privati che operano per diffondere la conoscenza delle forme espressive dei nomadi e delle loro produzioni tipiche, anche mediante l'organizzazione di mostre e di rassegne di materiale artistico ed artigianale, per divulgare e sostenere lo sviluppo delle produzioni tipiche di tali popolazioni.

articolo 15 - Norma finanziaria
E' autorizzata per l'esercizio finanziario 1989 la spesa complessiva di lire 3.500.000.000 per la concessione di contributi in conto capitale per interventi di cui al precedente articolo 8, e lire 500.000.000 di parte corrente per gli interventi di cui al precedente articolo 14.
Al finanziamento dell'onere previsto dal precedente comma, si provvede mediante riduzione, per lire 3.000.000.000, della dotazione finanziaria di competenza e di cassa del "fondo globale per il finanziamento delle spese di investimento derivanti da nuovi provvedimenti legislativi finanziati con mutui "iscritto al capitolo 5.2.2.2.958 e, per lire 500.000.000 mediante riduzione di dotazione finanziaria di competenza e di cassa del "Fondo per la riassegnazione dei residui perenti di spese proprie per l'esercizio di funzioni normali" iscritto al capitolo 5.3.2.1.544, dello stato di previsione delle spese del bilancio per l'esercizio 1989.
Gli oneri derivanti dall'applicazione del precedente articolo 4 della presente legge sono a carico del fondo sanitario, parte corrente, assegnato annualmente alle U.S.S.L. 4. Agli oneri conseguenti al funzionamento della consulta di cui al precedente articolo 10 e del comitato tecnico di cui al precedente articolo 11, si fa fronte mediante impiego delle somme annualmente stanziate al capitolo 1.2.7.1.322 "spese per funzionamento di consigli, comitati, collegi e commissioni, compresi i gettoni di presenza, le indennità di missione e di rimborsi spese".
All'autorizzazione di spesa di cui ai precedenti articolo 5 e 13, si provvederà con successivo provvedimento di legge.
In relazione a quanto disposto dai precedenti commi al bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 1989 sono approvate le seguenti variazioni: (omissis)

articolo 16 - Clausola d'urgenza
La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione e dell'articolo 43 dello Statuto ed entra in vigore il giorno successivo alla data della sua pubblicazione nel bollettino ufficiale della Regione.
La presente legge regionale è pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge della regione Lombardia.

Brevi note sull’applicazione della Legge Regionale 77/89
a cura di Carlo Berini, Associazione Sucar Drom
La Legge Regionale 77/89 per la tutela delle popolazioni appartenenti alle etnie tradizionalmente nomadi e seminomadi è una buona legge, anche se sicuramente mancano alcuni elementi come la mediazione culturale, il superamento dei “campi nomadi” e il sostegno alle famiglie proprietarie di terreni agricoli, la stessa denominazione di queste popolazioni utilizzata nella Legge, ecc.
L’articolo uno e due delineano la forza di questa legge:
- chiedendo la partecipazione diretta dei rom e dei sinti
- riconoscendo e tutelando la cultura e la lingua rom e sinta
- chiedendo una reciproca conoscenza tra cultura rom/sinta e cultura maggioritaria (in senso numerico) – in buona sostanza la mediazione culturale
- uscendo da logiche assistenziali
Purtroppo però una buona legge non è sinonimo di risoluzione dei problemi esistenti, per fare ciò abbisogna del contributo di tutti e questo purtroppo è mancato.
Perché non ha funzionato questa legge? Per diversi motivi, provo ad elencare alcuni:
la legge è poco conosciuta
gli organismi consultivi previsti nella legge non sono convocati da molti anni e in ogni modo sono poco rappresentate le associazioni che lavorano in quest’ambito
si presuppone una sensibilità negli Enti Locali che purtroppo è inesistente
la stessa associazione cui appartengo non ha insistito nel sostenere la legge e a stimolare la Regione ad attuarla
gli interventi finanziati sono stati spesi dai destinatari (Enti Locali) con grave ritardo e in alcuni casi male

La lista potrebbe continuare ma credo importante, sulla base dell’esperienza maturata in questi dodici anni, provare a suggerire brevemente le possibili modalità per riattivare questa buona legge. Più che perdere un anno o due per modificare la legge, cui comunque si può iniziare a lavorare, dobbiamo chiederci: quali bisogni sono espressi dal nostro territorio regionale?
I bisogni sono molteplici e in molti casi sconosciuti, questo anche perché la nostra associazione non ha le risorse finanziarie per una presenza capillare su tutto il territorio regionale. Faccio due esempi:
- un Comune ha una presenza di famiglie rom/sinte e gli amministratori hanno maturato una sensibilità verso queste popolazioni, chi li aiuta nella predisposizione degli interventi? Nessuno.
- una famiglia allargata rom/sinta è presente in un dato territorio, chi li aiuta a far conoscere la propria situazione e le problematiche che incontra in ambito abitativo, culturale, sociale, scolastico e sanitario? Nessuno.
E’ da qui che dobbiamo partire, in altre parole conoscere. Certamente alcune situazioni già le conosciamo e già possiamo agire, ma è anche vero che non sappiamo quanti rom/sinti sono presenti, quali sono il loro problemi e nemmeno conosciamo come operano gli Enti Locali, quali esigenze esprimono. O meglio un’esigenza impellente della maggior parte dei Comuni la conosciamo: cacciare gli zingari. Ciò non ci deve scoraggiare ma dobbiamo riflettere su quanto poco abbiamo fatto nell’opera di reciproca conoscenza, di mediazione culturale.
Inoltre dobbiamo porre la nostra attenzione sul mondo “invisibile” dello spettacolo viaggiante: attività prevalente della maggiore comunità italiana, quella sinta.
Operativamente si deve immediatamente ricostituire il Comitato Tecnico, previsto dalla Legge, con una presenza maggiore d’esperti e soprattutto con la possibilità di una parte di questi esperti di muoversi su tutto il territorio regionale per promuovere la Legge a livello locale.
Il Comitato Tecnico deve predisporre:
- un piano di mappatura delle presenze e dei bisogni sia degli Enti Locali sia delle comunità rom e sinte
- un progetto regionale di mediazione culturale strutturato su tre livelli
1. Regionale di coordinamento, progettazione e verifica – potrebbe essere svolto dallo stesso Comitato Tecnico
2. Provinciale operativo
3. Comunale operativo (Comuni capoluogo)
Voglio sottolineare l’importanza del progetto di mediazione culturale, senza il quale è impossibile mettere in pratica quanto enunciato dalla Legge:
articolo 1, comma 1 - utilizzo da parte dei nomadi e seminomadi dei servizi pubblici per la tutela della salute e del benessere sociale e più in generale per l’autonomia e l'autosufficienza di tale popolazione
articolo 1, comma 2 - favorire rapporti con le comunità locali ed a migliorare le interrelazioni con le istituzioni pubbliche per una più ampia tutela sociale nel rispetto della identità culturale e delle abitudini di vita delle stesse
articolo 2, lettera a - approfondire la conoscenza del patrimonio culturale e delle tradizioni delle popolazioni nomadi e portare queste ultime ad una maggiore consapevolezza della realtà socioculturale lombarda
articolo 2, lettera g - incentivare tutte le iniziative tese a sensibilizzare la società civile lombarda e gli enti locali per una adeguata accoglienza dei nomadi
Questo mio breve intervento non vuole essere esaustivo, anche in relazione ai tanti temi solo accennati, sulle problematiche, irrisolte, presenti nella nostra regione e collegate alla Legge 77/89, ma vuole essere un contributo per riattivare entro i prossimi mesi un percorso virtuoso inceppato da troppi anni.

Venerdì, 9 Marzo, 2007 - 12:25

Raccomandazione UE su diritti rom e sinti

RACCOMANDAZIONE N. 1557
adottata da l'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa,
il 25 Aprile 2002

Da una decina d'anni, l'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa ha sottolineato la necessità di riconoscere ai Rom e ai Sinti una protezione speciale ed ha altresì condannato qualsiasi forma di discriminazione, che purtroppo tuttora si verifica nei diversi Stati Membri dell'Unione Europea. Il tutto è ben precisato nella raccomandazione del 1993. Malgrado i notevoli sforzi messi in atto dalle organizzazione nazionali, dai poteri locali e dalle organizzazioni non governative, gli obiettivi fissati sono stati raggiunti solo in parte.
L'assemblea ricorda la Convenzione per la tutela dei diritti dell'uomo e le libertà fondamentali del 1950 nonché la Convenzione Europea del 1987 che vieta la tortura, pene o trattamenti disumani o umilianti, la Carta Europea (1992) sulle lingue regionali o minoritarie, la convenzione quadro del 1995 per la protezione di minoranze nazionali e la Carta Sociale Europea, rivista nel 1996.
Oggi i Rom e i Sinti sono ancora oggetto di discriminazione, emarginazione e di segregazione. La discriminazione è estesa in tutti i campi, nel pubblico e nel privato compreso il diritto di vedersi negato l'acceso a qualsiasi funzione pubblica: insegnamento, impiego, servizi sanitari, pertanto l'emarginazione e la segregazione economica e sociale dei Sinti e dei Rom si trasforma in discriminazione etnica che tocca generalmente i gruppi sociali più deboli.
I Rom e i Sinti costituiscono un gruppo minoritario particolare per due emotivi: sia trattasi di etnia minoritaria, sia perché tocca le fasce sociali più deboli.
La maggior parte dei Sinti e dei Rom attualmente si confronta con una situazione economica critica in quasi tutti i paesi membri del Consiglio d'Europa. Nell'ambito sociale sono stati portati avanti numerosi progetti mentre l'economia di mercato di stampo neoliberale ha emarginato i gruppi sociali, le fasce svantaggiate, compresi i Rom e i Sinti, questo si è verificato anche nei paesi più sviluppati. Nei paesi dell'Europa Centrale ed Orientale, la transizione economica e politica ha ulteriormente aggravato la situazione sfavorevole dei Rom e dei Sinti.
Da un punto di vista giuridico le Comunità rom e sinte non sono ancora considerate, in tutti i paesi membri, come minoranze etniche nazionale e pertanto non beneficiano dei diritti che questo status prevede. I Rom e i Sinti devono essere trattati come gruppo comunitario nazionale o etnico in ogni Stato membro ed i oro diritti devono essere garantiti. Esiste una Carta Europea che tutela le lingue regionali o minoritarie nonché una convenzione quadro per le minoranze nazionali e vanno applicate.
In tempi recenti, la natura e la destinazione degli spostamenti dei Rom e dei Sinti sono cambiate infatti, antichi paesi di transito sono diventati la loro dimora fissa. I conflitti etnici e le guerre civili hanno accentuato questi fenomeni migratori. Questi fenomeni di emigrazione attirano maggiormente l'attenzione delle persone per la sua natura specifica in quanto trattasi di spostamenti non solitari o individuali, bensì famigliari sia che la famiglia rom e sinta sia grande o piccola. Più stati pertanto hanno messo in atto delle leggi che mirano chiaramente a impedire ai Rom e ai Sinti l'ingresso nel loro paese e pertanto direttamente o indirettamente sono discriminatori nei loro confronti.
E' dunque necessario adottare delle strategie per aiutare i Rom e i Sinti dell'Europa Centrale e Orientale, immigrati nell'Europa Occidentale per evitare che sprofondino nel buio dell'emarginazione; è altresì necessario dare un aiuto concreto per il reinserimento dei Rom e dei Sinti nelle loro terre d'origine.
I Sinti e i Rom, poiché sono a tutti gli effetti cittadini del paese in cui risiedono, devono avere gli stessi diritti e doveri degli altri. Deve essere riconosciuto loro il diritto di spostarsi. Il peso della responsabilità sociale dipende dalle possibilità dei mezzi economici e politici culturali e sociali sia della popolazione maggioritaria, sia della minoranza sinta e rom. La popolazione ospitante deve accettare i Rom e i Sinti senza assimilarli, bensì sostenerli quale gruppo socialmente svantaggiato. Da parte loro i Rom e i Sinti devono accettare le regole vigenti in ambito sociale. I Sinti e i Rom quindi possono essere chiamati ad avere un ruolo più attivo nel cercare la risoluzione dei propri problemi. Lo stato deve fare in modo che si creino le condizioni favorevoli al fine di incoraggiare, pianificare, incentivare il raggiungimento di tali obiettivi.
Gli stati membri del Consiglio d'Europa dovrebbero incoraggiare i Rom e i Sinti ad organizzarsi meglio, a partecipare alla vita politica come elettori candidati o rappresentanti eletti nei parlamenti nazionali. Dovrebbero essere incentivati i partiti politici che includessero nelle loro liste elettorali i Rom e i Sinti naturalmente in luoghi dove hanno la possibilità di essere eletti nei parlamenti nazionali. Gli Stati dovrebbero elaborare e mettere in atto dei piani che mirino a favorire la piena partecipazione dei Rom e dei Sinti, nella vita pubblica a tutti i livelli, dovrebbero altresì partecipare al processo di elaborazione, messa in opera, seguire attivamente ed in prima persona i programmi e le politiche finalizzate a migliorare la situazione attuale.
E' necessario migliorare la condizione delle donne sinte e rom in quanto ricoprono un ruolo fondamentale nel migliorare le condizioni di vita nel nucleo famigliare. Queste donne subiscono una triplice discriminazione: in quanto sinte e rom, in quanto donne, in quanto appartenenti ad una minoranza etnica.
L'Assemblea del Consiglio d'Europa inoltre invita i media a favorire il dialogo tra i Sinti e i Rom e la popolazione ospitante nella lotta contro la discriminazione, è loro compito infatti far conoscere la cultura sinta e rom alla popolazione ospitante e rendere pubblici esempi di inserimento positivo degli stessi.
L'Assemblea del Consiglio d'Europa riconosce che bisognerebbe rinforzare, chiarire e ottenere questo percorso:
a) fra le organizzazioni europee, quali il Consiglio d'Europa, l'organizzazione per la sicurezza e cooperazione in Europa e l'Unione Europea, nell'attività riguardanti i Rom e i Sinti;
b) più organi del Consiglio d'Europa dovrebbero seguire le iniziative, i rapporti, i programmi relativi alla situazione dei Rom e dei Sinti in Europa.
La commissione incaricata di elaborare la futura Costituzione dell'Unione Europea ha chiesto ai rappresentanti di formulare proposte ed ipotesi. Per tanto le comunità sinte e rom dovrebbe sfruttare al meglio questa occasione ed esprimere il loro punto di vista .
Il Consiglio d'Europa può ed deve svolgere un ruolo importante nel migliorare la posizione giuridica dei Rom e dei Sinti sia per il diritto di uguaglianza di qui beneficiano sia per le condizioni di vita.
Per tanto l'Assemblea invita gli Stati Membri a rispettare le sei condizioni qui elencate, necessarie per migliorare la situazione dei ROM/SINTI in Europa:

PRIMA CONDIZIONE
RICONOSCERE LO STATO GIURIDICO DEI ROM/SINTI

Punto 1
Riconoscere i Rom e i Sinti come persone appartenenti a minoranze etniche.

Punto 2
Riconoscere la condizione di gruppo minoritario alle comunità sinte e rom.
Punto 3
Garantire ai Rom e ai Sinti i diritti individuali ed i diritti di comunità minoritaria .
Punto 4
Permettere senza limitazione ai Rom e ai Sinti che risiedono legalmente nel paese dove si trovano di ottenere una carta d'identità.
Punto 5
Stilare, ratificare ed applicare la Convenzione Quadro per la protezione delle minoranze nazionali e la Carta Europea delle lingue regionali minoritarie.
Punto 6
Accordare ai Rom e ai Sinti i diritti sociali tutelati dalla Carta Sociale Europea.
SECONDA CONDIZIONE
ELABORARE ED ATTUARE PROGRAMMI SPECIFICI ATTI A MIGLIORARE L'INTEGRAZIONE DEI ROM E DEI SINTI NELLA SOCIETÀ COME INDIVIDUI, COMUNITÀ, GRUPPI MINORITARI, ASSICURARE INOLTRE LA LORO PARTECIPAZIONE AI PROCESSI DECISIONALI A LIVELLO LOCALE, REGIONALE, NAZIONALE ED EUROPEO

Punto 1
Elaborare e mettere in atto politiche che trattino le problematiche rom e sinte globali e legate a fattori economici, sociali e culturali.

Punto 2
Rinforzare il dialogo tra i Rom e i Sinti, le comunità sinte e rom ed altri gruppi della società.

Punto 3
Fare in modo che i rappresentanti rom e sinti facciano parte a tutti i livelli nei processi decisionali, nella elaborazione e mettere in opera dei programmi che migliorino la situazione di individui dei Rom e dei Sinti e delle loro comunità. Questo coinvolgimento non deve essere una semplice consultazione, ma deve essere fatta sotto forma di una vera collaborazione concreta.

Punto 4
Incoraggiare la presenza dei membri delle comunità sinte e rom nei parlamenti nonché la partecipazione degli eletti Rom e Sinti ai processi legislativi regionali, locali e negli organi esecutivi

Punto 5
Favorire la collaborazione tra varie regioni con lo scopo di trattare i problemi con cui i Sinti e i Rom si confrontano soprattutto con una loro partecipazione attiva.

Punto 6
Rinforzare le procedure di controllo sistematico e regolare l'applicazione delle raccomandazioni e dei programmi specifici che mirano a migliorare la posizione giuridica e le condizioni di vita personali e collettive dei Sinti e dei Rom.
TERZA CONDIZIONE
GARANTIRE AI SINTI E AI ROM TRATTAMENTI IN QUANTO GRUPPO MINORITARIO NEL CAMPO DELL'ISTRUZIONE, DELL'IMPIEGO, DELLA ASSISTENZA MEDICA, DEI SERVIZI PUBBLICI, DELLA SISTEMAZIONE ABITATIVA
Gli stati membri dovranno porre un'attenzione particolare:

Punto 1
Favorire l'inserimento dei Sinti e dei Rom nell'impiego.

Punto 2
Dare ai Sinti e ai Rom la possibilità di frequentare le strutture educative dalla scuola d'infanzia all'Università.

Punto 3
Agevolare i reclutamento dei Sinti e dei Rom nelle strutture pubbliche che interessano direttamente la comunità sinte e rom: come gli edifici scolastici dell'istruzione primaria e secondaria, centri che offrono cure essenziali ed indispensabili centri di protezione sociale.

Punto 4
Far sparire la tendenza a ghettizzare i Sinti e i Rom, ad orientarli verso scuole o classi riservate ad alunni con deficit mentali
QUARTA CONDIZIONE
SVILUPPARE E METTERE IN ATTO AZIONI POSITIVE CHE FAVORISCONO LE CLASSI SVANTAGGIATE QUALI APPUNTO I ROM E I SINTI NEL CAMPO DELL _ISTRUZIONE DEL IMPIEGO DEGLI ALLOGGI

Punto 1
Assicurare nel bilancio dei programmi di sviluppo un sostegno a lungo termine ai redditi delle famiglie svantaggiate comprese i Sinti e i Rom.

Punto 2
Assicurare che i programmi di finanziamento per gli alloggi già stabiliti dal governo siano messi a disposizione delle famiglie socialmente svantaggiate, anche i Rom e i Sinti.

Punto 3
Assicurare un sostegno nel bilancio necessario a migliorare le abitazioni esistenti ed aiutare le comunità sinte e rom dando esse la formazione tecnica necessaria.

Punto 4
Far ricorso alla banca di sviluppo del Consiglio d'Europa per finanziare progetti integrati, elaborati in collaborazione con le comunità Sinte e Rom, per migliorare le loro condizioni di vita per favorire la loro indipendenza economica.
QUINTA CONDIZIONE
PRENDERE PROVVEDIMENTI PRECISI E CREARE ISTITUZIONI SPECIALI PER PROTEGGERE LA LINGUA, LA CULTURA, LE TRADIZIONI, DI IDENTITÀ SINTE E ROM

Punto 1
Facilitare e promuovere insegnamento della lingua romanés.

Punto 2
Incoraggiare i genitori a far frequentare i propri figli nella scuola elementare, media e superiore, informarli della importanza della educazione.

Punto 3
Far conoscere la cultura sinta e rom agli appartenenti alla cultura maggioritaria, in senso numerico.

Punto 4
Provvedere a finche i testi scolastici contengono informazioni sulla cultura rom e sinta.

Punto 5
Assumere insegnanti sinti e rom nelle zone dove gli stessi sono presenti in numero significativo.
SESTA CONDIZIONE
COMBATTERE IL RAZZISMO, XENOFOBIA, L'INTOLLERANZA E GARANTIRE UN TRATTAMENTO NON DISCRIMINATORIO DEI ROM/SINTI A LIVELLO LOCALE, REGIONALE, NAZIONALE, INTERNAZIONALE

Punto 1
Promulgare ed applicare una legislazione globale antidiscriminatoria negli stati membri.

Punto 2
Ratificati come priorità, se non e stato già fatto il protocollo n.12 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo.

Punto 3
Creare organismi di prevenzione e di gestione di conflitti a livello regionale e locale.

Punto 4
Promulgare ed applicare una legislazione globale antidiscriminatoria negli stati membri conforme alla direttiva 2000/4/ce relativa alla messa in atto del principio di uguaglianza nel trattamento delle persone senza distinzione di razza e di etnia.

Punto 5
Sostenere fortemente le organizzazioni non governative di difesa dei diritti individuali e collettivi dei Rom e dei Sinti.

Punto 6
Prestare un'attenzione particolare ai fenomeni di discriminazione nei confronti dei Sinti e dei Rom nel campo dell'istruzione e dell'occupazione lavorativa.

Punto 7
Partendo da dati statistici affidabili lottare contro la discriminazione razziale e proteggere i Sinti e i Rom dall'acquisizione abusiva ed involontaria di dati statistici.

Punto 8
Rinforzare l'osservatorio dei fenomeni di discriminazione nei confronti dei Sinti e dei Rom a livello locale, regionale, nazionale ed internazionale.

Punto 9
Controllare che quanto enunciato nella Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e nella Convenzione di Ginevra del 1951 sia pienamente applicato ai Sinti e ai Rom senza discriminazione alcuna.

Punto 10
Essere particolarmente attenti ai problemi incontrati dai Sinti e dai Rom per quanto concerne l'acquisizione a la perdita di nazionalità delle regole e decisioni nell'attraversare le frontiere.

Punto 11
Garantire che le regole applicate e le politiche messe i atto per il controllo degli spostamenti non siano discriminatorie nei confronti degli emigranti rom e sinti.
L'Assemblea raccomanda al Comitato dei Ministri:
a) costituire un forum consultivo rom e sinto europeo all'interno del quale si possa ascoltare le richieste degli stessi Sinti e Rom ed essere un organo consultativo presso il Comitato dei Ministri e dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa nonché nell'istituzioni dell'Unione Europea;
b) creare la figura istituzionale di un mediatore europeo sinto e rom che si occuperebbe dei diritti violati ai Rom e ai Sinti, sia come individui sia come comunità minoritaria;
c) creare un Centro Europeo di Studio e di Formazione dei Sinti e dei Rom collegato al Centro Europeo della Gioventù del Consiglio d'Europa che potesse confrontare efficaci e positive esperienze concernenti l'integrazione dei Sinti e dei Rom a livello locale, regionale e nazionale negli stati membri, promuovere una collaborazione tra specialisti sinti e rom e specialisti appartenenti al gruppo maggioritario;
d) prevedere il reclutamento di agenti sinti e rom alla segreteria delle organizzazioni;
e) creare un fondo europeo di solidarietà per i Sinti e Rom finanziato da contributi volontari degli stati membri del Consiglio Europeo e da altri organismi internazionali;
f) elaborare un nuovo protocollo da aggiungere alla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo che tratti i diritti delle persone appartenenti a delle minoranze etniche;
g) sostenere sempre più la messa in atto delle iniziative e delle raccomandazioni elencate nei testi internazionali esistenti.

 

Venerdì, 9 Marzo, 2007 - 12:22

per la tutela delle popolazioni rom e sinti

CAMERA DEI DEPUTATI
 
   N. 7610
 
 
PROPOSTA DI LEGGE
 
d'iniziativa dei deputati
 
MASELLI, BOATO, GARDIOL, GATTO, OLIVO, PISAPIA, PISTONE
 
Disposizioni per il riconoscimento e la tutela delle
popolazioni rom e sinti e per la salvaguardia della loro
identità culturale
 
Presentata il 13 febbraio 2001

        

Onorevoli Colleghi! - Nel nostro Paese (così come, a dire il vero, anche nel resto dell'Europa) le condizioni di vita, nonché il livello di integrazione e di accettazione da parte della cosiddetta "società civile" nei confronti delle popolazioni rom e sinti sono talmente preoccupantemente bassi da far pensare ad una vera e propria "emergenza sociale", caratterizzata da elementi di isolamento politico, sociale, economico e culturale. Le popolazioni rom e sinti sono presenti in Italia fin dall'Alto medioevo. Di tale presenza esiste una documentazione certa a decorrere dal secolo XIV.
Il rapporto con queste popolazioni ha costituito, nei secoli, costantemente, un notevole problema giuridico, tanto che ancora oggi ci troviamo di fronte ad una questione ulteriormente urgente, ovvero quella di riconoscere a livello legislativo nazionale una realtà che è invece già presente, in modo ovviamente frammentario, nella legislazione regionale.
La stessa lingua romanesh era stata compresa nell'elenco delle lingue minoritarie di Italia, di cui alla legge 15 dicembre 1999, n. 482, recante "Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche", in seguito, però, era stata stralciata dall'elenco solo perché le norme tipiche della legge non le si applicavano coerentemente.
La presente proposta di legge si propone, dunque, l'intento di redigere un quadro normativo "complessivo" di riferimento, nonché di creare i collegamenti con le leggi già vigenti, come la citata legge n. 482 del 1999 di tutela delle minoranze linguistiche, la legge n. 383 del 2000 di disciplina delle associazioni di promozione sociale e la legge n. 328 del 2000, legge quadro di riforma dell'assistenza, ai fini non solo di fornire garanzie di giustizia e di equità sociale nonché di tutela delle minoranze, ma di contribuire ad un vero cambiamento nel clima ostile che si respira nei confronti delle popolazioni rom e sinti, purtroppo profondamente radicato e diffuso nel nostro Paese. L'atteggiamento più diffuso nei confronti dello "zingaro" è, infatti, quello basato sul sospetto, sulla diffidenza: lo stereotipo di riferimento, invece, si rifà a quello dello stregone, appartenente ad una razza "nera e maledetta", nulla facente e ladro per vocazione.
La prima testimonianza storica dell'ingresso in Italia di tali popolazioni è stata registrata nel 1322 a Bologna, ma le prime ondate migratorie partirono verso la fine del I millennio dall'India nord-occidentale. La diaspora totale fu determinata dall'espansione dell'Islam, che giunse fino al Punjab, zona di origine dell'emigrazione.
I sinti sono probabilmente originari del Rajastan (India del nord) mentre i rom sono originari del centro dell'India. In Europa i gitani sono invece sicuramente presenti dalla fine del 1300. Non facilmente inquadrabile all'interno delle categorie del pensiero medievale, e non facilmente omologabile ed assimilabile dalla cultura occidentale, lo zingaro è rimasto una delle poche figure avvertite come estranee ed inquietanti dalla civiltà moderna, anche perché nomade, errante, senza una patria, appartenente ad un popolo disperso e senza storia. Durante tutto il Medioevo, fino ad arrivare al Rinascimento, nessuno si avvicinò al tema se non in termini, per così dire, creativi: si andavano infatti creando dicerie e leggende riguardo alle loro origini; secondo parte della Chiesa essi erano i discendenti del fabbro che aveva forgiato i chiodi usati per la crocifissione di Cristo, secondo altri erano i discendenti dei sopravvissuti della mitica Atlantide ed a queste ricostruzioni leggendarie se ne sono aggiunte altre simili.
Alla fine del XVIII secolo ci furono i primi tentativi di approccio scientifico allo studio delle loro origini e, partendo dall'analisi del loro linguaggio, si scoprì che il romanesh era un dialetto di origine indoeuropea. Sulla base di questo dato, si riuscì a risalire alle presunte origini dei rom, collocandole, come già detto, nel nord-est dell'India. In realtà, come spesso avviene, una reale ricostruzione storica è stata possibile riordinando e collegando tra loro i moltissimi provvedimenti di tipo amministrativo e giuridico che nei secoli hanno visto come destinatarie le popolazioni nomadi, e in particolare i rom: il percorso che ne viene fuori rappresenta sicuramente una interessante "cartina di tornasole" dell'atteggiamento ostile che i popoli sedentari, a tutti i livelli, sia i cittadini di ogni classe sociale che le istituzioni, hanno sempre dimostrato nei confronti di tali popolazioni. Nei secoli si è andato, infatti, stratificando una sorta di pregiudizio sociale, giuridico e culturale che ha condotto all'adozione di politiche che si concretizzavano, in sintesi, sempre nell'espulsione "legale", nella reclusione di vario genere, o nel tentativo dell'assimilazione forzata di chi apparteneva alle etnie dedite al nomadismo.
Il problema che emerge chiaramente, e che non appare, purtroppo, assolutamente superato dalla nostra moderna, futuristica e futuribile società, si può sempre ricondurre al difficilissimo rapporto del modello sociale occidentale con "l'altro da sé", con chi non è facilmente soggetto a classificazioni e rivendica, non sempre in modo ortodosso e corretto, la propria libertà. Un Paese civile e democratico come è il nostro non può certo permettersi di ignorare che pregiudizi simili hanno, nel corso della storia, condotto a crudeli e vergognose persecuzioni: la Germania nazista con i suoi alleati perseguitò la minoranza zingara, sterminando oltre 500 mila individui: una tragedia, questa, dimenticata ed ignorata. Inoltre, non esistendo nessuna anagrafe, è stato pressoché impossibile quantificare esattamente le perdite. Al processo di Norimberga, nonostante il riconoscimento ufficiale del terribile danno subìto dalle comunità rom e sinti, non fu invitato nessun rappresentante di tali popolazioni, né per intervenire né tantomeno per acquisire il titolo necessario ad ottenere le somme destinate al risarcimento. Attualmente i rom e i sinti che vivono in Italia sono circa 110 mila: la maggioranza sono sinti. Si tratta, comunque, della percentuale di presenze più bassa dell'intera Europa.
Però, nonostante tutti i pregiudizi che si sono ricordati, in realtà, per un periodo considerevole, i rom riuscirono ad inserirsi nel tessuto sociale ed economico europeo in modo soddisfacente: i differenti gruppi cominciarono ad essere riconosciuti con il nome che ne indicava la professione. I rom kalderasha (presenti in Italia in circa 7 mila unità), ad esempio, erano "calderai", lucidatori di metallo, stagnini ed incisori dell'oro, i rudari erano venditori di stoffe, gli ursari ammaestratori d'orsi.
Gli zingari, fino all'avvento dell'industrializzazione, dell'urbanizzazione e della progressiva ma radicale trasformazione dell'economia, riuscivano ad adattarsi ai bisogni della società ospite, a crearsi delle nicchie di esistenza semi-protetta che aveva, come conseguenza dell'impatto, la instaurazione di una convivenza pacifica con chi, seppure diverso, era loro vicino.
Adesso la civiltà nomade deve forzatamente fare i conti con la società moderna, che fornisce ad essa continui segnali di estraneità: dimostra, infatti, di non avere più bisogno dei prodotti artigianali né delle professioni tipiche della tradizione zingara. Insieme alla perdita della loro tradizione, della possibilità di tramandare ai propri figli arti che non hanno più significato, si è verificato anche l'impoverimento economico, e lo scollamento dei ritmi di vita, tipici di queste popolazioni, sicuramente più prossimi a quelli della vita rurale che alla frammentazione e alla velocizzazione degli spazi e dei tempi propri dei sistemi odierni.
Da questi cambiamenti scaturiscono tutti i problemi a cui assistiamo oggi: i nomadi (è il termine con il quale li appellano, utilizzando un'accezione non sempre univoca, i mass media, al fine di superare la definizione "zingari", oramai carica di significati negativi) sono stati, nei fatti, posti ai margini "reali", non solo figurati, delle nostre città. Nel tempo si è dato vita a dei veri e propri ghetti che confinano, nella maggior parte dei casi, con periferie già povere e a rischio, oppure con discariche o zone industriali semi-abbandonate. E' superfluo evidenziare che la marginalità e la povertà creano disagio, e che il disagio è il terreno ideale per la propensione alla criminalità, che a sua volta genera altra marginalità e conflitto sociale.
La tolleranza, l'integrazione e il rispetto sono armi necessarie per evitare l'innescarsi di un meccanismo di odio al quale si risponda con il disprezzo delle regole, della legalità e della convivenza civile. L'anello debole di questa  catena, inoltre, sono i bambini, che molto spesso vengono coinvolti in attività illecite, quali furti negli appartamenti, o borseggio, ed accattonaggio. Il numero delle denunce e dei fermi è aumentato, e il problema della gestione dei minori sottoposti a procedimenti penali è estremamente spinoso e delicato; molto spesso l'attività micro-criminale del bambino zingaro, inoltre, è l'unica fonte di reddito dell'intero nucleo familiare, a sua volta costretto a vivere in condizioni sanitarie e di vita ai limiti della sussistenza.
L'allarme per lo stato in cui versano quasi tutti i campi nomadi disseminati sul territorio nazionale è stato aggravato dall'arrivo, in occasione dell'esodo successivo alla guerra con la Jugoslavia, di migliaia di persone di origine rom. Questi profughi, sia i kosovari che i rom kosovari e serbi, nella confusione successiva al conflitto non sono stati riconosciuti come rifugiati anche laddove ne avrebbero avuto diritto.
La presente proposta di legge si propone, quindi, l'intento di assicurare un sistema di interventi e di garanzie per queste popolazioni, mediante la fissazione di regole che, una volta applicate, produrrebbero sicuramente anche un valore aggiunto in termini di sicurezza e di legalità, a beneficio di una più serena e corretta convivenza civile, e che costituirebbero un primo passo nella direzione della costruzione di una cultura dei diritti e della differenza.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
PROGETTO DI LEGGE - N. 7610
PROPOSTA DI LEGGE
 
Art. 1.
(Princìpi).
        1. La Repubblica, in applicazione degli articoli 2, 3 e 6 della Costituzione, e in conformità alle disposizioni della legge 15 dicembre 1999, n. 482, riconosce, garantisce e tutela la lingua romanesh, l'identità culturale e i diritti delle popolazioni rom e sinti nonché di tutte le popolazioni ad esse assimilabili etnicamente e culturalmente, riconoscendo loro, altresì, uguale diritto al nomadismo o alla stanzialità.
Art. 2.
(Status giuridici).
        1. Fatte salve le disposizioni generali in materia di cui al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione, emanato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, gli appartenenti alle popolazioni rom e sinti possono ottenere il permesso di soggiorno dopo due anni di permanenza documentata e regolare in Italia.
        2. Gli appartenenti alla popolazione rom e sinti residenti in Italia da almeno dieci anni ed in possesso della carta di soggiorno rilasciata ai sensi dell'articolo 9 del citato testo unico emanato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, possono richiedere la cittadinanza italiana ai sensi della lettera f) del comma 1 dell'articolo 9 della legge 5 febbraio 1992, n. 91.
Art. 3.
(Politiche in favore delle popolazioni rom e sinti).
        1. Al fine di realizzare i princìpi stabiliti all'articolo 1, sono promosse politiche ed iniziative volte ad assicurare alle popolazioni rom e sinti:
a)      il riconoscimento e la tutela della lingua romanesh;
b)      il diritto al lavoro, allo studio, alla formazione professionale, all'abitazione ed alla salute;
c)      la fruizione da parte delle popolazioni stesse dei servizi sociali e sanitari;
d)      l'istituzione di figure di mediazione che esercitino anche funzioni di raccordo nel sistema dei servizi di cui alla lettera c), previa predisposizione di specifici programmi per la loro formazione;
e)      il superamento delle difficoltà sociali, culturali ed economiche;
f)       la definizione di forme di partecipazione delle popolazioni stesse alla predisposizione e alla realizzazione degli interventi che le riguardano;
g)      la definizione di azioni specifiche a tutela dei minori;
h)      l'individuazione di misure di sostegno alla produzione del reddito, anche per mezzo di azioni mirate alla formazione e all'avviamento al lavoro.
 
 
Art. 4.
(Inserimento nelle istituzioni scolastiche).
        1. La Repubblica favorisce l'inserimento delle popolazioni rom e sinti nelle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, garantendo, in particolare e quando necessario, specifici interventi di sostegno.
        2. Negli istituti scolastici di ogni ordine e grado nei quali siano presenti almeno venti studenti appartenenti alle popolazioni rom e sinti, è istituito un corso di insegnamento della lingua romanesh. Qualora il numero prescritto non sia raggiunto nei singoli istituti, ma risulti presente nel territorio del comune, è istituita una cattedra di lingua romanesh.
        3. L'insegnamento di cui al comma 2 comprende, oltre alla lingua, anche corsi inerenti agli usi, alle tradizioni e alla storia del popolo rom.
        4. La cattedra di cui al comma 2 organizza sedute pubbliche, iniziative e conferenze rivolte a tutti i cittadini che ne facciano richiesta.
Art. 5.
(Rapporti con le istituzioni).
        1. Gli appartenenti alle popolazioni rom e sinti hanno diritto, nel loro rapporti con la pubblica amministrazione, con gli organi giudiziari e con le Forze dell'ordine, ai sensi del comma 2 dell'articolo 9 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, di essere assistiti da personale in grado di fungere da interprete-traduttore, qualora non abbiano adeguata padronanza della lingua italiana. In tali casi non si applica il disposto di cui al secondo periodo del comma 1 del citato articolo 9 della medesima legge n. 482 del 1999.
        2. Qualora i soggetti di cui al comma 1 siano minori di diciotto anni essi devono essere assistiti anche da un'assistente sociale.
Art. 6.
(Istituzione dell'Osservatorio nazionale permanente).
        1. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari sociali, è istituito l'Osservatorio nazionale permanente per le popolazioni rom e sinti, di seguito denominato "Osservatorio", avente il compito di coordinare la tutela delle popolazioni nomadi, mediante la identificazione di adeguate sedi di incontro, di confronto, di valutazione e di successiva verifica dei risultati raggiunti, al fine di creare un sistema sociale basato sulla integrazione e partecipazione delle minoranze.
        2. L'Osservatorio è istituito con il regolamento di cui al comma 4 ed è composto:
a)      dal Ministro per la solidarietà sociale o da un rappresentante delegato direttamente dal Ministro che lo presiede;
b)      dai rappresentanti dei Ministri dell'interno, per la solidarietà sociale, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, della pubblica istruzione, della sanità, della giustizia, degli affari esteri e dei lavori pubblici;
c)      dai rappresentanti delle regioni;
d)      da dieci rappresentanti delle popolazioni rom e sinti;
e)      dai membri delle associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale operanti nel settore.
  3. L'Osservatorio ha, in particolare, i seguenti compiti:
 a) predisporre annualmente un piano programmatico da presentare entro il mese di ottobre alle Camere. Tale piano, sulla base dei dati del censimento di cui all'articolo 9, deve contenere le indicazioni relative al numero, alla tipologia e ai criteri di collocazione dei campi nomadi;

                b) raccogliere, elaborare e valutare i risultati del censimento di cui all'articolo 9;
                c) creare una banca dati dei progetti realizzati ai sensi della presente legge;
                d) raccogliere i dati della legislazione regionale vigente in materia per farne annualmente una sintesi.

4. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro per la solidarietà sociale adotta il relativo regolamento di attuazione, sentiti la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e le competenti Commissioni parlamentari, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
Art. 7.
(Politiche abitative).
        1. Le regioni, sulla base di quanto stabilito dal piano di cui alla lettera a) del comma 3 dell'articolo 6, attuano la programmazione relativa alle politiche abitative per le popolazioni rom e sinti, sia per quanto riguarda l'individuazione e la realizzazione delle aree di sosta e di transito attrezzate, che per quanto concerne la possibilità di accedere all'edilizia popolare, fermo restando il principio della dignità del contesto abitativo.
        2. I comuni procedono alla individuazione dei siti da destinare alle aree di cui al comma 1, e, ove necessario, provvedono ad apportare varianti agli strumenti urbanistici vigenti, al fine di evitare localizzazioni a rischio di marginalità e di conflittualità sociale.
        3. La gestione delle aree di cui al comma 1 spetta ai comuni, che, al fine di assicurarne il buon funzionamento, possono affidarla, sulla base di apposite convenzioni, ad associazioni ed enti di promozione sociale di cui all'articolo 1, comma 5, della legge 8 novembre 2000, n. 328, prevedendo, altresì, la partecipazione degli abitanti delle medesime aree, in forma individuale od organizzata.
        4. Le aree di cui al comma 1 devono essere progettate e realizzate secondo i seguenti princìpi:

                a) avere una superficie non inferiore a 2 mila metri quadrati e non superiore a 4 mila metri quadrati;

                b) delimitare la grandezza nelle zone da destinare in modo esclusivo ad ogni persona;
                c) essere fornite di servizi igienici funzionanti, che devono essere controllati periodicamente dall'azienda sanitaria locale, nonché di illuminazione elettrica collegata alla rete pubblica, di allacci alla rete fognaria, di contenitori per rifiuti solidi urbani, di cabina telefonica, di spazi atti alla collocazione di prefabbricati e di strutture mobili e non polivalenti, eventualmente adibibili ad attività lavorative, ricreative, culturali ed a presìdi socio-sanitari.
 
Art. 8.
(Definizione delle figure professionali di mediazione).
        1. Nell'ambito dei profili professionali delle figure professionali sociali definiti ai sensi dell'articolo 12 della legge 8 novembre 2000, n. 328, sono individuati specifici profili professionali destinati a svolgere funzioni di mediazione nei confronti delle popolazioni rom e sinti.
Art. 9.
(Censimento).
        1. Ogni quattro anni, a decorrere dal 31 dicembre successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, è indetto il censimento delle popolazioni rom e sinti residenti nel territorio dello Stato.
        2. Il censimento di cui al comma 1 è realizzato dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322.
Art. 10.
(Istituzione del Fondo nazionaleper i minori rom e sinti).
        1. Al fine di realizzare interventi a livello nazionale, regionale e locale per favorire la promozione dei diritti, la qualità della vita, lo sviluppo, la scolarizzazione, la socializzazione e l'integrazione dei minori e degli adolescenti appartenenti alle popolazioni rom e sinti e in conformità ai princìpi stabiliti dalla legge 28 agosto 1987, n. 285, è istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari sociali, il Fondo nazionale per le politiche a favore dei minori rom e sinti.
        2. La ripartizione del Fondo di cui al comma 1 avviene su base regionale.
        3. Sono ammessi al finanziamento del Fondo di cui al comma 1 i progetti che perseguono le seguenti finalità:
a)      porre le condizioni, logistiche e culturali, per una scolarizzazione completa e valida, garantita per l'intero ciclo scolastico obbligatorio e per la scuola materna, avvalendosi sia delle strutture appartenenti al normale circuito scolastico che degli strumenti e delle figure professionali specifici individuati ai sensi della presente legge;
b)       garantire i presupposti necessari ad un sano processo di crescita psico-fisica;
c)      perseguire l'integrazione nel tessuto sociale, per mezzo di attività ludiche, espressive e formative, che prevedano il contatto dei minori rom e sinti con i minori italiani e con gli altri stranieri;
d)      realizzare servizi di preparazione e di sostegno alla crescita, di contrasto alla povertà, alla violenza, allo sfruttamento minorile e all'accattonaggio, nonché di assistenza, di riabilitazione e di reinserimento dei minori coinvolti in procedimenti penali.

Art. 11.
(Formazione professionale).
        1. Le regioni destinano una quota, la cui misura è stabilita dall'Osservatorio, dei fondi per la formazione professionale alla preparazione e alla realizzazione di corsi di avviamento professionale per gli appartenenti alle popolazioni rom e sinti, tenendo conto delle tradizioni professionali e delle specificità culturali delle citate minoranze, prevedendo, altresì, anche percorsi di riconversione professionale.
        2. Al fine di garantire il diritto al lavoro delle popolazioni rom e sinti, le regioni ed i comuni promuovono adeguate iniziative per agevolare la concessione delle licenze e delle certificazioni relative all'esercizio di attività produttive e dello spettacolo, nonché per favorire forme associative o cooperative nei settori di attività tipici dei nomadi.
Art. 12.
(Copertura finanziaria).
        1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2001-2003, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 2001, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato.
        2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

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