Regolamento sulle attività e iniziative dell'area Navigli
Approvata a maggioranza dal Consiglio di Zona 6 - nella seduta del 29 marzo 2008 - la proposta per il regolamento delle attività e iniziative dell'area Navigli.
Indirizzi e proposte per il regolamento sulle attività e iniziati
Approvata a maggioranza dal Consiglio di Zona 6 - nella seduta del 29 marzo 2008 - la proposta di delibera avente oggetto:"Indirizzi e proposte per il regolamento sulle attività e iniziative dell'area Navigli".
Nella stessa seduta sono state approvate - sempre a maggioranza - 3 mozioni :
1) Problematiche Quartiere Navigli, nella quale si chiede che venga istituito un Coordinamento tra le zona 1,5 e 6 e sia monitorata dalle FF.OO la situazione dei Navigli;
2) Alfine di stabilire i criteri, i limiti e i requisiti dell'isola pedonale estiva, venga istituito un tavolo che veda la presenza anche dei rappresentanti dei cittadini al fine di trovare punti di intesa tra le esigenze dei residenti e quelle dei commercianti;
3) Esatte sui navigli stop dal 2008; si chiede che l'Estate sui Navigli non possa essere più svolta, a partire da quest'anno, con le regole attuali ma con quelle dettate dal "Regolamento attività e iniziative sull'Area Navigli, approvato dal Consiglio di Zona 6. Che la durata dell'Estate sui Navigli sia di tre mesi e non di 5 come da proposta di Giunta Comunale.
Asili e immigrati, interrogazione all’Ue
Asili e immigrati, interrogazione all’Ue
Trentuno eurodeputati scrivono alla Commissione
da Corriere on line dell’11 gennaio 2008
Agnoletto:Tibet agli affari dell'Occidente non servono i diritti
Tibet, agli affari dell'Occidente non servono i diritti umani
Numeri pesanti, da tenere ben presenti, soprattutto alla vigilia di una recessione Usa che significherebbe una recessione generalizzata mondiale e quindi la prima vera crisi strutturale dagli anni ’70 ad oggi. Meglio quindi scommettere sulla Cina come ancora di salvataggio dell’economia mondiale, e tollerarne la sistematica violazione dei diritti fondamentali, piuttosto che rimettere in discussione le fondamenta sui cui poggia il capitalismo del XXI secolo e di cui Pechino è il nuovo campione designato.
Un capitalismo che il regime di Hu Jintao e Wen Jiabao sta applicando fedelmente in Tibet, convinti (erroneamente!) dell’idea che anni di rapida crescita economica avrebbero smorzato le istanze separatiste. Ma così non è stato e, nonostante l’economia tibetana abbia superato il tasso di crescita medio della Repubblica Popolare - grazie a generosi finanziamenti da Pechino, alla nuova linea ferroviaria Pechino-Lhasa e al milione di turisti che ogni anno si recano in Tibet - il processo di “modernizzazone” della regione ha dato l’esito opposto. Perché? In primo luogo perché i cinesi non si sono mai preoccupati di chiedere ai tibetani quale modello di crescita economica essi auspicavano. In secondo luogo perché favorendo le aree urbane a scapito di quelle rurali, lo sviluppo secondo il modello cinese non può che esacerbare la sperequazione dei redditi e mettere a repentaglio le tradizioni e gli stili di vita delle popolazioni locali.
L’urbanizzazione forzata e lo sfollamento delle campagne per fare spazio alle mega-infrastrutture e al carico di speculazioni che si portano dietro vanno di pari passo con le reiterate denunce da parte di Amnesty International e che riguardano:
il giro di vite del governo contro avvocati e attivisti per i diritti umani che sono stati soggetti a lunghi periodi di detenzione arbitraria senza accusa, nonché a vessazioni da parte della polizia o di bande locali manifestamente tollerate dalla polizia;
l’inasprimento dei controlli su giornalisti, scrittori e utenti di Internet con numerosi quotidiani e giornali popolari chiusi e centinaia di siti web internazionali bloccati d’autorità;
la pena di morte che continua a essere applicata in modo esteso per punire anche reati di tipo economico e non violento;
l’assenza di qualsiasi progresso nella riforma del sistema della “rieducazione attraverso il lavoro”, un sistema di detenzione amministrativa senza accusa né processo.
Al Parlamento europeo la difesa di questi diritti non é iniziata e non finirà con le olimpiadi. Ricordo ad esempio come recentemente proprio a Strasburgo abbiamo respinto la proposta delle destre e dei conservatori di cancellare l'embargo sulla vendita delle armi alla Cina. Allora, come oggi, dietro quella richiesta vi era l'obiettivo non dichiarato di molti governi europei di non compromettere i propri affari con Pechino. Lo stesso motivo che due settimane fa ha spinto il Dipartimento di Stato americano a depennare la Cina dalla "black list" dei paesi colpevoli delle maggiori violazioni dei diritti umani nel mondo.
Boicottare le olimpiadi avrebbe senso solo se l'occidente fosse realmente disposto a mettere al primo posto nelle relazioni internazionali, e in particolare negli accordi commerciali, il rispetto dei diritti umani e relegare in secondo piano i profitti senza limite delle imprese transnazionali. Il caso Tibet e il caso Cina più in generale offrono in tal senso un'occasione imperdibile per riflettere sulle cause dell'imminente fallimento della globalizzazione liberista e prima la faremo questa analisi (come nazioni ricche), prima inizieremo la risalita e l’uscita dal tunnel in cui il capitalismo selvaggio degli ultimi vent’anni ci ha costretto. Citando un famoso film di Matthew Kassovitz, l’Odio (film culto sulle banlieus parigine), mentre i nostri governanti osservando un uomo che precipita dall’ultimo piano di un grattacielo si ripetono il mantra: «fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene», noi come movimento dovremo ricordargli sempre che: «l’importante non è la caduta ma l’atterraggio».
Vittorio Agnoletto, europarlamentare gruppo Gue - Sinistra unitaria europea
Armi: Convegno a Roma il 28 marzo
Appello al voto di Gennaro Migliore
La buona politica che noi rappresentiamo è, in estrema sintesi , quella che fa ciò che dice, quella che si presenta con la propria faccia pulita e quella che vuole rinnovare generazionalmente e culturalmente il panorama politico.
La guerra di Bush - Michael Moore
Quattromila morti E allora?
Dov'è Darth Vader in tutto questo? Una reporter della ABC News questa settimana ha detto a Dick Cheney, rispetto all'Iraq, che «due terzi degli americani dicono che non vale la pena di combattere». Cheney l'ha stoppata con una sola parola: «Allora?». Allora? Come in «Allora che?». O come in «Fanculo, non può fregarmene di meno». Vorrei che ogni americano vedesse Cheney che gli mostra il virtuale dito medio: cliccate http://thinkprogress.org/2008
I democratici, negli scorsi 15 mesi, hanno avuto il potere di staccare la spina alla guerra - e hanno rifiutato di farlo. Cosa dobbiamo fare? Continuare ad affogare nella nostra disperazione? O diventare creativi, davvero creativi. So che molti di voi leggendo queste righe avranno l'impudenza o l'ingenuità di rivolgersi al vostro deputato locale. Lo farete, per me?
Cheney ha passato il mercoledì, quinto anniversario delle guerra, non a piangere i morti che ha ucciso, ma a pescare sullo yacht del sultano dell'Oman. Allora? Chiedete al vostro repubblicano preferito che ne pensa.
I Padri fondatori non avrebbero mai pronunciato quelle presuntuose parole, «Dio bendica l'America». Per loro sarebbe suonato come un ordine anziché un'invocazione, e non si ordina a Dio, anche se sei l'America. In effetti essi erano preoccupati che Dio potesse punire l'America. Durante la Rivoluzione George Washington temeva che Dio avrebbe reagito male con i suoi soldati per il modo in cui si stavano comportando. John Adams si chiedeva se Dio potesse punire l'America e farle perdere la guerra, giusto per provare il suo argomento che l'America non era degna di vincere. Essi credevano che sarebbe stato arrogante ritenere che Dio avrebbe benedetto soltanto l'America. Quanta strada abbiamo fatto da allora.
Ho visto sulla Pbs che che Frontline di questa settimana conteneva un documentario intitolato «La guerra di Bush». Io la chiamo così da molto tempo. Non è «la guerra dell'Iraq». L'Iraq non ha fatto nulla. L'Iraq non c'entra con l'11 settembre. Non aveva armi di distruzione di massa. Invece aveva cinema e bar e donne che vestivano come volevano, una consistente popolazione cristiana e una delle poche capitali arabe con una sinagoga aperta. Ma tutto questo, adesso, non c'è più. Proiettate un film e vi spareranno un colpo in testa. Più di cento donne sono state sommariamente giustiziate perché non si coprivano la testa con un fazzoletto. Sono felice, come americano benedetto, di avere contribuito a tutto questo. Io pago le tasse e questo significa che ho contribuito a pagare per questa libertà che noi abbiamo portato a Baghdad. Allora? Dio mi benedirà?
Dio benedica tutti voi in questa settimana di Pasqua in cui entriamo nel sesto anno della Guerra di Bush. Dio aiuti l'America. Per favore. © michael moore
Appello al Voto Utile per la Sinistra Arcobaleno
Alessandro Rizzo
Noi sosteniamo le liste de “La Sinistra, l’Arcobaleno” , e il candidato-premier Fausto Bertinotti, per quattro buone ragioni.
Emma Bonino ai giovani: nessuno vi può garantire
Ho ascoltato su Repubblica online, precisamente nella pagina Repubblica TV, le risposte che la candidata Emma Bonino, del Partito Democratico, ha dato ad alcune domande fatte dalle lettrici e dai lettori.
Una domanda mi ha fortemente interessato, forse per il suo contenuto che ritengo essere molto importante, forse per l'aspetto politico delle risposte che sono state date che, a parere del sottoscritto, sono fortemente disarmanti e prive di prospettiva: sto parlando della questione sul voto dei giovani, dove si dichiarava che molte intenzioni di voto e di scelta ricadono sulle forze politiche del centrodestra. Ci si chiedeva, e me lo domando in primis anche io, da che cosa è dovuta questa opzione, dato che, come si sa, il centrodestra in 5 anni di governo Berlusconi ha garantito solo maggiore precarietà non solo lavorativa, elemento già di indicazione di un livello di inciviltà notevole, ma anche esistenziale, essendoci la totale negazione della possibilità di autodeterminarsi come soggetto attivo, progettando il proprio futuro. Emma Bonino ha risposto con coerenza, devo dire, ma con frasi e concetti che definirei fortemente nichilisti e invitanti i giovani a considerare come dato di fatto, quasi in un'enunciazione apologetica del sistema di mercato globalizzato e uniformante, l'attuale situazione che obbligherebbe ad accettare senza se e senza ma una condizione di lavoro temporale, a tempo determinato, magari a semplice progetto della serie "ti uso e ti getto", magari a basso costo sociale, magari senza garanzie assicurative e previdenziali, magari senza diritti, questo è chiaro dato che si tratta di occupazioni atipiche diventate drammaticamente tipiche, dove anche la maternità diventa un elemento di discriminazione notevole e tragico.
Emma Bonino a questa domanda risponde semplicemente che ora per il Partito Democratico c'è maggiore libertà di prevedere politiche per i giovani senza nessun tipo di restrizione e di ridimensionamento della portata delle stesse, dato che esiste una distanza verso la sinistra comunista e verso un opportunismo di centro. Credo che già qui si debba rispondere data la portata dire accusatoria di certe aggettivazioni. La distanza verso la sinistra che, in senso uniformante e omologante, definisce essere solamente comunista, con termine che rieccheggia la caccia alle streghe indetta da Berlusconi da tempo ormai, in modo strumentale e fazioso, potrebbe garantire al PD scelte più coraggiose in tema di flessibilità dei rapporti di lavoro: la ricetta della Bonino potrebbe, così, trovare compimento, dopo 2 anni di contenimento delle spinte ultraliberiste e fortemente sviluppiste da lei sempre professate. Le sue proposte? Non possono che essere convergenti con l'assioma che delinea la risposta che Emma garantisce e desprime nei confronti di migliaia di giovani che chiedono un futuro socialmente più sostenibile e il diritto di diventare soggetti attivi e partecipi della programmazione della propria vita, in libertà e autonomia: "nessuno ti può garantire" dichiara in modo disarmante. Ossia voi che antrate giovani nel mondo dell'attuale mercato del lavoro lasciate, come un Dante condotto da Virgilio, ma senza Virgilio, ogni speranza fuori da questo inferno esistenziale e sociale, dove la logica del darwinismo economico e sociologico del motto "homo homini lupus, ergo bellum omnium contra omnes" impera in modo indefesso, inderogabile, continuativo, senza soluzione di continuità alcuna. Ma Emma si pronuncia come fosse una mamma che sa bene cosa vogliono i propri figli, in quanto li conosce come le proprie tasche, dicendo che da parte dei giovani esiste non "la richiesta di protezione ma di opportunità, ossia aprire porte e finestre". Si deduce che se tu entri nel mercato del lavoro, a prescindere dalla tua formazione professionale, che diventa sempre più obsoleta e inadatta con le logiche produttivistiche attuali dell'iperliberismo che rende la lavoratrici e e il lavoratore una mente d'opera al servizio assoggettante e assoggettato del profitto aziendale, devi accettare, se ancora hai velleità di coperture future previdenziali e di una pensione assicurata, di una minima copertura sociale qualora tu fossi soggetto a infortunio sul luogo di lavoro, cosa che capita ultimamente con una certa frequenza, la logica che impone il sistema attuale del mercato del lavoro voluto e decretato dall'economia della finanziarizzazione della ricchezza. Perchè? Semplicemente non esiste, dice Emma "nessuna alternativa alla globalizzazione" e quindi invita con tono scherzoso i giovani a "mordere il mondo e la vita", avendo più coraggio e rischiando di più.
Io credo che in queste parole, ripeto in un'ottica di coerenza intellettuale della Bonino, colei che nel 2000 ha presentato dei quesiti referendari dove si chiedeva di abrogare l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, dove si chiedeva di abrogare la ritenuta sul proprio stipendio per il rinnovo d'ufficio dell'adesione ai sindacati, ci sia un inquietante disegno che non può sposarsi con delle proposte che fino a ieri venivano lanciate dai palchi dal candidato alla presidenza del consiglio per il PD, Walter Veltroni. dove si dichiarava con tanto slancio propagandistico che ci saranno salari minimi per i precari. Nelle parole di Veltroni, però, non esistevano enunciati quali: progressivamente superiamo l'atipicità dei contratti a tempo determinato, obbligando le aziende anche con incentivi fiscali ad assumere dopo la seconda volta di rinnovo del contratto atipico; richiedendo l'obbligo formativo, la continuità professionale nella progressione, senza creare dispersione formativa; prevedendo a forme di tutela sociale universali; concependo forme di contrattazione non aziendale, non decentrata, ma collettiva, nazionale.
"Non si può tutelare il posto fisso": si ostina a ripetere Emma. Ma mi domando: è opportuno dire ai nostri giovani che devono adeguarsi a una logica che vuole privarli totalmente di garanzie minime, quelle che sono state conquistate nei tempi e che neppure il Governo Fillon, su mano della presidenza Sarkozy, si è permesso di eliminarle? Credo che il PD stia aumentando la propria conflittualità interna dovuta alle contraddizioni palesi che sono nutrite al loro interno, dove un radicalismo iperliberista avanza non lasciando spazio a chi ancora oggi si ostina a pensare che il PD abbia spazio per chi propone un modello altro di società. Senza programmi chiari si è più vulnerabili verso i poteri forti egemoni: ed è questa la natura assoluta di un partito nato su basi che mettono insieme diverse anime confliggenti e che da tempo ha accettato di mettere tra i propri candidati di spicco figure del capitalismo neppure illuminato, magari democratico, come giustamente sostenuto e sottolineato anche da Gallino.
Noto sem,pre maggiormente una certa deriva preoccupante.
Alessandro Rizzo
Per la legalità,sicurezza e incolumità sui luoghi di lavoro
“Per la tutela della legalità, della sicurezza e dell’incolumità
della persona nei rapporti di lavoro e sui luoghi di lavori”
Presentata in Consiglio di Zona 6 - oggi 29 marzo 2008 dall'opposizione di centrosinistra - la mozione sulla legalità. sicurezza e incolumità della persona nei rapporti e sui luoghi di lavoro. Verrà votatta in un prossimo Consiglio di Zona.