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.: Il Blog di Alessandro Rizzo
Giovedì, 14 Agosto, 2008 - 11:47

Georgia, la nuova Cecenia?

Georgia, la nuova Cecenia?
http://www.articolo21.info
di Andrea Riscassi
Quando Anna Politkovskaja parlava del rischio di cecenizzazione della Federazione Russia forse non pensava che i metodi utilizzati da Vladimir Putin nel Caucaso settentrionale si sarebbero estesi anche al Caucaso meridionale. L’Ossezia del sud è una regione della Georgia. Così come la Cecenia è una repubblica della Federazione russa. Dalla fine dell’Urss l’Ossezia meridionale si è proclamata indipendente. Lo stesso aveva fatto la Cecenia, per piegare la quale l’esercito russo ha scatenato due guerre. La seconda delle quali, pur vittoriosa, ha ucciso un decimo della popolazione cecena.
Ora l’esercito georgiano ha deciso di passare alle vie di fatto per cercare di riportare sotto il controllo di Tbilisi quelle terre che da Tbilisi vogliono andarsene. In questi anni la Russia ha lavorato pesantemente ai fianchi della Georgia. Qualche mese fa ha deciso rapporti commerciali stabili con le repubbliche secessioniste della Georgia. In questi fazzoletti di terra ha distribuito a piene mani passaporti e ora de facto l’attacco lanciato dai soldati georgiani è stato sferrato contro cittadini russi. Lì peraltro la forza di interposizione (i cosiddetti caschi blu) è composta solo da soldati russi. È una forza di interposizione farsa che protegge solo una parte. Lo stesso avviene in Transnistria, provincia secessionista della Moldavia. Sono terre russofone e filorusse, che Mosca ha sempre foraggiato per mantenere instabili i paesi confinanti, per tenerli sotto giogo. Ora la Moldavia (che ora si chiama Moldova) sembra “aver capito” e si sta riavvicinando alla Russia di Putin.
La Georgia invece va per la sua strada, ossia verso gli Stati Uniti, verso la Nato. Avrebbe volentieri stabilito rapporti più stabili con l’Unione europea, ma Bruxelles vive una fase di anoressia democratica e non si guarda più attorno. Sono anni che la Russia minaccia la Georgia. Due anni fa per l’arresto di spie russe in territorio georgiano, Mosca ha scatenato un embargo durissimo. Ha persino espulso migliaia di georgiani con aerei cargo, senza sedili, come merci che non servono più. La Russia non accetta che i paesi ex sovietici si avvicinino all’Occidente. E noi occidentali sembriamo disinteressati alla sorte di queste popolazioni.
La Georgia non ha capito la lezione con le buone e ora la Russia passa alle maniere forti, con una reazione sproporzionata. L’ex tenente colonnello del Kgb sta facendo vedere in queste ore chi comanda a Mosca. È Putin a rappresentare la Russia ai giochi olimpici. È lui qualche ora dopo ad atterrare vicino allo scacchiere di guerra. È lui che decide di far bombardare villaggi georgiani a decine di chilometri dall’Ossezia del Sud.
Giornali e tv italiane hanno ricordato in queste ore come dalla Georgia passi uno dei pochi oleodotti che porta petrolio dall’Asia all’Europa (via Turchia) senza attraversare la Russia. L’Unione europea vorrebbe in realtà che anche il gas arrivasse più o meno per lo stesso tragitto. Il progetto di Bruxelles si chiama Nabucco. Ma è un’opera che difficilmente verrà messa in scena. La Russia di Putin con Gazprom ha blindato i paesi che detengono i giacimenti e ha convinto alcuni paesi europei a creare un gasdotto che passi sempre dalla Russia saltando altre nazioni che sognano l’Occidente (leggi Ucraina tornata “arancione”). Questo progetto di gasdotto (South Stream il suo nome) è stato progettato non solo dai russi ma anche da noi italiani, dall’Eni, ovviamente. Il conflitto che in queste ore si sta scatenando nel Caucaso non ci deve essere quindi così indifferente, né è così distante come sembra.
Dal crollo dell’Unione sovietica è in corso una difficile partita a scacchi per capire dove finisca l’Occidente e dove inizi l’Oriente. Una battaglia fatta di embarghi, gasdotti, bandierine piantate sul fondo del Polo Nord, cacciabombardieri in volo, scudi spaziali, spie avvelenate col Polonio, e - come si vede in queste ore - anche Mig, carri armati e morti sulle strade. Un confronto al quale, come da cinquant’anni partecipano solo due attori: Mosca e Washington. Bruxelles sembra sempre il pompiere addormentato che si accorge dell’incendio quando ormai la casa è avvolta dalle fiamme. Il conflitto covava da mesi. Possibile che nessuno dei numerosissimi politici e funzionari europei se ne sia accorto? E ora cosa faranno? Manderanno un po’ di soldati danesi a brindare con i generali putiniani? O finalmente diranno qualcosa senza aspettare che la Casa Bianca (quella americana, non quella dove ora sta Putin) dia la linea?
La Russia da anni prova a vedere fino a che punto può sfidare le coscienze europee. Nessuno ha detto niente per le guerre cecene (fatte in violazione di qualunque codice militare) e al Cremlino sembrano convinti che nessuno si straccerà le vesti nemmeno per i georgiani i quali, poveri illusi, da anni sventolano la bandiera europea alle finestre.
Tbilisi ha scherzato col fuoco in queste ore. E la strada delle armi non è la scelta giusta per risolvere alcun conflitto. Ma Mosca sta approfittando della situazione per dare una lezione a tutti i paesi ex sovietici. La cecenizzazzione dell’ex Urss può partire dalla Georgia. Ma questa volta, magari, non tutti gli europei staranno in silenzio.
Ci vendono (a caro prezzo) il loro gas. Ma sono certo che non basterà per comprare tutte le coscienze.
Domenica, 10 Agosto, 2008 - 00:37

Lituania: atti discriminatori contro comunità LGBTQ

Negli ultimi anni le autorità lituane si sono sempre più frequentemente e apertamente espresse in maniera omofobica e discriminatoria nei confronti della comunità di lesbiche, gay, bisessuali e transgender (Lgbt).

Nel 2007 il Sindaco di Vilnius, Juozas Imbrasas, non ha concesso il permesso al transito nella capitale del tour denominato "For diversity. Against discrimination", facente parte della campagna organizzata dall'Unione Europea contro la discriminazione per il "2007 anno delle pari opportunità per tutti" che aveva già fatto tappa in 19 Stati dell'Unione.
 
Il Sindaco ha anche sostenuto la decisione degli autisti dei bus locali di non guidare quei mezzi sui quali erano stati affissi slogan in favore dei diritti delle persone Lgbt, affermando che "avendo come priorità la famiglia tradizionale, e cercando di promuovere tali valori, disapproviamo la pubblica manifestazione di "idee omosessuali" nella città di Vilnius".

Nello stesso anno il Consiglio comunale della città ha vietato una manifestazione in supporto dei diritti umani, inclusi quelli Lgbt, motivando la decisione con "ragioni di sicurezza". In proposito la Commissione europea ha commentato tale divieto affermando che "la decisione delle autorità cittadine mostra quanto ancora debba essere fatto per cambiare il comportamento e le attitudini nei confronti dei gruppi discriminati, nella promozione della consapevolezza della diversità".
Il Consiglio comunale si è anche rifiutato di concedere il permesso di far temporaneamente posizionare una bandiera arcobaleno, simbolo della comunità Lgbt, nella Town Hall Square. A tale evento avrebbero dovuto prendere parte più di 200 attivisti Lgbt di 40 differenti Paesi, presenti in città per partecipare ad una conferenza sui diritti Lgbt organizzata dall'Associazione internazionale di lesbiche e gay (Ilga) in collaborazione con altre associazioni locali. Il rifiuto è stato motivato dicendo che i lavori che si stavano effettuando nella piazza avrebbero reso il luogo poco sicuro.
Fra il 2007 e i primi mesi del 2008 il Parlamento lituano ha preso in considerazione la possibilità di introdurre una legislazione volta a impedire "la propagazione dell'omosessualità" tra i bambini. La modifica legislativa riguarderebbe un emendamento alla legge sulla "Protezione dei minori contro il dannoso effetto dell'Informazione pubblica". La legge, al momento, fa riferimento alla riproduzione di violenze fisiche, psicologiche o atti vandalici; la rappresentazione di morti o di corpi crudelmente mutilati e di informazioni che possano destare paura, orrore o che incoraggino l'automutilazione o il suicidio. L'emendamento vorrebbe porre l'omosessualità sullo stesso piano. Chi ha avanzato la proposta ha così spiegato l'azione: "La diffusione di un orientamento sessuale 'non tradizionale' e l'esposizione ad informazioni contenenti una positiva visione delle relazioni omosessuali può causare conseguenze negative per lo sviluppo fisico, mentale e soprattutto morale, dei minori".
Amnesty International ritiene che tutte le persone, indipendentemente dal loro orientamento sessuale o dall'identità di genere debbano avere uguale accesso ai diritti umani.

Firma la petizione accedendo all'url

http://www.amnesty.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/772

Venerdì, 8 Agosto, 2008 - 11:14

In Italia la censura ... non solo in Cina: filmato interessante

Giustamente oggi si parla di libertà di informazione, a proposito delle censure che il regime cinese ha imposto ai media e ai canali di accesso alla conoscenza e all'informazione. Io appoggio, come scritto, questa mobilitazione di insigni associazioni per i diritti civili, Amnesty, Human Rights Watch, il cui portale è statao oscurato in Cina, Reporter Sans Frontieres. Ma anche in Italia la censura ha il suo effetto e viene adottato dal presente governo per oscurare la conoscenza di fenomeni e questioni che riguardano direttamente coloro che amministrano lo stato. La conoscenza e l'informazione libera e plurale è base e condizione di un paese democratico. Chi evita che questo avvenga è autore di un regime. Guardate questo importante filmato.

http://www.youtube.com/watch?v=LhOJc1JBpKI&feature=related

Venerdì, 8 Agosto, 2008 - 10:57

Testamento biologico bloccato

Discuterne sì. Ma approvare un testo sarà diverso. L'ordine del giorno del Senato con il quale maggioranza e opposizione si sono impegnate a trovare in Parlamento lo spazio per approvare entro il 2008 un disegno di legge sul testamento biologico è ben lontano dal costituire una garanzia di successo. Troppo forti, e trasversali, le differenze che percorrono gli schieramenti politici. Differenze che poi non rappresentano altro che il riflesso delle divisioni all'interno delle rappresentanze sociali e professionali: se l'associazione «Scienza e vita», dopo qualche timida apertura, ha ieri ribadito il suo no a qualsiasi forma di legislazione, l'Associazione dei medici cattolici ammette una forma di disciplina normativa che tenga fermo però il divieto di eutanasia e che non vincoli in maniera assoluta il medico alla volontà del paziente.
E visto che si dovrà partire da Palazzo Madama, il punto di riferimento per la discussione sarà verosimilmente il disegno di legge sottoscritto da 101 senatori (circa un terzo del totale), appartenenti in gran parte all'opposizione. Il provvedi- mento è stato predisposto dall'ex presidente della commissione Sanità del Senato, Ignazio Marino, oggi senatore del Pd, e prevede una «dichiarazione anticipata di trattamento» cui sono tenuti i cittadini, disponendo sui trattamenti sanitari che dovranno essere somministrati in futuro l'istituzione di un fiduciario, cui è affidato il compito di eseguire quanto disposto dall'interessato quando quest'ultimo non fosse più nelle condizioni di intendere e volere. Con la necessità di un consenso realmente informato, cui è condizionata l'applicazione del trattamento sanitario. Tutti aspetti sui quali un'approvazione allargata non appare né facile né scontata. Tanto più tenendo conto degli spigoli più ardui da smussare. Come quelli del disaccordo tra fiduciario e medico (chi prevale? Su quali basi? E chi decide: un giudice, uno specifico comitato etico?). Oppure la possibilità per il medico di fare obiezione di coscienza rispetto alla decisione del malato di sospensione del trattamento terapeutico. O ancora la considerazione da dare ai trattamenti artificiali di nutrizione e idratazione: vanno considerati alla stregua di vere e proprie terapie, rinunciabili dall'interessato, o no?

Il Sole 24 Ore
Giovedì, 7 Agosto, 2008 - 18:20

Domani per i diritti civili

Domani sostengo la causa dei diritti civili. Perchè questo impegno non sia solo esauribile in una giornata. Sostegno la manifestazione indetta dai Radicali a Perugia, la Marcia nonviolenta e per i diritti umani, insieme al popolo tibetano e a tutti i popoli che sono presenti in Cina ma repressi. La Cina deve relazionare su diversi casi che rischiano di considerare questo stato un regime. L'inquinamento a Pechino, gli sfratti di persone e cittadini dalle proprie case per avere più spazio per costruire ed edificare, progetti mastodontici che rischiano di mettere in pericolo momumenti storici. Ma parliamo anche delle limitazioni dettate alla stampa, alla comunicazione e informazione tramite la rete, dell'accesso alla conoscenza. In Cina non si sa il numero dei segreti di stato, non si conoscono le sentenze capitali eseguite, non si conosce il numero di dissidenti in carcere. Per questo sostengo la manifestazione "Candle in my window for the Tibet" ma per tutti i diritti umani. Promossa da Articolo 21, Human Rights Watch, Amnesty International, Reporter Sans Frontieres.

Alessandro Rizzo

http://www.radicali.it
http://www.articolo21.info

Giovedì, 7 Agosto, 2008 - 17:19

Obama in vantaggio di 5 punti su Mc Cain

Obama è in vantaggio rispetto al candidato avversario Mc Cain. Il giovane senatore democratico dell'Illinois è di 5 punti in vantaggio. I temi che lo indicano favorito nei sondaggi sono quelli ambientali e sociali, nonchè civili. Anche se la campagna propagandistica dell'utilità di una guerra disastrosa e devastante, anche per gli stessi USA alle prese con una crisi epocale, ancora fa breccia in una parte dell'elettorato, Obama viene apprezzato come colui che, una volta salito alla Casa Bianca, riuscirebbe maggiormente a risolvere le questioni che maggiormente sono avvertite come prioritarie dalla cittadinanza. il 48% dell'elettorato preferisce Barack rispetto a Mc Cain su temi riguardanti la vita quotidiana e sociale. Il sondaggio è stato pubblicato sulla rivista Time.

7 agosto 2008

Mercoledì, 6 Agosto, 2008 - 16:09

Decidere di morire è un diritto

Noi disponiamo liberamente del nostro corpo. Non è vero? Possiamo anche affermare che ogni trattamento sanitario per essere attuato deve avere il consenso del paziente: giusto? Ma allora perchè in Italia la legge morale prevale su quella civile in una visione che altro non è che una tolleranza nefasta di un accanimento terapeutico che, pur in presenza di situazioni irreversibili del paziente, si mantiene la persona in stato vegetativo. Non si può permettere di decidere alla persona se terminare la propria sofferenza per dignità e rispetto verso sè stessi e i propri cari, familairi, amici, coniugi, compagni di vita. Non solo: ma ci si ostina a considerare negli ambienti confessionali questo stato come tollerabile e a non permettere, dall'altro canto, l'evolversi di ricerche scientifiche che permetterebbero, rebus sic stantibus, di superare situazioni di gravi crisi. Il Parlamento si interessa a sollevare sul caso di Eluana un conflitto di poteri e di attribuzioni davanti alla Corte Costituzionale per il fatto che la Corte di Cassazione ha considerato legittimo che il papà di Eluana, straziato da un dolore senza termine nel vedere la propria figlia in uno stato irreversibile da 13 anni a questa parte, decidesse di staccare la spina della ragazza, lasciandola morire in pace e in tranquillità.
Perchè mi domando in uno stato civile questo è permesso? Che cosa ostacola un credente a non consentire per la propria persona una scelta di questo calibro, che libererebbe il paziente in stato vegetativo da una situazione insostenibile e disumana? Niente: ma le gerarchie vaticane ancora non ammettono che il pluralismo possa avanzare, intimando i vari parlamentari di provenienza cattolica, con atto di ingerenza inaudita e illegittima dal punto di vista internazionale, di non approvare normative che assicurino il Testamento biologico, ossia la dichiarazione di ognuna e di ognuna di noi di opzionare, dico opzionare, per l'eutanasia in caso di stato comatosa vegetativo irreversibile.
Questa è veramente una prevaricazione senza limiti e invereconda.
Sostengo la campagna lanciata dall'associazione 'A buon diritto' presieduta da Luigi Manconi affinchè le persone possano presso notai, avvocati e pubblici ufficiali firmare e concludere un atto in cui dichiarino se, in casi di questo genere, sono inenzionati a staccare la spina e a non perseguire in un accanimento terapeutico insensato quanto mai indicidbile.
Il parlamento voterà una legge che assicuri a queste persone che, come Eluana, si trovano in condizioni disperate e senza soluzione, ai propri cari, amici, familiari e compagni di vita di non protrarre un esasperante spettacolo, con slancio di saggezza, di razionalità, di compassione e sensibilità per chi è soggetto, come il padxre della ragazza, a questo strazio inaccettabile? Non si può sapere, anche se esiste un impegno formale e non sostanziale di risolvere legislativamente la questione, su mozione e proposta di alcune e alcuni parlamentari del PD, approvato contestualmente all'insignificante e strumentale conflitto di attribuzione. Curioso, poi, avere sollevato taòle questione nel momento in cui il PdL, quando era opposizione, considerava la questione dell'estensione dei diritti alle coppie di fatto mera materia di natura giurisprudenziale: quando è comodo appellarsi ad altri organi per scaricare" responsabilità politiche, il centrodestra è sempre attento e attivo.
Che dire? Ancora una volta la società civile organizzata e autonoma è più lungimirante dell'asfittico mondo del parlamentarismo attuale. Sottolineo attuale, nel senso di contemporaneo. Sia chiaro che accolgo come importante l'istituzione parlamentare, quando, però, risponde ai propri compiti democratici.

Per conoscere più dettagliatamente la mobilitazione basta accedere ai seguenti link:
http://www.lucacoscioni.it

http://www.abuondiritto.it

Alessandro Rizzo

Martedì, 5 Agosto, 2008 - 13:27

Amnesty: petizione per introdurre il reato di tortura

Italia: petizione per introdurre il reato di tortura

Data di pubblicazione dell'appello: 01.07.2008

Status dell'appello: attivo

Presidente del Consiglio dei Ministri
Silvio Berlusconi
Palazzo Chigi
Piazza Colonna 370
00187 Roma
Fax (+39) 06 6794569

Egregio Presidente Berlusconi,

in occasione della Giornata internazionale per le vittime della tortura, desidero chiederLe di ribadire pubblicamente la natura assoluta del divieto di tortura e mi permetto di ricordarLe gli obblighi del governo italiano:

1. introdurre nel codice penale il reato di tortura e ratificare il Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura;

2. condannare pubblicamente le rendition, accertare il coinvolgimento dell'Italia in tali pratiche illegali, collaborare alle inchieste e ai procedimenti giudiziari in corso e alle indagini internazionali;

3. non fare affidamento sulle "assicurazioni diplomatiche" fornite da altri governi, secondo le quali le persone espulse dall'Italia non saranno torturate dopo l'arrivo;

4. rendere le norme del c.d. decreto Pisanu sulle espulsioni conformi agli standard internazionali sui diritti umani in materia di tortura e annullare le espulsioni già effettuate in assenza di tali garanzie;

5. mantenere l'effetto sospensivo dell'espulsione nei casi di ricorso contro il diniego dello status di rifugiato, introdotto dalle norme sull'asilo entrate in vigore nel marzo 2008.

Distinti saluti,

Firma la petizione di Amnesty, io l'ho già fatto

http://www.amnesty.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/1092

Martedì, 5 Agosto, 2008 - 13:23

Vittoria! Alt al rigassificatore OLT

Roma, Italia — Il TAR della Toscana ha accolto il ricorso di Greenpeace contro il Rigassificatore offshore di Livorno-Pisa. L'autorizzazione a suo tempo concessa alla prima area marina industriale in un'area marina protetta è stata annullata!

Greenpeace si opporrà a ogni ipotesi di industrializzazione del mare

Domenica, 3 Agosto, 2008 - 18:09

La centrale di Civitavecchia allontana l'Italia da Kyoto

La centrale di Civitavecchia allontana l'Italia da Kyoto

http://www.greenpeace.org/italy

30 luglio 2008

Roma, Italia — Oggi è stata inaugurata a Civitavecchia la centrale Enel di Torrevaldaliga Nord. E gli attivisti di Greenpeace nella notte hanno proiettato messaggi sulla centrale per ricordare che il carbone è la prima minaccia per il clima globale. Questo impianto è uno schiaffo alle comunità locali che da anni contestano il progetto. Uno sfregio alla politica di riduzione delle emissioni di gas serra.

Per soddisfare l'impegno di Kyoto, il Paese dovrebbe ridurre le emissioni di CO2 di circa 100 milioni di tonnellate entro il 2012, ma la sola centrale di Civitavecchia - avviata a gas, il carbone arriverà il prossimo autunno - ne emetterà oltre 10 milioni una volta a regime. Un ritorno al carbone in Italia non solo va contro gli obblighi di riduzione delle emissioni di gas serra, ma pregiudica anche la possibilità di aumentare la quota dell'energia prodotta da fonti rinnovabili. Anche su questo l'Italia deve rispettare obiettivi vincolanti: l'Europa chiede di triplicare la quota di elettricità verde entro il 2020.

Eppure dal 1994 a oggi tale quota è scesa dal 21% al 15,7%. Le rinnovabili sono in diminuzione non solo perché la produzione dell'idroelettrico è in calo, a causa delle minori precipitazioni sull'arco alpino, ma anche perché lo sviluppo degli impianti a base fossile è maggiore dello sviluppo delle rinnovabili. Per incrementare l'energia da fonti rinnovabili occorre sviluppare eolico, solare, geotermico e biomasse sostenibili, senza aumentare la capacità degli impianti a base fossile.

La condizione delle rinnovabili in Italia è ancora più drammatica se si guardano gli incentivi – pubblici e non – dati alla produzione di energia elettrica. Oltre l'82% degli incentivi sono infatti assegnati a fonti fossili "assimilate", solo il 18 alle vere rinnovabili.

Come termine di paragone, basta pensare che nel 2007 il solare fotovoltaico ha ricevuto appena 26 milioni di euro come incentivi in "conto energia" contro i 3,7 miliardi dati alle fonti fossili "assimilate" attraverso il CIP6. Una goccia nel mare.

Il carbone è la prima minaccia al mondo per il clima globale. I devastanti effetti dell'utilizzo del carbone sul clima si stanno già oggi ripercuotendo sugli ecosistemi naturali più delicati, come l'Artico e la stessa "Grande Barriera Corallina" australiana.
Pochi giorni fa attivisti australiani avevano dipinto scritte contro il carbone su oltre 20 navi carboniere ancorate al largo del porto di Mackay, in Queensland, uno dei più grandi porti di esportazione di carbone al mondo. La protesta, che ha portato all'arresto di nove attivisti, denunciava il piano del governo australiano di espandere ulteriormente le esportazioni di carbone. L'Australia è tra i maggiori esportatori di carbone al mondo, con una quota del 30% circa nel 2006 – pari a 656 milioni di tonnellate di CO2.

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